La polemica in corso tra ministro della difesa Pinotti e L’Espresso
sull’eventuale invio di militari italiani a Nassiriya se letta tra le
righe disvela una realtà assai preoccupante. Ascoltando l’audizione di
Pinotti e del sottosegretario agli Esteri Della Vedova, si nota come di
fatto in Parlamento viene semplicemente notificata la decisione di
inviare un aereo cisterna e due Predator assieme alla eventualità di
inviare circa 200 istruttori militari. Ma nulla ad esempio sull’accordo
bilaterale con la Spagna confermato da El Mundo, né l’eventualità di prendere in carico una base militare .
Nassiriya o non Nassiriya, il punto è questo. Se poi colleghiamo questo alla discussione in corso sulla legge quadro sulle missioni all’estero che sottrarrebbe ulteriormente competenza e ruolo al Parlamento, c’è davvero da preoccuparsi. Il quadro che si sta delineando è il seguente: alla Difesa la gestione delle aree di crisi, la “hard diplomacy”, ed agli Esteri la “soft diplomacy” ossia la gestione delle ricadute umanitarie e le implicazioni diplomatiche. Quando dovrebbe invece essere il contrario. Alla diplomazia un ruolo prioritario ed alla difesa un ruolo ad essa subalterno.
Svuotamento del Parlamento, capovolgimento delle priorità ponendo in condizione di subalternità la diplomazia rispetto all’uso dello strumento militare, decisione di entrare nuovamente in Iraq in una pericolosa escalation. Senza nulla togliere alla necessità di contrastare IS, a parte mettersi l’elmetto, o inviare 300mila euro di aiuti, nulla più. Anzi ci si allinea ad una coalizione dei volenterosi (la vecchia “coalition of the willing”) rinunciando invece ad insistere su un approccio multilaterale in ambito ONU, ed al’eventuale configurazione di una proposta di invio di forza armata ONU di polizia internazionale e interposizione.
Quando invece tutti gli osservatori ed esperti del settore, statunitensi in primis, la strategia dev’essere decisamente più ampia dando priorità alle misure “politiche” ed “economiche” volte a sottrarre consenso e supporto ad IS. Su questo, il governo italiano tace. Come tace rispetto alla “querelle” in corso tra due alleati NATO, USA e Turchia rispetto al livello di coinvolgimento di Ankara nella lotta all’IS: Nulla viene detto sui bombardamenti contro i kurdi in Turchia, nulla viene argomentato sulla necessità di permettere l’invio di aiuti a Kobane. Mentre lo stesso governo oggi si oppone all’adozione di sanzioni europee cotro la Siria, in particolare per la fornitura di combustibile per aviazione. Grande è la confusione sotto il cielo.
Nassiriya o non Nassiriya, il punto è questo. Se poi colleghiamo questo alla discussione in corso sulla legge quadro sulle missioni all’estero che sottrarrebbe ulteriormente competenza e ruolo al Parlamento, c’è davvero da preoccuparsi. Il quadro che si sta delineando è il seguente: alla Difesa la gestione delle aree di crisi, la “hard diplomacy”, ed agli Esteri la “soft diplomacy” ossia la gestione delle ricadute umanitarie e le implicazioni diplomatiche. Quando dovrebbe invece essere il contrario. Alla diplomazia un ruolo prioritario ed alla difesa un ruolo ad essa subalterno.
Svuotamento del Parlamento, capovolgimento delle priorità ponendo in condizione di subalternità la diplomazia rispetto all’uso dello strumento militare, decisione di entrare nuovamente in Iraq in una pericolosa escalation. Senza nulla togliere alla necessità di contrastare IS, a parte mettersi l’elmetto, o inviare 300mila euro di aiuti, nulla più. Anzi ci si allinea ad una coalizione dei volenterosi (la vecchia “coalition of the willing”) rinunciando invece ad insistere su un approccio multilaterale in ambito ONU, ed al’eventuale configurazione di una proposta di invio di forza armata ONU di polizia internazionale e interposizione.
Quando invece tutti gli osservatori ed esperti del settore, statunitensi in primis, la strategia dev’essere decisamente più ampia dando priorità alle misure “politiche” ed “economiche” volte a sottrarre consenso e supporto ad IS. Su questo, il governo italiano tace. Come tace rispetto alla “querelle” in corso tra due alleati NATO, USA e Turchia rispetto al livello di coinvolgimento di Ankara nella lotta all’IS: Nulla viene detto sui bombardamenti contro i kurdi in Turchia, nulla viene argomentato sulla necessità di permettere l’invio di aiuti a Kobane. Mentre lo stesso governo oggi si oppone all’adozione di sanzioni europee cotro la Siria, in particolare per la fornitura di combustibile per aviazione. Grande è la confusione sotto il cielo.
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