domenica 28 aprile 2013

Facciamoci portatori di speranza di fronte alla disperazione


Ho pensato molto oggi, inforcando la mia bicicletta sotto il sole romano, e seguendo gli sviluppi della drammatica vicenda della sparatoria a Palazzo Chigi. Ho pensato che di fronte alla disperazione, al ritrarsi della politica intesa come perseguimento del bene comune, ed oggi solo ristretta nei confini labili della "governabilità" e della "governance", di fronte ad un divario crescente tra cittadinanza e rappresentanza, all'incapacità o volontà manifesta di chiudere ogni spazio al cambiamento, noi dovremo essere quelli che Alex Langer chiamava "Hoffnungstraeger", portatori di speranza, Miti, ma determinati, non già portatori di una speranza messianica, urlata. Portatori di coerenza, di valori forti, di sinistra, di un progetto, una cultura, una visione fatta di giustizia e dignità. Non ci sono però scorciatoie. Per essere portatori di speranza dovremmo anche noi incarnare nel nostro agire, nelle nostre pratiche, nelle nostre parole, il mondo che vogliamo costruire assieme ad altri. Fornire indizi, elementi, tracce per un mondo migliore per noi e per le generazioni a venire, attraverso i nostri comportamenti, i nostri stili di vita. Ridurre la nostra impronta ecologica, se vogliamo lottare per la giustizia ambientale, decolonizzare il nostro linguaggio (mettendo al bando termini quali donna nera quando ci si rivolge ad una cittadina italiana di origini congolesi, o altre amenità simili), se vogliamo lottare per governare sotto la lente dei diritti una società plurietnica e meticcia, decostruire le relazioni di potere fin nel nostro minimo approccio all'altro se vogliamo democrazia reale, dare ampio spazio alla cura, se vogliamo noi uomini-alfa, essere in grado di riconoscere le enormi potenzialità e ricchezze del nostro lato "femenino".

sabato 27 aprile 2013

la freccia ed il bersaglio


Concentriamoci ora sulla freccia e non sul bersaglio. La nostra freccia è fatta di partecipazione, di costruzione di relazioni, con e tra la sinistra che c'è, che esiste e resiste. E' giustizia sociale, ambientale, è reddito di cittadinanza e riduzione delle spese militari, è diritti di genere e di cittadinanza, è superamento dell'ossessione securitaria e della monocultura dell'austerity. é una freccia che attraversa luoghi, comunità, da qua all'Europa.
Solo concentrandosi bene sulla freccia potremo riuscire a colpire il bersaglio. E quel bersaglio è centrato sul quella che viene definita "efficacia dell'agire politico", ossia la capacità e la determinazione ad incidere positivamente sulle condizioni di vita delle persone, a praticare l'obiettivo del cambiamento. Non certo la riedizione di aggregazioni di sigle o personalità, bensì lo sforzo di rimettere assieme un popolo, quello della sinistra, e costruire dal basso un percorso comune. Sinistra Ecologia e Libertà si mette a disposizione, ci mettiamo a disposizione.

martedì 23 aprile 2013

la sinistra si ricostruisce dal basso senza intolleranza ma con accoglienza



Ieri vedendo la violenza verbale con la quale il comico pentastellato ha azzittato una imprenditrice accorsa ad ascoltarlo sotto il palco, e che chiedeva semplicemente risposte chiare e concrete ai suoi bisogni, ho avuto l'ulteriore conferma del fatto che il tipo di società che ha in testa Beppe Grillo non è la mia. Che l'uno vale uno non è democrazia ma anarcocapitalismo, che il suo discorso sul default sovrano, sull'ingerenza del turbocapitalismo globale altro non è se una sorta di revanchismo nazionalista. Oggi Beppe Grillo sta contribuendo . con la sua furia iconoclasta che travolge tutto e tutti, a far scomparire la sinistra, non solo quella politica, ma con il suo attacco ai "corpi intermedi" anche la sinistra sociale. Cooptando i temi dei movimenti sociali ed inserendoli in una retorica tutta propria, sta disinnescando anche la forza e la potenzialità degli stessi. Dovremo capire la domanda di politica che c'è dietro chi oggi si affida a lui ed alla sua retorica, e sopratutto le aspettative che genera anche in ampi settori della sinistra , perché parte di quel popolo è il nostro popolo, deluso, illuso, disorientato. Sta a noi proporre un processo largo, ampio, spazi accoglienti di confronto, di ricognizione della sinistra sociale e diffusa, fuori da ogni forma di ideologismo o postideologismo. Nella società reale, nei conflitti, e nei luoghi della crisi. Nei buchi neri del liberismo. E rivendicare la nostra visione della società, di un nuovo spazio pubblico, di democrazia reale e non mediata, di partecipazione attiva e non virtuale, di superamento del neoliberismo e del modello dominante, di cittadinanza universale, di Europa.

