domenica 2 agosto 2009

OGM, sovranità alimentare e pesticidi....in risposta ad articolo pubblicato su L'Altro, (1 Ago 2009)

Ma davvero contro gli ogm sono schierati gruppi di frikkettoni,
ex-katanga, amici dei lobbyisti o lobbyisti essi stessi? A parte il
linguaggio e le etichettature che appartengono ad un mondo “altro” e
che ci perseguitano dal ’68, forse le cose non stanno proprio così.
La critica e la resistenza agli OGM e le pratiche di un’agricoltura
libera da pesticidi, hanno un carattere mondiale e vedono
protagonisti in primo luogo i movimenti e le organizzazioni contadine
dei sud del mondo. Donne ed uomini che denunciano come gli OGM ed i
pesticidi siano la parte avanzata di un sistema, quello
dell’agri-business mondiale, dominato dalle grandi multinazionali, che
ha prodotto tutte le attuali e drammatiche distorsioni. Un sistema che
tiene i contadini dei paesi “in via di sviluppo” in permanente
condizione di povertà e dipendenza. Che più produce e meno sfama,
come dimostrano i fallimenti di tutti gli impegni di lotta alla fame
nel mondo. Che quando sfama crea obesità. Un sistema che, sopravvive
solo grazie ad ingentissimi aiuti pubblici, con buona pace dei più
entusiasti sostenitori del destino salvifico del libero mercato. Negli
USA come in Europa, dove i sussidi rappresentano oltre il 40% del
bilancio comunitario, questo paradigma invece di produrre lavoro
buono, terra buona, cibo buono, favorisce sistematicamente i ricchi.
I grandi azionisti e manager delle imprese multinazionali che
controllano sementi, pesticidi, ed ora OGM, e così detengono il potere
sulla riproduzione alimentare e sul patrimonio genetico, violando
sistematicamente il diritto umano al cibo ed alla sovranità
alimentare. O coloro, grandi proprietari terrieri in primis, che
traggono vantaggio dalle esportazioni sovvenzionate a danno delle
agriculture familiari dei paesi terzi , o produttori di “biofuel”
che sottrae l’agricoltura al cibo e la consegna a sfamare macchine.
Così i prodotti di questo sistema profondamente ingiusto, che più
costanos dal punto di vista degli impatti ambientali e della sua
cattiva qualità, finiscono a sfamare i poveri al “discount” o vengono
spediti nei paesi impoveriti sotto forma di aiuto alimentare, mentre
la qualità, che fa risparmiare beni comuni, quali la salute della
Terra e delle persone, diviene un lusso. Naturalmente si può
considerare questa ricostruzioneanticapitalistica ed ideologica: per
noi è invece una critica di paradigma. Che non sarà la scienza a
salvarci, è esperienza concreta. L’agricoltura è piena di rivoluzioni
scientiste, verdi, (ultima in ordine di tempo il piano lanciato da
Bill Gates e Kofi Annan per una nuova rivoluzione verde in Africa –
AGRA) che separano sempre più la produzione di cibo dai fattori
naturali, e gli effetti sono di fronte a noi. Fame nel mondo ed
obesità, pandemie, desertificazione ed effetto serra. Certo si può
sempre sostenere che quel 16% almeno di effetto serra che questa
agricoltura produce non deriva dai cicli lunghi, dagli eccessi
chimici, dagli allevamenti intensivi, ma dalle galline allevate a
terra. O si vuole dimenticare che l’agricoltura pulita, tradizionale,
e su piccola scala può essere un importante fattore di adattamento
all’effetto serra. Ma qui si arriva all’assurdo ed alla crudeltà. Cosa
sono gli alevamenti intensivi, in gabbia lo sanno tutti, come tutti
sanno cosa comportano in termini anche di sofferenza animale.

Certo si può rovesciare con una capriola il principio di precauzione,
fondativo dell’Europa e cardine del diritto internazionale
dell’ambiente, per cui bisogna dimostrare che le cose che si fanno
non fanno male, nel suo contrario. Ovvero che si può fare tutto ciò
che non è dimostrato che fa male , specie su terreni di proprietà
privata. O cercare di affermare, sulla base di uno studio inglese,
che i prodotti dell’agricoltura organica siano, in termini di salute
dei consumatori, equiparabili a quelli dell’agricoltura con pesticidi,
dimenticandosi della salute di coloro che coltivano, e si avvelenano
quotidianamente. Che dire allora delle vittime del Nemagon in America
Centrale, o di quelle terre e falde acquifere avvelenate da sostanze
chimiche micidiali come il glifosato?
Certo si possono citare studi sempre disponibili come tanti ce ne sono
che dicono che il nucleare serve contro l’effetto serra, o che lo
stesso effetto serra è un fattore naturale, Ma la realtà del rapporto
moderno tra società e scienza è proprio quello che sulla scienza e con
la scienza si discute e si sceglie. Un dibattito che viene da lontano,
di critica delle tecnologie, intrinsecamente trincerate intorno agli
interessi dei potenti, e che non sopportano la critica democratica. E
di lotte per tecnologie appropriate, diffusibili e controllabili. Per
cui si può essere per la RU486 e contro gli OGM, perché si sta con le
donne ed i contadini. Per cui l’Europa ha convalidato consensualmente
la responsabilità umana nell’effetto serra. Una riflessione la
vogliamo proporre anche a L’Altro. Tra discutere tutto ed il tutto fa
spettacolo, c’è una differenza. E se è giusto criticare in radice
ogni esperienza della sinistra, magari cercando comunque di guardare
al di là dei propri confini geografici, altro sarebbe scoprire le
magnifiche sorti e progressive del capitalismo.

Roberto Musacchio
Francesco Martone