“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo
comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di
tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si
dissolvano. "Solve et coagula", sciogliere e coagulare, dicevano gli
alchimisti rinascimentali”. Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé
stessi, trasformare i metalli in oro, . Non necessariamente abbandonare
del tutto la propria composizione chimica ma scioglierla e ricoagularla
con altre componenti per costruire una nuova struttura, non un composto
unico, ma un’architettura collettiva. Questo proponeva decenni or sono
Alex Langer al PCI di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi
dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo
proponeva partendo dal pensiero ecologista. Proviamo a rileggerle oggi
queste parole. Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature,
degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione,
superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci in pratiche e
rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino
né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo
ed il laboratorio è la carne viva della società. Coagula: coaguliamo gli
elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze
comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione,
democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo
come abbiamo fatto questi giorni nei quali al di là del vocabolario
proprio della disputa politica, ci si è rimboccati le maniche, raccolto
medicinali, vestiti, praticato la sociertà dell’accoglienza che vogliano
come nostra prospettiva. E facciamolo ancora accogliendo e condividendo
le proposte referendarie rilanciate nella prima assemblea di
“Possibile” , sullo Sblocca-Italia e non solo, creando connessioni con
le forze della coalizione sociale, chi si adopera per costruire un’altra
Europae e non solo, ma anche e soprattutto con tutte quelle realtà che
oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Solo
coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di
solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et
coagula” di non essere solo una formula “in vitro”. Lo sfondo è ancora
quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto - e le parole di
Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica
di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita
illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere
che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le
due facce delle stessa medaglia. Alexis Tsipras con la sua
determinazione a non cedere ai diktat del Brussels Group è lì a
ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una
trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta a
reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico. L’Europa di oggi,
che alza nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, che stenta a
acquisire una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di
profughi che sfuggono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e
ritardi. Resta però l’Europa il contesto politico, economico e
geopolitico nel quale provare a costruire un’alternativa, Non è un caso
che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario
del progetto europeo. E non è un caso che la commissione di inchiesta
parlamentare sul debito greco, più che rifarsi ai parametri
macroeconomici e finanziari, formula un duro atto di accusa alle
istituzioni europee ed ai creditori, per le ricadute del debito sui
diritti umani. Un passaggio assai importante dal quale trarre
ispirazione. In questi giorni si deciderà del debito e dei destini della
Grecia, e della missione militare anti-scafisti nel Mediterraneo. Oggi
come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la
prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a
scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel
dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico”: occorrerà
pertanto uno sforzo per collocare questo processo nel quadro della
ricostruzione di un’altra Europa, e di relazioni con soggetti politici e
non europei e trasnazionali. Credo che oggi SEL possa fare molto. Sta
già facendo molto e sarebbe riduttivo limitarsi al discutere se
sciogliersi o meno, cadendo appunto nel rischio di affidarsi
all’alchimista rinascimentale. Dovremo invece contribuire a costruire il
laboratorio collettivo dove questo processo di costruzione di
alternative possibili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emergere,
tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte
quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di
contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”. Il
filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile
pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri, Oggi gli altri
siamo noi, e da noi dipenderà il nuovo, siamo noi i costruttori
dell’evento, non attendiamo di definirlo di risulta rispetto alle scelte
di altri partiti o di un ipotetico alleato di governo. Per questo un
approccio alla politica fondato sui diritti, come base di una nuova
società ed un nuovo protagonismo politico, comporta delle scelte non
solo in termini di obiettivi e principi, ma anche di procedure. La
scelta di aprire gli organismi dirigenti di SEL agli esterni ed
indipendenti va già in questa direzione. Allora si faccia uno sforzo
ulteriore, grande, autentico per evitare per una volta ennesime alchimie
interne, che si apra la discussione a tutto campo, si assicuri
partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno, in una
fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.
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