Si
è concluso nei giorni scorsi a Santiago il vertice
Euro-Latinoamericano dei capi di stato e di governo, un appuntamento
che a scadenza annuale scandisce l'agenda delle relazoni biregionali
tra America Latina ed Unione Europea. Un evento che da qualche anno a
questa parte viene accompagnato da iniziative parallele quali il
vertice delle imprese, e, aspetto più interessante, da una “Cumbre
de los Pueblos”. Un controvertice dei popoli, in occasione del
quale movimenti sociali latinoamericani ed europei hanno stilato la
loro agenda per nuove relazioni tra i popoli, in una critica forte
all'impianto “liberista” dell'architettura delle relazioni
eurolatinoamericane.
Non è un caso che in America Latina oggi si
incontrano e scontrano due sinistre. Quella incarnata dal governo di
Dilma Rousseff in Brasile, paese fino a l'altroieri in fase di
crescita economica da brivido, e che oggi rischia di subire gli
effetti della crisi economico-produttiva globale. Una sinistra
pragmatica, che guarda ai dieci anni trascorsi con l'amministrazione
Lula, ed ai risultati impressionanti conseguiti nella lotta alla
povertà ed all'esclusione sociale, nonché al rafforzamento dei
settori produttivi ed industriali del paese. Brasilia ambisce ad un
ruolo di spicco a livello mondiale, sul mercati globali, nelle sedi
di governo internazionale, quali il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite. Persegue con determinazione un'agenda di crescita
“equa” ma fondata sull'espansione a dismisura delle grandi
infrastrutture, da quelle nell'ambito dell'IIRSA (Iniciativa para la
Integracion de la Infraestructura Regional Suramericana), alle grandi
dighe che nei prossimi anni richiano di stravolgere ecosistemi
delicatissimi quali la foresta Amazzonica.
E dall'altra le parole
miti del presidente uruguayano Pepe Mujica, che fa leva sulla
sobrietà dei consumi ed un altro modello di sviluppo che assicuri
giustizia ambientale e sociale allo stesso tempo. Nel mezzo i governi
“andini”, le esperienze innovative di Ecuador e Bolivia,
anch'esse non prive di contraddizioni. Da una parte quelle
costituzioni riconoscono i diritti della Madre Terra ed il Buen Vivir
e dall'altra quei governi continuano a perseguire una logica
estrattiva per assicurare principalmente alla Cina l'accesso a
risorse naturali strategiche. Insomma, una contraddizione che
dovrebbe essere colta come opportunità per aprire canali di
confronto e di critica all'impianto delle relazioni esterne
dell'Unione Europea e di ricostruzione di una nuova agenda nelle
relazioni tra Italia e America Latina, un continente non più “patio
trasero” di Washington, e nel quale si stanno affermando con forza
partenariati nuovi con i paesi BRICS.
Certamente la strada è ancora
lunga, ma dal vertice di Santiago emergono alcuni elementi che
potrebbero contribuire ad aprire una nuova stagione nelle relazioni
biregionali. Da una parte l'agenda adottata pare ispirata ad un
solido impianto di mercato e di liberalizzazioni sostenuta dalla
stragrande maggioranza dei paesi latinoamericani, in una
dichiarazione finale accolta “per acclamazione”. Dall'altra però
i governi latinoamericani riaffermano con determinazione il loro
diritto a attuare politiche nazionali al riguardo, rivendicando la
propria sovranità economica e politica nei confronti di un passato
nel quale i dettami del Fondo Monetario Internazionale della Banca
Mondiale avevano ristretto a dismisura lo spazio nel quale poter
praticare politiche di sviluppo.
E non solo. Ogni politica dovrà
essere fondata sulla cooperazione e la “complementarietà” la
solidarietà e l'inclusione sociale, la responsabilità ambientale (e
si noti bene secondo il principio delle responsabilità comuni ma
differenziate, che in gergo equivale a dire “riconoscimento
dell'equità e del debito ecologico e storico”). Inoltre, sul tema
della responsabilità sociale dell'impresa, che è stato in passato
al centro della critica e dell'analisi di alcune sessioni del
Tribunale Permanente dei Popoli, si ritiene “vitale” che gli
investitori “rispettino il diritto nazionale ed internazionale, in
particolare sui temi del fisco, della trasparenza, tutela
dell'ambiente, sicurezza sociale e lavoro”.
E' il tema della
sovranità a fare la parte del leone, giacché se da una parte si
riconosce - come da routine - la necessità di promuovere regole
stabili ed aperte per assicurare i diritti degli investitori
dall'altra si riconoscono i diritti sovrani degli stati ad adottare
regole proprie. A riequilibrare il tutto il rituale appello al
rilancio del negoziato di Doha presso l'Organizzazione Mondiale del
Commercio. Tra le novità un capitolo sulle politiche di genere e
contro la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne, ed
un forte riferimento alle questioni climatiche.
