giovedì 31 ottobre 2013

Quello che avremmo diritto a sapere delle missioni di "pace" all'estero



É in corso alla Camera il dibattito sul decreto-missioni, che ritualmente offre l'opportunità per varie considerazioni riguardo l'uso della forza, la presenza militare italiana in teatri di conflitto o post-conflitto, ed ipoteticamente la possibilità del Parlamento di operare un controllo democratico sull'impegno internazionale del nostro paese. Ogni volta invece, altrettanto ritualmente, il dibattito parlamentare, incardinato su un decreto che racchiude varie tipologie di missioni, financo impegni di cooperazione, non riesce ad andare a fondo sulle sfide, le contraddizioni, le alternative che si offrono per la costruzione della pace in aree martoriate da conflitti più o meno latenti o asimmetrici. É il caso dell'Afghanistan, Il decreto rifinanzia la presenza italiana in ISAF per i prossimi tre mesi, e così sarà fino al 2014 quando l'Italia entrerà nella missione NATO Resolute Support. A tal riguardo giova ricordare che la posizione di SEL è che la NATO esca dall'Afghanistan accelerando il ritiro delle truppe di ISAF e che semmai parte eventuali compiti di formazione delle forze di polizia vadano assegnati ad una missione ONU o dell'Unione Europea. Questo in una situazione politica nel paese che nel 2014 diventerà ancor più critica sia per quanto concerne il percorso verso le prossime elezioni del 2014, che l'eventuale negoziato con i Talebani. Troppi punti restano ancora oscuri anche sulla presenza italiana dopo il 2014. nella missione Resolute Support, che sappiamo prevederà la permanenza di istruttori militari nella regione di Herat. Rnull'altro ci è dato sapere rispetto al numero di effettivi, la loro dislocazione a Herat, l'eventuale presenza di truppe speciali a protezione e riguardo ad un accordo di cooperazione con l'Ucraina in virtù del quale l'Italia fornirà supporto tecnico e logistico ad un contingente Ucraino presso la base italiana di Herat. Particolari non di poco conto, che portano alcuni osservatori del settore difesa a concludere che Resolute Support sarà né più e né meno una ISAF 2.0. Altro teatro a rischio il Mali, dove l'Italia partecipa sia alla EUTM, missione di addestramento dell'Unione Europa, che a MINUSMA , la missione ONU di stabilizzazione, affiancata da un contingente di forze di intervento rapido francesi. Questo in un quadro politico assai fluido dopo l'elezione del nuovo presidente Ibrahim Boukabar Keita, Quali le prospettive per una soluzione negoziata alle rivendicazioni di autonomia delle popolazioni del Nord, in particolare i Tuareg dell'Azawad? La frontiera Nord del Mali è una terra di nessuno, dove nessuno riesce ad assicurare il controllo del territorio, AQIM (Al Qaeda in Mali) risulterebbe ormai insediata in tutta quella fascia che va dal Niger, al Sud della Libia, e gli scontri e conflitti a fuoco si stanno moltiplicando. I punti cruciali per costruire un futuro di pace nel paese sono il lancio di negoziati di pace inclusivi, prepararsi per le prossime elezioni politiche previste per fine Novembre, la riforma del settore della sicurezza e il rafforzamento istituzionale. Su questo l'Italia dovrebbe avanzare delle ipotesi di lavoro, in particolare in vista della presidenza di turno UE del 2014 per proporre una strategia regionale per tutto il Sahel e che affronti in maniera innovativa i nodi della sicurezza, della governance, e della lotta alla povertà e rilanciare il piano Sahel proposto da Romano Prodi. Sulla Libia il quadro è chiaro ed assai preoccupante, il decreto finanzia EUBAM, missione europea di pattugliamento delle frontiere e la fase due dell'Operazione Cirene, la Missione Militare Italiana in Libia (MIL) che solleva molte preoccupazioni se vista in collegamento con il piano G8 per la Libia, coordinato dall'Italia che prevede tra l'altro un programma per il disarmo delle milizie paramilitari (si parla di almeno 200mila miliziani armati) , Anche qui tutto il tema del controllo della frontiera sud riemerge per quanto riguarda l'impegno preso dall'Italia a livello di G8 di coordinare ed essere il paese maggiormente impegnato nel Piano G8 per la Libia. Si finanzia giustamente con 4 milioni di euro l'OPAC per la missione di messa in sicurezza ed eliminazione del programma chimico siriano, Secondo gli ultimi dati risulterebbe che il loro lavoro stia procedendo positivamente. Resta il punto politico relativo al rilancio del negoziato Ginevra II, ora in mano finalmente alle Nazioni Unite nella figura del'inviato speciale Lakdar Brahimi, Il rilancio del negoziato sembra in fase di pericolosa impasse, soprattutto perchè Iran, Russia e Siria sarebbero contrarie a impostarlo sui principi di Ginevra I, in particolare per quanto riguarda il ruolo ed il destino di Assad. Ed anche per le spaccature all'interno delle varie fazioni "ribelli". Eppoi c'è il capitolo assistenza umanitaria sulla quale l'Italia si è già impegnata, mentre Sinistra Ecologia Libertà propone un ordine del giorno in sostegno ad un'iniziativa internazionale da parte del Governo Italiano per mettere intorno ad un tavolo le organizzazioni ed associazioni della società civile siriana che rifiutano la logica dello scontro armato e attuano forme di resistenza nonviolenta e mutualismo dal basso. Per ultimo e non da meno, l'area di crisi del Sudan-Sud Sudan. L'Italia partecipa a UNMISS in uno scenario sempre assai teso prima e durante il processo di indipendenza del Sud Sudan in particolare per una controversia su una citta di frontiera, Abyei, sulla quale è stato proposto un referendum , ma soprattutto per il tema del controllo delle ingenti risorse petrolifere del Sud Sudan ed il diritto di passaggio per gli oleodotti che dovrebbero trasportate il petrolio in Sudan.  Il decreto rifinanzia anche la partecipazione italiana a UNFIL II in Libano, ed altre presenze e partecipazioni a missioni ONU, NATO (quali KFOR in Kosovo) e dell'Unione Europea. Una modalità che non permette di andare a fondo nella valutazione politica caso per caso, confinando appunto la discussione sull'aspetto militare” e non sulle sfide per la diplomazia e per eventuali soluzioni politiche ai confitti, Né è permesso al Parlamento ed all'opinione pubblica di avere la possibilità di partecipare attivamente alla discussione ed alla formulazione di raccomandazioni che vadano al di là della scelta tra il “prendere o lasciare” sottintesa in un decreto di tal tipo.   

