A Zizek che gli riprovera di non contemplare - nel suo progetto di resistenza al potere - la presa del potere, e dello Stato il filosofo inglese responde così:” Per autoritari come Lenin e Zizek, la dicotomia in politica è tra il potere dello Stato o l’assenza di potere, ma io mi rifiuto di accettare che queste siano le sole opzioni. La vera politica è il movimento tra questi due poli, e occorre attraverso la creazione di quello che chiamo “spazio interstiziale” all’interno dello stato. Questi interstizi non sono dati o inesistenti, ma sono creati attraverso la pratica politica. Cioè la politica in sè è l’invenzione di distanze interstiziali. Tratto di vari esempi di questo fenomeno, come i gruppi della società civile, ed i movimenti per i diritti dei popoli indigeni in Messico ed Australia in "Infinitely Demanding". Ed ora citerei anche il presidente Della Bolivia Evo Morales, che è responsabile direttamente ai movimenti sociali del suo paese. Sono anche un sostenitore dei movimenti altermondialisti e pacifisti, così disdegnati da Zizek per la loro presunta complicità con il potere costituito, perché, nonostante i loro limiti, restano essenziali nella produzione creativa di un nuovo linguaggio di disobbedienza civile. Nei prossimi decenni, con il flusso ininterrotto di spostamenti di popolazioni dal Sud al Nord avremmo bisogno di questo linguaggio per affrontare la questione dei diritti dei migranti in America del Nord ed Europa. “
Ecco credo che il nostro impegno oggi sia quelli di definire, coltivare, arricchire quella distanza interstiziale, navigarci per costruire gli strumenti della resistenza civile, del bipolarismo perenne tra critica e costruzione di alternativa, assumendone la forte dimensione etica.
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