Europa, Sinistra, Ecologia e Libertà




Lo scorso weekend si è tenuto a Barcellona il congresso dell'Iniziativa Verde Catalogna, un partito ecosocialista con il quale SEL intrattiene da anni una relazione proficua di scambio ed elaborazione comune.

In apertura dei lavori del Congresso è stato chiesto agli ospiti stranieri delegati di partiti amici di intervenire con un breve discorso di saluto.

Oltre a SEL, erano presenti rappresentanti del Frente Amplio dell'Uruguay, Partido Dos Trabalhadores del Brasile, Alianza Pais dell'Ecuador, Syriza della Grecia e dei Verdi Europei e Verdi tedeschi. IVC ha aderito ai Verdi Europei ma intende mantenere relazioni di scambio ed amicizia con partiti quali SEL che invece inizieranno il processo di adesione al PSE, e Syriza che aderisce al gruppo della Sinistra Europea. 

Quello che segue è il testo dell'intervento che ho fatto a nome di Sinistra Ecologia e Libertà.


E' un gran piacere per me salutarvi oggi a nome di Sinistra Ecologia e Libertà. Nel corso degli ultimi anni abbiamo sviluppato una forte relazione fondata sullo scambio reciproco e sulla solidarietà cosìccome su analisi, proposte e sfide comuni.

Ci unisce un'intepretazione della crisi attuale, una crisi di sistema, economica, finanziaria, ed ambientale complessa che richiede soluzioni innovative e radicali.
Ci unisce l'urgenza di affrontare le cause ma anche le ricadute nefaste della crisi, del predomonio del modello neoliberista ancor più degenerato nella finanziarizzazione di tutti gli aspetti dell'economia e della vita, della precarizzazione del lavoro e della vita.
Ci unisce il rifiuto della privatizzazione dei beni comuni, dall'acqua, alla cultura, alla casa, alla salute, alla natura.

Ci unisce l'urgenza di articolare una proposta politica ancorata alla giustizia sociale, la dignità, la giustizia ambientale come uniche chiavi per la ricostruzione di società giuste, libere, e capaci di futuro.
Noi in Italia stiamo vivendo una fase complessa, e non solo per gli 
effetti delle politiche di austerità del Fiscal Compact e della sua fedele e radicale applicazione. 

Stiamo nel mezzo di una crisi storica, della rappresentanza, della legittimità e credibilità della politica, una crisi della democrazia nella quale l'avanzata di forze quali il Movimento 5 Stelle è sintomo dell'inesistenza della politica in quanto processo continuo di costruzione critica di uno spazio pubblico. Lo spettacolo triste delle elezioni del presidente della Repubblica lo dimostrano con forza.

Però se è vero che viviamo in quello che Gramsci chiamava “interregnum” il passaggio da un modello all'altro, allora è vero che dalla crisi possono nascere opportunità.
In questo senso noi di SEL stiamo perseguendo contemporaneamente tre obiettivi.
Il primo è quello di costruire un soggetto di sinistra, forte nelle sue proposte ma realista e concreto nella sua azione politica volta ad incidere nelle condizoni materiali di vita delle persone.

Il secondo è quello di elaborare una cultura politica nuova che sia il risultato della convergenza e coabitazione feconda tra le culture delle sinistre, da quella socialista, a quella ecologista e quella libertaria.

