Oggi è la giornata mondiale delle
Nazioni Unite per i diritti umani. Al di là della ritualità
dell'evento
è un richiamo alla responsabilità dei
governi e della cosiddetta comunità internazionale affinché si
impegnino al rispetto ad alla promozione degli stessi. Un percorso
accidentato, tutt'affatto scontato.
Ci sono governi che la storia ci ha
insegnato a definire “dittature” ormai se ne contano sulla punta
delle dita, che dei diritti umani fanno carta straccia. Un pretesto
del sistema occidentale per interferire nei nostri affari, dicono.
Altri che hanno oggi una parvenza di democrazia, formale piuttosto
che sostanziale, che non esitano ad incarcerare dissidenti, Pussy
Riot o attivisti di Greenpeace o a chiudere d'autorità
un'organizzazione ambientalista colpevole di opporsi ai progetti di
estrazione petrolifera nell'Amazzonia ecuadoriana.
Altri che cingono
intere popolazioni civili nella morsa di un muro di cemento negandone
quotidianamente la dignità di popolo, il popolo palestinese.
In
altri paesi in nome della tutela dei diritti umani delle popolazioni
non si è esitato ad intervenire con modalità che - senza soluzione
di continuità - stanno arrecando ulteriori violazioni dei diritti
umani delle popolazioni civili, si guardi il caso dell'Irak, dell'Afghanistan o quello
della Libia.
In altri, seppur membri dell'Unione Europea quali
l'Ungheria, si assiste ad una pericolosissima deriva autoritaria,
alla quale gli strumenti di persuasione (la cosiddetta “moral
suasion”) dell'Europa stanno apparentemente ponendo qualche
rimedio. Altri che continuano ad uccidere propri
cittadini e cittadine in nome della giustizia o di una superiorità
religiosa.
Diritti umani e nuda vita, direbbe Giorgio Agamben. Una vita che viene denudata dall'oppressione, dall'arroganza dei potenti, dal privilegio, dall'autoritarismo, dal pregiudizio.
Diritti umani e nuda vita, direbbe Giorgio Agamben. Una vita che viene denudata dall'oppressione, dall'arroganza dei potenti, dal privilegio, dall'autoritarismo, dal pregiudizio.
Una vita che
oggi viene spogliata pezzo per pezzo dall'insostenibile peso
dell'austerità. Non a caso lo scorso anno il Consiglio ONU sui
Diritti Umani trattò il tema del debito e dei diritti umani
giungendo alla conclusione che se il pagamento del debito o i
programmi di austerità portano alla contrazione o violazione dei
diritti umani (sia inteso, non soo quelli politici, ma anche quelli
economici, sociali, cultural, ambientali ) allora quel debito andrà
rinegoziato. A futura memoria quando tra 21 giorni, tre settimane,
entrerà in vigore in Italia la “golden rule” la regola del
pareggio di bilancio che una maggioranza bipartizan ha voluto
inserire in Costituzione.
Diritti che vengono violati quotidianamente
nel nascosto di una famiglia, femminicidio e crociate contro il
diritto di esprimere la propria sessualità. Oltreconfine come a casa
nostra.
Diritti che vengono violati al largo del Mediterraneo, ormai
blindato a doppia mandata, o in un campo Rom della periferia estrema
della capitale. Nell'espulsione di due donne kazake in nome della
ragion di stato o forse d'impresa. Nel diniego del diritto alla casa
o alla salute, o ad un ambiente sano.
Ecco cosa ci deve dire questa
giornata: ci deve ricordare ancora una volta che i diritti umani
devono essere il cardine del nostro impegno politico, ma non solo.
Che necessitano non di declamazioni formali o di circostanza ma di
determinazione nel ricostruire le nostre categorie di analisi ed
interpretazione e gli strumenti e proposte politiche che ne devono
derivare. Ed al di là della teoria, la storia ci insegna, da Nelson
Mandela a Rosa Parks, che i diritti umani si conquistano, e quella
conquista non è certo un pranzo di gala.
Nessun commento:
Posta un commento