sabato 16 settembre 2017

Oltre la linea di trincea


L’innalzarsi delle acque che travolge tutto, storie, vite, passioni, e sforzi. Pioggia battente che sferza e condanna intere comunità a restare sospese tra la terra e il cielo. Tra la terra ed il cielo, in quello spazio liminale scandito da secondi interminabili si rimescolano priorità, scompaiono le differenze, l’essere umano è nudo di fronte alla forza della grande Madre.
Ero solo un paio di settimane fa in Florida, nei luoghi colpiti da Irma, Naples, Marco Island, le Keys, Miami, e rivedere quei luoghi prima vivi ora sott’acqua desta una certa impressione. Non che non faccia impressione vedere le devastazioni causate da altri fenomeni climatici estremi nei Sud del mondo. È che esserci stato, e vedere ora quelle strade sferzate dal vento, dall’incombente minaccia, del prima e di ciò che sarà dopo, fa venire a pensare. Quello spazio infinitesimale tra il livello delle acque che salivano e il soffitto di un sottoscala dove viveva una famiglia di Livorno.
Uno spazio che separa il prima dal dopo. La sempre lucidissima Rebecca Solnit, nel suo ultimo editoriale per Harpers dice che l’oggi è per definizione l’istante tra il “non ancora” e il “già” un attimo insidioso come una corda tesa. A pensarci bene oggi noi stiamo vivendo su una corda tesa. Tesa dalle circostanze, dalle primordiali volontà politiche, dalle pulsioni quasi medievali, contro l’altro, qualsiasi altro esso sia, una donna, un uomo da un altro paese, una trans, un altro qualsiasi. Camminiamo, esitando su una corda tesa tra il non ancora e il già.

Quel confine sottile, come il vetro di un’ampolla, il margine ultimo oltre il quale entriamo nel già. Già siamo una società abituata al razzismo? Già viviamo una condizione di solitudine disperante, nella quale l’hate speech e le false verità aizzano, plasmano, creano consenso intorno a quel “non ancora”, sempre più drammaticamente prossimo? Forse siamo già oltre, forse alle promesse disattese di benessere e felicità del liberismo e del consumo, si è andato via via sovrapponendo uno strato immondo di odio, di risentimento, di feroce mancanza di rispetto per l’altro. E per la Madre Terra, che oggi di nuovo ci presenta un salatissimo conto.
Quelle acque che oggi debordano e sommergono tutto e tutti sembrano essere le acque che lentamente, con un processo certosino di taluni media,spin-doctor dell’odio, uso sapiente e diffuso dei social network, meme, troll, hanno riempito il contenitore svuotato delle false illusioni. Già siamo oltre il livello limite, come se a un certo punto, quest’estate, con le vite annegate in mare, fosse annegata anche la linea rossa, che pensavamo invalicabile. O forse speravamo lo fosse.
Dov’è oggi quel limite? Come far rientrare il genio nella bottiglia? Lavorando di retroguardia, provando a tamponare la falla, accettando però che ormai tale linea invalicabile possa essere dimenticata? Abbassando così ulteriormente il livello del limite? Oggi siamo già oltre, e ci affanniamo a cercare di ricostruire un senso per provare ad allungare e proteggere quel non ancora. Questa è oggi la linea di trincea.
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