sabato 19 ottobre 2013

Funerali di stato per le vittime della tragedia di Lampedusa? Propaganda pura


Così ci sarà un funerale di Stato - ora ridefinito  "cerimonia solenne" - per le vittime del naufragio di Lampedusa. Dietro quello che sembra essere un atto storico si cela invece la realtà. La realtà è che nessuno dei parenti delle vittime è stato messo in grado di partecipare, visti i tempi ristretti dell'annuncio. La realtà è che questa finirà per essere solo un'operazione mediatica per nascondere il fatto che piuttosto che impegnarsi per rivedere alla radice tutta la legislazione criminogena e liberticida che regola il tema dell'immigrazione nel paese, il governo stanza fondi e mezzi per blindare ulteriormente la frontiera sud La realtà che ci raccontano le associazioni di esuli, dell'opposizione democratica eritrea nel ostro paese è che con quella cerimonia, alla quale parteciperà l'ambasciatore eritreo in Italia, il regime di Isaias Afeworki potrà mostrare un volto "umano" e riabilitarsi. La realtà è che quelle centinaia di disperati fuggivano da quel regime, che considera l'emigrazione un reato, per il quale possono essere perseguite anche le famiglie che restano in patria. La realtà - e questo e gravissimo - è che quell'ambasciatore ed i suoi sono stati a Lampedusa per registrare, schedare fotografare i sopravvissuti e ricattare le famiglie in Eritrea. La realtà tragica è che qualora le salme venissero rimpatriate e le famiglie volessero accogliere, ciò equivarrebbe ad una autodenuncia con tutte le conseguenze del caso. Ecco, quando ci verranno propinate immagini di circostanza, con ministri ed autorità con il volto addolorato, ricordiamocela la realtà 

