Un articolo pubblicato sulla rivista online di
politica internazionale dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) sulle
strategie dell’ENI nel Mediterraneo finalmente mette nero su bianco cosa c'è
dietro la linea politica di Palazzo Chigi: la creazione di un superhub
energetico nel Mediterraneo, una triangolazione Egitto, Israele, e poi Libia.
Mentre imprese petrolifere italiane stanno buttando un occhio su giacimenti in
Israele, e la Knesset discute del possibile accordo petrolifero con l'ENI che
nei fatti ridimensionerebbe le sue aspirazioni energetiche nella regione. Primo
passo, alleanza tra Renzi, Al Sissi e Bibi. E si chiudono ambedue gli occhi su
diritti umani, e violazioni della legalità internazionale e popolo palestinese.
Fase due, mettere i piedi nel piatto in Libia magari facendosi capofila della
missione di "stabilizzazione" nel paese. E cercando di guadagnarsi un
posto al tavolo per poi provare a prendersi in quota il settore energetico e
petrolifero. Non è la SPECTRE, ma l'operazione fa assai pensare. Alle
commistioni evidenti tra interessi di impresa e presunto interesse nazionale
(già ricordiamo come il Presidente Mattarella "autorizzo" il
passaggio di Lapo Pistelli da Viceministro degli Esteri con delega a quella
regione a vicepresidente dell'ENI), interessi geostrategici e militari (Palazzo
Chigi freme per avviare la presenza militare italiana in Libia). Alle amnesie
non casuali, basta ricordare il viaggio di Renzi in Israele, o l'accoglienza
data a a Bibi a Firenze. Della Palestina nessuna traccia. Quando allora si
parla di giustizia climatica e di debito ecologico si dovranno tenere a mente
anche queste cose. Ossia che per perpetuare la dipendenza da combustibili
fossili nel ostro paese oltre che a trivellare in mare e non solo, si praticano
strategie di politica estera che fanno carta straccia dei diritti umani e del
diritto internazionale. Nel frattempo Barack Obama finalmente e doverosamente
annuncia il suo veto alla XL Keystone pipeline una grane vittoria dei movimenti
ambientalisti ed indigeni. Resta però il fatto che gli USA hanno acquisito
autonomia energetica attraverso lo sfruttamento del shale gas e shale oil e il
fracking, in ossequio alla logica del capitalismo post-neoliberista, il
capitalismo "neo estrattivista". Fa pensare che questo tema, quello
non dell'ambiente come opportunità di crescita o tutela della bellezza ma come
chiave di volta per il superamento del capitalismo, sia così marginale nel dibattito sulla
sinistra che verrà. Un tema che invece
sarà al centro delle mobilitazioni dei movimenti per la giustizia climatica
nelle prossime settimane a Parigi.
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