Oggi i Ministri degli Esteri dell'Unione Europa discuteranno la proposta di un'allentamento dell'embargo di armi alla Siria per "aiutare" i ribelli al regime di Assad. Tra le righe si legge che l'Italia sarebbe disponibile ad un allentamento dell'embargo a condizione che si sappia dove vanno a finire le armi. Qualcuno ci spieghi come sia possibile farlo ora in Siria. La rimozione dell'embargo alle armi nell'illusione di riequilibrare le asimmetrie di potenza militare in Siria è un suicidio politico. Vanifica del tutto il possibile ruolo di mediazione dell'Unione Europea nel conflitto in corso, rischia di pregiudicare una già fragile ipotesi negoziale per una soluzione politica di quella tragedia. E dal punto di vista puramente militare non esiste alcuna garanzia che una tale mossa possa aumentare il vantaggio dei ribelli. Forze estremamente disomogenee, in uno scenario in continua evoluzione, nel quale l'invio di armi rischia in realtà di aumentare anche le chance di un dopo-Assad violento e di sangue. Per questo non si può separare l'aspetto della "militarizzazione" ulteriore del conflitto dalla possibile soluzione politica dello stesso. E opporsi all'invio di armi non significa sostenere il regime di Assad. Il punto è reso in maniera assai chiara in un articolo dell'analista Samer Nassif Abboud, uscito di recente sul sito dell'ISN di Zurigo: http://isnblog.ethz.ch/ international-relations/ should-western-nations-arm-syri an-rebels. :
"arguing against militarization should not be equated with supporting the regime. One can be opposed to both militarization and the regime. The more intellectually honest question is not either/or but under what conditions can a political solution be arrived at that paves the way for the removal of Asad and a demobilization of violent actors. This is a profoundly complicated question that has no immediate or obvious answer. One thing, however, seems certain: further militarization of the Syrian conflict will not decidedly tip the balance in favor of the rebels and will contribute to further fragmentation in the country. In turn, such fragmentation can only serve as an obstacle to a political solution to the conflict, which is the stated goal of Western and regional powers. The challenge now is agreeing on the contours of such a solution and bringing to bear the political pressures to realize it"
Oggi i Ministri degli Esteri dell'Unione Europa discuteranno la proposta di un'allentamento dell'embargo di armi alla Siria per "aiutare" i ribelli al regime di Assad. Tra le righe si legge che l'Italia sarebbe disponibile ad un allentamento dell'embargo a condizione che si sappia dove vanno a finire le armi. Qualcuno ci spieghi come sia possibile farlo ora in Siria. La rimozione dell'embargo alle armi nell'illusione di riequilibrare le asimmetrie di potenza militare in Siria è un suicidio politico. Vanifica del tutto il possibile ruolo di mediazione dell'Unione Europea nel conflitto in corso, rischia di pregiudicare una già fragile ipotesi negoziale per una soluzione politica di quella tragedia. E dal punto di vista puramente militare non esiste alcuna garanzia che una tale mossa possa aumentare il vantaggio dei ribelli. Forze estremamente disomogenee, in uno scenario in continua evoluzione, nel quale l'invio di armi rischia in realtà di aumentare anche le chance di un dopo-Assad violento e di sangue. Per questo non si può separare l'aspetto della "militarizzazione" ulteriore del conflitto dalla possibile soluzione politica dello stesso. E opporsi all'invio di armi non significa sostenere il regime di Assad. Il punto è reso in maniera assai chiara in un articolo dell'analista Samer Nassif Abboud, uscito di recente sul sito dell'ISN di Zurigo: http://isnblog.ethz.ch/ international-relations/ should-western-nations-arm-syri an-rebels. :
"arguing against militarization should not be equated with supporting the regime. One can be opposed to both militarization and the regime. The more intellectually honest question is not either/or but under what conditions can a political solution be arrived at that paves the way for the removal of Asad and a demobilization of violent actors. This is a profoundly complicated question that has no immediate or obvious answer. One thing, however, seems certain: further militarization of the Syrian conflict will not decidedly tip the balance in favor of the rebels and will contribute to further fragmentation in the country. In turn, such fragmentation can only serve as an obstacle to a political solution to the conflict, which is the stated goal of Western and regional powers. The challenge now is agreeing on the contours of such a solution and bringing to bear the political pressures to realize it"
"arguing against militarization should not be equated with supporting the regime. One can be opposed to both militarization and the regime. The more intellectually honest question is not either/or but under what conditions can a political solution be arrived at that paves the way for the removal of Asad and a demobilization of violent actors. This is a profoundly complicated question that has no immediate or obvious answer. One thing, however, seems certain: further militarization of the Syrian conflict will not decidedly tip the balance in favor of the rebels and will contribute to further fragmentation in the country. In turn, such fragmentation can only serve as an obstacle to a political solution to the conflict, which is the stated goal of Western and regional powers. The challenge now is agreeing on the contours of such a solution and bringing to bear the political pressures to realize it"