martedì 15 ottobre 2013

il Risiko del Mediterraneo

Bene, ora il governo Letta-Alfano decide di giocare pure a Risiko in mare. Mare Nostrum, di chi? Perché quel mare non è anche di chi lo attraversa o di chi vive sulle sponde del cosiddetto Sud da millenni? Per chi? Una nuova cortina militare, con elicotteri, droni, e navi da guerra. Per salvare i migranti dicono, per bloccarli e rispedirli al mittente probabilmente. Qualcuno poi ci spieghi quali garanzie verranno date ai "migranti", già perché chi scappa dalla guerra e dalle persecuzioni dovrebbe essere chiamato in altra maniera , ma tanto fa lo stesso, è clandestino fino a prova contraria - che possano accedere alle regolari procedure di richiesta di asilo o riconoscimento dello status di rifugiato, a bordo delle navi da guerra. Mica per altro, chi monitora? Chi controlla che le norme di diritto internazionale verranno rispettate? Dopo Frontex, le missioni EUBAM, il Piano G8 per la Libia, gli accordi bilaterali sulla difesa tra Italia e Libia, il Mediterraneo del Sud diventa una vera cortina di ferro.

venerdì 11 ottobre 2013

Forum Politiche internazionali SEL - 6 ottobre 2013



Verbale riunione Forum nazionale di SEL sulle politiche internazionali, Europa, pace, Cooperazione

6 ottobre 2013

presenti: Francesco Martone, Elettra Deiana, Pasqualina Napoletano, Alessandro Fioroni, Gregorio Malavolti, Cinzia Terzi, Laura Zeppa, Paolo Tamiazzo, Lalla Cappelli, Gianni Tarquini, Enrico Calamai, Gianfranco Benzi, Anna Maria Ceci, Rafaella Chiodo, Sara Prestianni, Raffaele Fargnoli
collegate su Skype: Chiara Tamburini, Francesca La Forgia


Azioni:

    costituzione gruppo di lavoro cooperazione , referenti iniziali – Anna Maria Ceci, Raffaella Chiodo, Gianni Tarquini – chi volesse aderire può scrivere a internazionale@sxmail.it
    costituzione gruppo di lavoro Palestina . Referente Lalla Cappelli – anche in questo caso potete scrivere a internazionale@sxmail.it
    Politiche europee di sicurezza e difesa - Preparazione di dossier ed altre iniziative - Elettra Deiana deiana.elettra@gmail.com
    creazione pagina Facebook del Forum. Referente Alessando Fioroni alessandro.fioroni@gmail.com

Francesco introduce riassumendo alcuni temi di lavoro. Per quanto riguarda l'Europa in particolare cita il lavoro di preparazione per la prossima riunione del Consiglio Europeo di dicembre sulla politica europea e di difesa, la stesura dei policy papers su democrazia transnazionale, diritti, social compact, ambiente e esteri-difesa. Informa sul percorso congressuale e sulle iniziative sull'Europa, tra cui il seminario sul PSE e le politiche economiche organizzato dal Forum di SEL Lombardia ed il programma di seminari in cantiere a cura di Sel Belgio ed altri circoli europei.

Sulla Palestina, informa della presentazione di un'interrogazione sulla partecipazione della ditta Pizzarotti nella costruzione di un treno ad alta velocità e sull'idea di iniziare a lavorare per preparare un'eventuale visita di SEL in Palestina.

Sulla Cooperazione allo sviluppo il governo si accinge a presentare un proprio ddl di riforma presso la Commissione Esteri al Senato, mentre sulla Siria viene illustrata la posizione presa da SEL riguardo il paventato intervento militare internazionale.

SEL si è opposta ad ogni forma di intervento militare anche con l'avallo eventuale del Consiglio di Sicurezza giacché in queso caso il tema della legittimità non risolveva quello dell'efficacia dell'azione, poiché qualsiasi tipologia di intervento militare nell'area avrebbe allontanato la possibilità di un rilancio del negoziato Ginevra II, ed al contempo innescato una spirale di violenza su scala regionale.

Propone poi di dedicare parte della riunione su Lampedusa, e su un aggiornamento della situazione in Libia e informa sull'imminente dibattito in Parlamento del decreto missioni.

