mercoledì 18 novembre 2015

Una nera storia di petrolio


mio contributo per il rapporto annuale di Sbilanciamoci, 2015 

A giugno del 2015 l'allora viceministro degli Esteri con delega alla cooperazione ed all'Africa e Medio Oriente Lapo Pistelli, annunciava la sua decisione di dimettersi per assumere l'incarico di vicepresidente dell'ENI. Una decisione che lascia molti elementi in questione, sul ruolo svolto dall'allora viceministro, in una fase assai delicata nel processo di riforma della cooperazione. Qualche giorno prima le agenzia avevano battuto notizie di rivolte contro l'AGIP dello stato di Bayelsa Poco dopo la decisione di Pistelli l'ENI annuncia la scoperta di un enorme giacimento di gas naturale in acque territoriali egiziane. Nulla però si è detto rispetto a cosa significhi fare affari con l'Egitto di Al Sisi, un presidente che fa carta straccia dei diritti umani nel suo paese . Quest'intreccio tra vicende personali, scelte geopolitiche e strategiche, interessi d'impresa, violazioni passate e presenti di diritti umani riporta alla ribalta la relazione tra diritti umani ed interessi d'impresa. Per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo e il ruolo delle imprese non basterà più la responsabilità sociale d'impresa, della quale si fa paladina anche l'ENI, ma andranno previsti impegni vincolanti sulla scorta dell' accordo internazionale su multinazionali e diritti umani attualmente in discussione presso il Consiglio ONU sui Diritti Umani.
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Un episodio che, al di là delle specificità contingenti, pone una serie di interrogativi assai cruciali e che ciononostante nel giro di pochi giorni è scomparso dalla discussione politica sul futuro della cooperazione. A giugno del 2015 l'allora viceministro degli Esteri con delega alla cooperazione ed all'Africa e Medio Oriente Lapo Pistelli, annunciava la sua decisione di dimettersi per assumere l'incarico di vicepresidente dell'ENI. Tra le varie deleghe quella dei rapporti con gli ”stakeholder”. L'annuncio suscitò una serie di interrogativi sul meccanismo delle “porte girevoli” ossia delle necessarie contromisure atte a scongiurare la possibilità di eventuali conflitti di interesse tra detentori di cariche pubbliche e interessi privati o di impresa. Nel caso di Pistelli la questione venne risolta con una dichiarazione del Presidente della Repubblica Mattarella sulla coerenza nel perseguimento degli interessi nazionali, e con una dichiarazione di compatibilità da parte delle autorità competenti e pertanto a livello formale la vicenda si chiuse . Restano però molti elementi in sospeso, che riguardano il ruolo svolto dall'allora viceministro, in una fase assai delicata nel processo di riforma della cooperazione, laddove uno dei temi più scottanti riguarda proprio il ruolo del settore privato, e nel corso del cui mandato - secondo sua stessa ammissione - erano già iniziati i colloqui con gli alti vertici dell'ENI che avrebbero poi portato alla decisione di lasciare la propria poltrona alla Farnesina. Come ad evidenziare la contraddizione tra gli obiettivi di lotta alla povertà e rispetto dei diritti umani che dovrebbero essere alla base della politica estera e della cooperazione di un paese europeo come l'Italia, e l'agenda privata dell'AGIP-ENI, le agenzia avevano battuto nelle setitmane precedenti l'annuncio ed anche dopo notizie di rivolte di giovani dello stato di Bayelsa – gli “stakeholder” appunto - nelle aree del Niger Delta dove opera da anni l'AGIP e che avevano occupato pozzi dell'AGIP da maggio a luglio, dopo anni di mancate promesse e di mancato versamento di fondi per lo sviluppo locale e la mitigazione dell'impatto ambientale delle attività estrattive. Vale la pena di ricordare che il gruppo petrolifero italiano sempre in Nigeria si era reso responsabile di una serie di casi di corruzione relativi all'impianto di gas naturale di Bonny Island, con esborso di tangenti “mascherate” da costi culturali, ed attività di dialogo con l'esterno. A fine settembre di quest'anno poi le autorità dello stato di Bayelsa hanno inviato una lettera di protesta alla consociata ENI in Nigeria (NAOC) per l'inquinamento da essa causato da sversamenti di petrolio, intimando alla compagnia di procedere immediatamente alle operazioni di pulizia. Secondo il Ministro dell'Ambiente dello Stato di Bayelsa dal 2014 si sarebbero registrati almeno 1000 sversamenti dai impianti NAOC. Se questo episodio non fosse bastato ad evidenziare la contraddizione tra attività di impresa, sviluppo umano e rispetto dei diritti umani, poco dopo la decisione di Pistelli di andare agli alti vertici dell'ENI fece scalpore l'annuncio della scoperta sempre da parte dell'ENI di un enorme giacimento di gas naturale in acque territoriali egiziane. Un annuncio comunicato personalmente dall'amministratore delegato al presidente egiziano Al-Sissi. Si disse che tale scoperta cambierà la geopolitica della regione, metterà in difficoltà Israele e le sue ambizioni di diventare leader regionale nel settore energetico. Nulla però si è detto rispetto a cosa significhi fare affari con l'Egitto di Al Sisi. Un partner politico ed economico privilegiato del governo e del premier Renzi che si è fatto promotore di un'alleanza a tre tra lui, Bibi Nethanyahu e Al Sissi per cercare di svolgere un ruolo di leadership nel delicatissimo schacchiere mediorientale. L'ENI quindi come “longa manus” della politica estera del paese, per fare affari con un presidente militare, che usa il pugno di ferro, condanna a morte decine di attivisti dei Fratelli Musulmani, imprigiona leader della primavera di Tahrir e giornalisti. Quest'intreccio tra vicende personali, scelte geopolitiche e strategiche, interessi d'impresa, violazioni passate e presenti di diritti umani riporta alla ribalta l'annosa questione relativa alla prioritià dell'imperativo dei diritti umani rispetto agli interessi del mercato e dell'impresa. Si disse a suo tempo che le rendite dell'estrazione del gas assicureranno la stabilizzazione dell'Egitto, ma nulla si disse del fatto che a Tahrir la gente chiedeva non pane ma democrazia, e che i militari sono in Egitto un potere economico parallelo. Allora, per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo e il ruolo possibile delle imprese non basterà più rifarsi all'usato ed abusato concetto di responsabilità sociale d'impresa, del quale si fa paladina anche l'ENI, ma andrà fatto un passo in avanti più concreto , in sostegno ad un accordo internazionale sui diritti umani vincolante per le imprese attualmente in discussione presso il Consiglio ONU sui Diritti Umani.

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