La “Cumbre de los
Pueblos” si è invece conclusa con una dichiarazione che punta il
dito contro le relazioni attuali tra UE ed America Latina, fondate
sulle istanze di liberalizzazione degli scambi commerciali a
discapito del rilancio delle politiche sociali ed ambientali, In
realtà questa doppia agenda europea è incarnata, alla luce del
fallimento dei negoziati OMC, dalla negoziazione di accordi regionali
o bilaterali, (non solo con l'America Latina, ma anche con i paesi
Africani – si vedano di Accordi di Partenariato EPA) con i quali
l'Unione tenta di reintrodurre in agenda, e per l'interesse delle
lobby imprenditoriali, le proprie priorità quali accesso ai
servizi, e liberalizzazione degli investimenti, sulle quali si è
arenato il negoziato OMC.
Il documento dei movimenti ricorda le cause
della crisi finanziaria ed economica in Europa ed i costi sociali
delle politiche di austerità e contrazione della spesa pubblica
imposte dal Fiscal Compact, al fine di “salvare le banche, facendo
pagare ai popoli i costi della crisi”.
Un modello che in ambedue i
continenti si manifesta attaverso “la
privatizzazione e mercantilizzazione dei servizi pubblici, lo
smantellamento del welfare state” la precarizzazione della forza
lavoro, l'estrattivismo, e la mercantilizzazione dei beni naturali e
sociali propri dei popoli”. La formula proposta passa dalla
nazionalizzazione, e la collettivizzazione dei beni e servizi e dei
mezzi di produzione, ed il riconoscimento della natura come soggetto
di diritto. Questo implica “passare dalla resistenza alla
produzione di alternative che contengano una proposta integrale”
per il futuro di ogni paese, promuovendo il paradigma del “buen
vivir” e la difesa dei diritti della terra per un'economia plurale
e solidale, la democrazia diretta ed il speramento della precarietà.
In questo
contesto, e guardando al nostro futuro immediato, al programma
politico per le elezioni ed un possibile governo di centrosinistra,
va ricordato che il congresso di SEL di Firenze adottò
un documento strategico preparato dal Forum nazionale di SEL sulle
politiche internazionali, dal titolo “Nostra Patria è il mondo
intero” nel quale si definiscono alcune chiavi di lettura e
proposte di lavoro per SEL verso l'America Latina. Proposte che
rientrano nel solco di un sostegno forte alle esperienze di governi
progressisti, e dei processi di integrazione regionale, quali UNASUR
Tutto ciò tenendo a debito conto le contraddizioni che tuttora
sussistono tra urgenza di pagare un debito sociale accumulato nel
corso dei decenni nei confronti delle generazioni attuali, ed un
modello di sviluppo che rischia di accumulare un ingente debito
ecologico nei confronti delle generazioni a venire.
Secondo quanto
detto nel documento, le esperienze di movimento e di governo
progressista per il "Socialismo del XXI Secolo" segnalano
l’’urgenza di rielaborare il concetto di potere, non inteso come
““presa della stanza dei bottoni””, ma come opportunità per
servire il bene comune.” Inoltre, “Le rivoluzioni “cittadine””
in alcuni paesi dell’’America Latina traggono significato dalle
profonde trasformazioni
in corso in quelle società come prodotto collaterale rispetto
all’’ascesa al potere di formazioni politiche ““progressiste””.
Per questo SEL si impegnerà in un dialogo costruttivo e concreto con
le realtà politiche progressiste e di base e i movimenti sociali che
oggi provano a costruire un progetto di società più giusta e
partecipata, sostenendo proposte di trasformazione radicale delle
relazioni commerciali e di investimenti tra quel continente e
l'Unione Europea. Insomma, un'agenda futura di lavoro per Sinistra
Ecologia e Libertà, che attraversa le proposte dei movimenti sociali
e le esperienze delle sinistre progressiste nel continente, nel
riconoscimento della necessità di nuove relazioni tra Unione
Europea e continente Latinoamericano, ed anche tra Italia ed America
Latina, che guardi ai beni comuni, al rafforzamento dei processi di
democrazia reale, alla sicurezza umana, ai diritti di cittadinanza,
la sovranità alimentare, la giustizia climatica, alla cooperazione
ed all'altraeconomia come chiavi di volta per relazioni giuste tra i
popoli.
1 commento:
A QUANDO UN MANIFESTO EURO-INDIO-LATINO AMERICANO PER UNA SINISTRA SOCIALISTA DEMOCRATICA AUTONOMA E ALTERNATIVA?
Posta un commento