Elettra informa sulla presentazione di un'interpellanza in Commissione Esteri al Senato sul prossimo Consiglio Europeo sulle politiche di sicurezza e difesa di dicembre. Ricorda come il tema sia stato già affrontato dal governo italiano con la prodzione di un documento congiunto tra Esteri e Difesa (“More Europe” ) nonché dall'Assemblea Francese e dalla Commissione Esteri del Senato francese. Queste ultime hanno sviluppato una posizione avanzata rispetto a “More Europe”che va oltre l'approccio di difesa europea per una concezione strategica della difesa europea. In questo quadro la scadenza del Consiglio Europeo di dicembre assume importanza sia per i temi della difesa che per la relazione tra politiche di sicurezza e difesa e politica estera dell'Unione. Per questo si ritiene necessario organizzare, anche nell'ottica dell'elaborazione del programma di SeL per le prossime europee, un seminario-convegno sulle politiche europee di difesa e sicurezza prima del mese di dicembre. In termini di analisi, Elettra sta lavorando ad un documento base, e sottolinea come sia importante avere dati comparati sulle politice di difesa in vari paesi europei, sui processi di integrazione, l'organizzazione dello strumento militare e le strategie di sicurezza, al fine di comprendere come meglio superare quella che gli analisti del settore chiamano “cacofonia” europea. Inoltre andrà esplorato criticamente il rapporto tra difesa europea e NATO, e come quest'ultima abbia di fatto impedito lo sviluppo di una difesa europea. Laura Zeppa illustra le direttrici di lavoro della Rete Disarmo sia per quanto riguarda il Consiglio Europeo che il lavoro sui sistemi d'arma, e sul tema del personale militare e dei diritti dei lavoratori, mentre Chiara Tamburini verificherà la possibilità di accedere ad alcuni centri di ricerca ed analisi a Bruxelles. Elettra e Laura si incontreranno a breve per lavorare sul dossier.

Sul tema dei Balcani e del seminario nazionale discusso nel corso della precedente riunione del Forum, Francesca La Forgia illustra i vari assi tematici sui quali verrà sviluppata la proposta di lavoro tra cui l'analisi attuale della situazione socio-politica-economica nell'area, il ruolo del movimento pacifista, questioni quali la criminalità organizzata. Francesco ha partecipato ad un attivo regionale di SEL Puglia per discutere di questo, e si è deciso di tenere il seminario possibilmente dopo il Congresso nazionale di SEL di Gennaio 2014. Nel frattempo si lavorerà ad un documento condiviso di analisi sulla situazione nei Balcani.

Cinzia Terzi aggiorna sulla questione Sahrawi, sul lavoro dell'intergruppo parlamentare e sulla preparazione dell'incontro europeo di solidarietà con il popolo Sahrawi, EUCOCO che si terrà a Roma il 15-17 novembre prossimi. Arturo Scotto ha intrapreso al riguardo una serie di iniziative alla Camera, e si sta lavorando alla presentazione in Senato di una mozione parlamentare condivisa. L'integruppo parlamentare organizzerà una conferenza il 14 novembre alla quale verranno invitati parlamentari di altri paesi (il Congresso USA ha di recente istituito per la prima volta un integruppo Sahrawi)

Altra proposta di iniziativa emersa nel corso della riunione quella di chiedere l'allargamento del mandato della MINURSO per svolgere attività di monitoraggio dei diritti umani, tema che potrebbe essere sollevato in occasione del dibattito parlamentare sulle missioni all'estero. Chiara informa sul dibatitto sul Sahel in Parlamento Europeo e sulla controversia sorta riguardo alla possibilità di includere il Sahara Occidentale in un rapporto del PE sulla regione, dibattito che si è risolto con la decisione di non includere il Sahara Occidentale nel titolo del rapporto, ma di permettere di inserire il tema attraverso emendamenti al testo.

Raffaele Fargnoli di SEL Belgio informa sui seminari sull'Europa che il circolo di SEL Belgio sta organizzando assieme ad altri circoli SEL in Europa, ed in particolare quello del 1 ottobre sul Fiscal Compact e la democratizzazione della governance europea e quello di novembre sul social compact ed il Welfare europeo.

Si passa poi a discutere della questione di Lampedusa e sulle politiche europee in tema di migrazioni.

