l mio contributo sul tema della neutralita' attiva per ArciReport di settembre
15 anni sono passati dall’11 settembre, evento che ha suggellato la fine del millennio e l’inizio di una fase di guerra globale permanente, con le tragiche conseguenze dal punto di vista politico ed umano, Da allora il ricorso alla guerra si è sempre più ammantato di una coltre etica, che sia ingerenza umanitaria o esportazione della democrazia manu militari. “Se non sei con me sei contro di me”, e “se sei con me non puoi esserlo senza avallare il ricorso alla forza armata contro il terrore, a difesa di popolazioni civili”. Una vera chiamata alle armi, di sapore neocoloniale. La fine del bipolarismo, e l’irrompere di altre potenze e soggetti non statuali, rende poi il quadro ancor più complesso. “O sei con me o sei con DAESH o con una potenza geopolitica contrapposta”. La Siria insegna. Un gioco a somma zero nel quale chi lavora per la pace, fondata sulla giustizia e sul ruolo centrale dei popoli, come attori principali del proprio destino rischia di rimanere all’angolo. Anche per mancanza di un quadro di riferimento che possa essere altro rispetto alla realpolitik, o alla geopolitica. E che recuperi la tradizione e le elaborazioni sulla neutralità attiva che hanno attraversato la storia dei movimenti sociali e pacifisti e caratterizzato l’azione e la scelta politica di vari paesi. Tra questi Svizzera, Costa Rica, Irlanda, Svezia o Austria che in vari modi hanno scelto in passato e parte nel presente, di non essere parte di conflitti o di schieramenti contrapposti. Anche se spesso da una posizione di neutralità ci si è via via spostati verso un avallo più o meno marcato dell’opzione militare. Evocare la neutralità attiva potrebbe così sembrare un paradosso, giacché ogni paese è interconnesso ad alleanze ed organizzazioni internazionali, Così non è: la neutralità può rappresentare la prospettiva di un percorso di progressivo sganciamento dalle opzioni di guerra e dalle alleanze che la teorizzano e la fanno, per aspirare a stare nel mondo con la forza attiva della ragione, della mediazione, del disarmo, della nonviolenza, della diplomazia popolare. Approfondire il tema, come propone Transform! Italia , anche sulla scorta di una proposta di neutralità attiva per la Libia lanciata a suo tempo da Un Ponte Per… può servire così a vari scopi. Immaginare una cornice comune di riferimento dei movimenti pacifisti ed antimilitaristi, ed ipotizzare un percorso di lavoro che ne accomuni le esperienze, campagne ed approcci. Giacché la neutralità non può essere appannaggio degli stati e dei governi, ma è il risultato finale di ciò che la società civile ed i movimenti pacifisti riescono a mettere in campo e costruire, Insomma una sfida urgente e necessaria.
15 anni sono passati dall’11 settembre, evento che ha suggellato la fine del millennio e l’inizio di una fase di guerra globale permanente, con le tragiche conseguenze dal punto di vista politico ed umano, Da allora il ricorso alla guerra si è sempre più ammantato di una coltre etica, che sia ingerenza umanitaria o esportazione della democrazia manu militari. “Se non sei con me sei contro di me”, e “se sei con me non puoi esserlo senza avallare il ricorso alla forza armata contro il terrore, a difesa di popolazioni civili”. Una vera chiamata alle armi, di sapore neocoloniale. La fine del bipolarismo, e l’irrompere di altre potenze e soggetti non statuali, rende poi il quadro ancor più complesso. “O sei con me o sei con DAESH o con una potenza geopolitica contrapposta”. La Siria insegna. Un gioco a somma zero nel quale chi lavora per la pace, fondata sulla giustizia e sul ruolo centrale dei popoli, come attori principali del proprio destino rischia di rimanere all’angolo. Anche per mancanza di un quadro di riferimento che possa essere altro rispetto alla realpolitik, o alla geopolitica. E che recuperi la tradizione e le elaborazioni sulla neutralità attiva che hanno attraversato la storia dei movimenti sociali e pacifisti e caratterizzato l’azione e la scelta politica di vari paesi. Tra questi Svizzera, Costa Rica, Irlanda, Svezia o Austria che in vari modi hanno scelto in passato e parte nel presente, di non essere parte di conflitti o di schieramenti contrapposti. Anche se spesso da una posizione di neutralità ci si è via via spostati verso un avallo più o meno marcato dell’opzione militare. Evocare la neutralità attiva potrebbe così sembrare un paradosso, giacché ogni paese è interconnesso ad alleanze ed organizzazioni internazionali, Così non è: la neutralità può rappresentare la prospettiva di un percorso di progressivo sganciamento dalle opzioni di guerra e dalle alleanze che la teorizzano e la fanno, per aspirare a stare nel mondo con la forza attiva della ragione, della mediazione, del disarmo, della nonviolenza, della diplomazia popolare. Approfondire il tema, come propone Transform! Italia , anche sulla scorta di una proposta di neutralità attiva per la Libia lanciata a suo tempo da Un Ponte Per… può servire così a vari scopi. Immaginare una cornice comune di riferimento dei movimenti pacifisti ed antimilitaristi, ed ipotizzare un percorso di lavoro che ne accomuni le esperienze, campagne ed approcci. Giacché la neutralità non può essere appannaggio degli stati e dei governi, ma è il risultato finale di ciò che la società civile ed i movimenti pacifisti riescono a mettere in campo e costruire, Insomma una sfida urgente e necessaria.
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