Ormai da anni il G8 fornisce l’occasione per una analisi critica degli impegni profusi da quei paesi nella lotta alla povertà verso l’obiettivo dello stanziamento dello 0,7 del proprio prodotto interno lordo ala cooperazione internazionale. Ed ogni anno dalle ONG parte una salva di richieste sempre rimandate al mittente. Perché questo G8 dovrebbe rappresentare una discontinuità rispetto al passato? A guardare nelle casse del paese che lo ospita c’è ben poco da stare allegri. Quest’anno la cooperazione pubblica allo sviluppo ha raggiunto il suo minimo storico, se non fosse per le quote destinate al controllo del Ministero dell’Economia che ha la responsabilità per i fondi dati alle istituzioni finanziarie internazionali, quali la Banca mondiale. Anzi, è probabile che Banca mondiale e Fondo Monetario Internazionale verranno ulteriormente imbottite di risorse finanzarie dopo che il vertice del G20 di Londra del marzo scorso ne ha rilanciato il ruolo portante per la soluzione della crisi economico-finanziaria e la costruzione di un nuovo “deal” per la crescita e lo sviluppo globale. Inoltre, la conferenza delle Nazioni Unite su Finanza per lo Sviluppo tenutasi a Doha nei mesi scorsi ha rilanciato anche il ruolo del settore privato e delle imprese, nonché l’urgenza di riprendere le fila del negoziato in ambito WTO, il cosiddetto Doha Development Round, bruscamente interrotto a Cancún e poi ad Hong Kong. In questo contesto la cooperazione pubblica allo sviluppo rischia di sparire del tutto. Su proposta italiana infatti il G8 discuterà una nuova visione dell’aiuto allo sviluppo, in termini di “sistema paese”. Questa dilatazione del concetto di aiuto, fino ad includere anche – come propone l’OCSE - le missioni militari all’estero (cosa che ad esempio viene già fatta in Inghilterra) permetterebbe quindi di affiancare all’aiuto pubblico allo sviluppo una quota crescente del settore privato, delle imprese, delle fondazioni internazionali. Specularmente a quanto sta accadendo con il governo Berlusconi, la cooperazione allo sviluppo verrà intesa come strumento essenziale della politica estera, militare, di sicurezza e commerciale piuttosto che restituzione di un debito ecologico e sociale accumulato nei confronti della maggioranza delle popolazioni del Planeta. Se queste sono le premesse allo stavolta il G8 produrrà , a costo zero, un risultato politico notevole ed altrettanto preoccupante.
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