Pasqualina Napoletano introduce sottolineando come nel dibattito politico italiano l'Europa è messa in ballo in modo strumentale, mentre importante è l'iniziativa francese per la convocazione di un vertice d'urgenza sulla questione Lampedusa. In realtà le politiche europee in tema di immigrazione sono identiche a quelle italiane, ad eccezione in passato delle proposte contenute nel documento dell'allora commissario Vitorino, lungimiranti in quanto andavano oltre l'approccio “immigrazione-zero” per governare il fenomeno migratorio piuttosto che reprimerlo. Nel riesaminare pertanto la legge Bossi-Fini andrà tenuto conto che le direttive europee in alcuni casi sono peggiori della Bossi-Fini e che nelle politiche intergovernative non esiste differenza tra sinistra e destra. Di fatto la direttiva europea ha incoraggiato la Bossi Fini. Sottolinea poi la necessità di massima cautela nel trattare il tema del soccorso in mare e quello delle pene per supporto all'immigrazione clandestina e su come introdurre le giuste modifiche a livello italiano ed europeo. A tal riguardo suggerisce una collaborazione con forze politiche spagnole, maltesi e greche per sviluppare una proposta ed iniziativa politica della sinistra mediterranea.

Sara Prestianni svolge poi una relazione sulla Libia. La collaborazione tra Italia e Libia viene promossa come opportunità per salvare gi immigrati quando in realtà l'intenzione è di rafforzare Frontex e le politiche di interdizione. Ripercorre le varie tappe della collaborazione tra Italia e Libia a partir dal trattato firmato nel 2008 tra Berlusconi e Gheddafi, l'accordo tra l'allora ministro Cancellieri ed il CNT libico nel 2011, un Memorandum di Intesa nel settore difesa per cooperazione militare ed immigrazione nel 2012. Nel giugno 2013 in occasione del G8 Barack Obama contatta Enrico Letta per chiedere all'Italia di farsi carico della Libia.

La situazione in Libia è estremamente critica, tra la mancanza di legittimità del governo filo-francese di Ali Zeidane e l'aumento di conflitti intertribali al punto che il governo centrale non è in grado di esercitare alcuna forma di controllo sul territorio nazionale. La frontiera sud è caratterizzata da confliti intertribali, e dal traffico di eroina, con la presenza di una cellula di Al Qaeda. La Libia di fatto è una “mina vagante” per il G8, ed in tal senso va letta anche la decisione americana di rafforzare la presenza militare a Sigonella e nelle basi in Niger.

L'impegno italiano per il piano G8 in Libia prevede la formazione di militari e poliziotti libici in basi NATO in Sicilia e Sardegna (il piano totale prevede la formazione di almeno 19500 militari e poliziotti in 4 stati europei), e la loro formazione sull'applicazione del codice civile e penale, il controllo delle frontiere, e la formazione alle nuove tecnologie. C'è poi un piano pilota per la consegna delle armi da parte dei ribelli, che potrebbe rappresentare un grande rischio per l'eventuale partecipazione diretta dell'Italia.

Riguardo al piano Libia esistono altre criticità quali la mancanza di chiarezza sui fondi previsti, e quale personale verrà utilizzato. Va poi ricordato che lo scorso 1 ottobre si è svolto a Tripoli un incontro tra i Capi di Stato Maggiore di Italia e Libia per il rafforzamento della cooperazione militare e lanciata la “missione militare italiana in Libia” (MMIL) http://english.libyanembassy.org/?p=6053

Per quanto concerne il quadro europeo, e la collaborazione tra UE e Libia questa si sviluppa anche attraverso EUBAM http://www.eeas.europa.eu/csdp/missions_operations/eubam-libya/eubam_factsheet_en.pdf. Il Consiglio europeo ha stanziato 30 milioni di euro l'anno per il controllo delle frontiere sud, e deciso l'invio di 165 addetti UE per il controllo delle frontiere.
Nel settembre 2013 si è tenuto un incontro UE-Libia a Madrid sul programma Sea Horse, (monitoraggio terra-mare) http://www.imp-med.eu/En/image.php?id=125 il cui obiettivo è quello di bloccare i migranti in Libia sulla frontiera Niger-Sudan e sulla frontiera marittima.

