Dall'Eritrea giungono informazioni sul fallimento del tentativo di colpo di stato da parte di un gruppo di soldati che ieri hanno preso il controllo del Ministero dell'Informazione all'Asmara. Chiedevano l'applicazione della Costituzione, la liberazione di decine di migliaia di prigionieri politici, l'insediamento di un governo di transizione dopo anni ed anni di spietata dittatura di Isaias Afeworki. Molti analisti dicono che è ormai solo questione di tempo, e che prima o poi il regime crollerà, Nel frattempo che ne sarà dei prigionieri politici? Che ne sarà di coloro che sfidando il deserto e le intemperie attraverseranno il Mediterraneo in cerca di miglior fortuna? E che ne sarà delle loro famiglie rimaste indietro? Le agenzie battono anche la notizia del crollo delle quotazioni di una multinazionale dell'oro che nonostante tutto ha deciso di operare in Eritrea. Mentre nel decreto missioni in via di approvazione alla Camera, compare un'oscuro trafiletto, nel quale si decide di concedere come dono al governo eritreo, materiale ferroviario in disuso. Un dono? Al regime di Afeworki? Con gli occhi tutti puntati sulla nuova guerra in Mali, il dibattito politico, già di per sè quasi inesistente, dimentica il Corno D'Africa, dimentica colpevolmente paesi quali l'Eritrea e l'Etiopia, la Somalia. E dire che qualche debito storico il nostro paese continua ad averlo. Basta guardare negli occhi i rifugiati o richiedenti asilo negli atri della Stazione Termini qua a Roma. Quelli di chi ce l'ha fatta.
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