8 settembre 2015 -
Ha fatto scalpore l'annuncio della scoperta da parte dell'ENI di un enorme giacimento di gas naturale in acque territoriali egiziane. Un annuncio comunicato personalmente dall'amministratore delegato al presidente egiziano Al-Sissi. Si dice che tale scoperta cambierà la geopolitica della regione, metterà in difficoltà Israele e le sue ambizioni di diventare leader regionale nel settore energetico. Nulla però si dice rispetto a cosa significhi fare affari con l'Egitto di Al Sisi. Un partner politico ed economico privilegiato del governo Renzi. Un presidente militare, che usa il pugno di ferro, condanna a morte decine di attivisti dei Fratelli Musulmani, imprigiona leader della primavera di Tahrir e giornalisti. Ma come non è l'Italia capofila mondiale della campagna contro la pena di morte? Già i diritti umani, vengono prima loro o i mercati? Si dice che le rendite dell'estrazione del gas assicureranno la stabilizzazione dell'Egitto, ma nulla si dice del fatto che a Tahrir la gente chiedeva non pane ma democrazia, e che i militari sono un potere economico parallelo. E poi viene a pensare anche a vicende di casa nostra. A un viceministro degli esteri, che aveva competenza geografica su quella regione, e che poi di punto in bianco è passato alla poltrona di vicepresidente dell'ENI.. Proprio nei giorni in cui Lapo Pistelli dava in pasto alle agenzie la sua decisione, dalla Nigeria arrivavano le notizie di proteste di giovani nigeriani che avevano occupato pozzi della succursale nigeriana dell'AGIP. Chiedevano giuste compensazioni per i danni arrecati dalle attività di estrazione. I livelli si confondono, è sempre più chiaro chi detta le linee di politica estera e geopolitica del paese. Per lo meno si abbia il buon gusto di risparmiarci la falsa retorica sui diritti umani, o sulla responsabilità sociale di impresa.
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