Sara riferisce poi delle testimonianze da lei raccolte nei campi in Libia e Niger secondo le quali la caccia all'uomo contro i migranti sarebbe ora peggio che nei tempi di Gheddafi

Sulla cooperazione UE-Libia andrà fatta chiarezza sugli aspetti umanitari e sul coinvolgimento dell'Italia nella strategia di controllo delle frontiere, ovviando ad un evidente deficit di controllo democratico sulle politiche in tema di immigrazione e controllo delle frontiere.

Raffaella Chiodo sottolinea come la situazione in Libia si stia avviando verso uno scenario simile a quello della Somalia, e che esiste un precedente che potrebbe presentare spunti per un approccio olistico e per un ruolo dell'Italia nel quadro ONU, ovvero il caso del Mozambico. La situazione libica va inserita in una quadro di revisione delle politiche euromediteranee, ed il quadro che si propone all'indomani della tragedia di Lampedusa impone una riflessione a tutto campo che comprenda anche le politiche di cooperazione internazionale dopo il 2015, i temi della giustizia economica, il debito.

Francesco aggiorna sullo stato dell'arte del dibattito sulla cooperazione, l'imminente presentazione del DLL di iniziativa governativa da parte del viceministro Pistelli, e della necessità di costituire un gruppo di lavoro del Forum che possa fornire supporto all'iniziativa di SEL e dei parlamentari di SEL. Il gruppo di lavoro viene costituito ed è formato inizialmente da Anna Maria Ceci Raffaella Chiodo e Gianni Tarquini presenti alla riunione.

Si passa poi al Medio Oriente e Palestina. Si concorda che sul Medio Oriente e Maghreb si terrà aperto un canale di scambio e discussione costante, e piuttosto che costituire un gruppo di lavoro generale al momento si concenterà l'attenzione sulla questione palestinese. Maghreb e Medio Oriente saranno temi permamenti di discussione ed approfondimento nelle riunioni del Forum e qualora emergesse l'esigenza di costituire gruppi di lavoro dedicati ciò verrà discusso e concordato.

Sulla Palestina Pasqualina ricorda la costituzione del gruppo Italia-Palestina il cui presidente è Vincenzo Vita e come la Palestina sia diventata un tema residuale nel dibattito politico, mentre alla Camera nn esiste neanche un intergruppo Palestina. Propone che i parlamentari di SEL aderiscano al gruppo Italia-Palestina. Gianfranco Benzi richiama l'attenzione sulla necessità di rifocalizzare la nostra attenzione sulla questione israelo-palestinese , riposizionandone la lettura con intelligenza, contestualizzandola diversamente e con nuove parole d'ordine. Sarà anche opportuno lavorare alla preparazione di una missione di SEL in Palestina, possibilmente preceduta da una partecipazione di parlamentari di SEL ad uno dei viaggi di approfondimento-studio organizzati da Luisa Morgantini.
Paolo Tamiazzo ricorda due elementi, il promo quello di riprendere rapporti al di fuori del Parlamento sulla questione palestinese e poi compnrender meglio quali siano le realtà palestinesi in Italia. Viene costituito infine un gruppo di lavoro Palestina facilitato da Lalla Cappelli.

Sulla comunicazione Alessandro Fioroni aggionra sulla discussione tenutasi in rete e si concorda sulla possibilità intanto di aprire una pagina FaceBook e verificare la possibilitò di aprire una sezione esteri-internazionale nel sito ufficiale di SEL.

giovedì 10 ottobre 2013

Il pantano libico e le missioni militari dell'Italia


Il rapimento del primo ministro libico Zeidan avvenuto oggi a Tripoli è solo la punta dell'iceberg di una conflitto e di un processo di completa destabilizzazione in corso in Libia. Dall'intervento militare internazionale ad oggi il paese è caduto in mano di diversi gruppi armati, milizie paramilitari, cellule integraliste e Qaediste. Il governo centrale nei fatti controlla solo - e neanche più a questo punto le due città di Tripoli e Bengasi. Leggendo in filigrana gli ultimi eventi, l'arrivo di 200 marines a Sigonella, la recente operazione dei Navy Seals conclusasi con la cattura di un sospetto terrorista qaedista, ora agli arresti a bordo di una nave militare USA (insomma un ritorno al passato, una rendition a tutti gli effetti), il rapimento di Zeidan, e le notizie che giungono di conflitti intertribali c'è da essere molto preoccupati. L'unica fonte di entrate per il governo filofrancese di Zeidane è il petrolio, e la produzione del petrolio ora è stata ridotta proprio per l'instabilità sui territori. Nel frattempo la frontiera sud resta terra di nessuno. Bande armate, cellule qaediste, trafficanti di esseri umani e di eroina. Chi ci è stato ci dice che la caccia all'uomo contro i migranti oggi è giunta a livelli tragici e che di fatto i campi di detenzione sono gestiti da esponenti di tribù in armi. In questo contesto, la Libia si avvia a diventare quello che gli esperti del settore chiamano "failed state". stato fallito, prima ancora di essere "ricostruito". La comunità internazionale, il G8, l'Unione Europea continuano a guardare alla Libia come frontiera esterna da "blindare", non a caso sia il piano del G8 che le nuove operazioni della UE, EUBAM e Sea Horse principalmente sono indirizzate al controllo e "securitizzazione" delle frontiere. E l'Italia? Se con il governo Berlusconi il leitmotiv era quello del business in cambio di "compensazioni" per supposti danni di guerra, oggi il leitmotiv è quello della sicurezza o supposta tale. Così il 3 ottobre scorso è stato firmato a Tripoli un memorandum d'intesa per una missione militare italiana in Libia, mentre l'Italia oltre che a partecipare ad EUBAM (che verrà finanziata nell'attuale decreto missioni ora al vaglio del Parlamento) è capofila del piano Libia del G8,  incarico preso su richiesta esplicita di Barack Obama all'ultimo G8. Obiettivi del piano, quelli di addestrare quasi 20mila soldati e poliziotti libici, attivare piani pilota per il disarmo delle milizie (come e chi lo farà non è dato sapere, ma è un dettaglio chiave: il rischio di cacciarsi in un nuovo Vietnam alle porte di casa è evidente), contribuire alla ricostruzione della "governance" nel paese (sic!), attivare piani per il controllo della frontiera sud. Insomma il rischio evidente di andarsi a cacciare in un pantano senza prospettive. Noi di Sinistra Ecologia e Libertà seguiremo gli sviluppi della situazione in Libia, concentrando la nostra attenzione dapprima sul tema della securitizzazione delle frontiere, e della gestione dei flussi migratori, per chiedere il rispetto dei diritti umani, della dignità delle persone, e l'apertura di canali umanitari. Anche per questo stiamo incontrando ed incontreremo esponenti della società civile e delle associazioni di eritrei per la democrazia in Italia. E poi chiederemo conto di tutti gli accordi firmati dal nostro paese sulla Libia, per avere un quadro di insieme sia per quanto riguarda l'aspetto bilaterale, che quello della UE e del G8. Esiste un evidente deficit di democrazia, e l'urgenza di un dibattito parlamentare su tutta la vicenda libica. Ed anche un sottotraccia altrettanto preoccupante che vede il ministero della Difesa operare in maniera pressocché autonoma nelle direttrici di politica estera. Oltre all'accordo per la missione militare italiana in Libia c'è da ricordare l'accordo di cooperazione nel settore della difesa firmato ad agosto con l'Ucraina, che prevede il supporto logistico e non solo di un contingente di truppe ucraine che andranno ad affiancare il contingente italiano ad Herat in Afghanistan, con buona pace di chi continua a dirci che dopo il 2014 l'Italia ridurrà la sua presenza militare  nel paese. 

giovedì 3 ottobre 2013

Un canale umanitario nel Mediterraneo

Il Presidente della Repubblica non si smentisce. Di fronte all'ennesima tragedia del mare si appella all'Europa affinché si investa di più nel programma Frontex, e nel pattugliamento delle coste. Ossia nella blindatura delle frontiere piuttosto che nella radicale revisione delle politiche di contrasto all'immigrazione verso un' approccio che metta al centro la dignità della persona, ed i suoi diritti. Non motovedette, ma canali umanitari, e tutela della sicurezza umana di chi attraversa il mare in cerca di un futuro migliore e non delle frontiere per un Mediterraneo mare aperto di vita e non di morte. Ma a questo paese, il fatto che quelle centinaia di disperati venissero dall'Eritrea e dalla Somalia proprio non dice nulla?