Il terzo è di fare iniziativa politica, assieme a movimenti sociali e sindacali nel rispetto delle rispettive autonomie.
In politica internazionale abbiamo elaborato tre pilastri programmatici; pace e nonviolenza, solidarietà internazionale, e Stati Uniti d'Europa.

I tre pilastri sono intimamente connessi e rappresentano un cambio di paradigma nelle relazioni tra popoli e paesi, fondato sui diritti umani ed il diritto internazionale, la nonviolenza ed il disarmo nucleare e convenzionale, il taglio alle spese militari la rielaborazione della cooperazione onternazionale secondo i principi del debito ecologico e storico ed il partenariato tra i popoli. 

La nostra Europa è un'Europa federale, l'utopia concreta di Altiero Spinelli, un'Europa sociale piuttosto che fiscale, dei diritti civili, sociali culturali, economici ed ambientali per tutti e tutte, uno spazio di cittadinanza universale per i migranti e le seconde generazioni.
Un progetto di conversione ecologica dell'economia come suggerito anni or sono da uno dei nostri padri politici e culturali, Alex Langer.

Era di Langer anche la proposta di costruire una fratellanza mediterranea, e credo che questa debba essere la prospettiva che ci potrà aiutare a costruire processi e piani comuni che possano anche ispirarsi alle proposte ed iniziative lanciate nell'ultimo Forum Sociale Mondiale di Tunisi e che verranno dal prossimo AlterSummit che si terrà ad Atene a giugno. 

Il Mediterraneo dovrà essere un mare aperto, di relazioni giuste e nn un mare di morte, un cimitero di migranti.
Potrebbe essere uno spazio di confronto tra forze politiche e sociali nel Sud dell'Europa, che propongono alternative alle politiche neoliberiste, e del Nord del Maghreb che sta tentando di articolare nuove forme e pratiche politiche.

Insomma, per concludere, molte saranno le occasioni di lavoro e gli obiettivi in comune, le opportunità di scambio e collaborazione tra noi, e per questo che SEL guarda al vostro congresso con interesse come una nuova tappa di lavoro comune, e vi augura successo nelle vostre discussioni e decisioni.

lunedì 22 aprile 2013

Siria, un refuso dell’agenda della diplomazia internazionale



Arrivano oggi le notizie tremende, le immagini agghiaccianti di una nuova strage di innocenti in Siria. Una scia infinita di sangue e dolore che ci esorta a non lasciare che la tragedia del popolo siriano torni nel dimenticatoio dopo l’esito felice della liberazione dei quattro giornalisti italiani trattenuti per giorni da alcune milizie antigovernative. Non possiamo restare indifferenti alla sequela insopportabile di sofferenze, morte e distruzione, ai civili presi nel mezzo di una guerra senza esclusione di colpi. 
Sembra che la Siria sia ormai un refuso dell’agenda della diplomazia internazionale, intrappolata tra veti incrociati delle superpotenze, dall’incapacità dell’Europa di prendere una posizione netta per una soluzione politica del confitto, spaccata tra paesi che invece sostengono che l’unica ultima opzione sia quella di invertire l’asimmetria nell’uso della forza armata. Si creano coalizioni con nomi altisonanti, del tipo “Amici della Siria” dove ha spiccato in passato l’attivismo del per nulla rimpianto ministro degli esteri italiano Terzi di Sant’Agata. Coalizioni di paesi che pensano di risolvere la questione magari inviando armi, e sostegno più o meno “letale” a milizie la cui composizione appare tuttora estremamente disomogenea. E così facendo vanificano ogni altra ipotesi di soluzione politica.
Dal punto di vista militare il paese vive in uno stallo, A noi arrivano solo immagini di distruzione. Restano nascosti i tentativi della società civile siriana di ricostruire nessi, luoghi, solidarietà. Non abbiamo occasione di ascoltare la voce del popolo siriano, dei civili, il loro bisogni, il loro dolore. Di chi prova con tenacia e caparbietà a praticare la nonviolenza e la riconciliazione.
Ricordo però qualche giorno fa un articolo-reportage sugli artisti siriani a Damasco. Artisti che usano residui bellici per fare opere d’arte, che dipingono copie di quadri famosi di artisti famosi sulle facciate carbonizzate delle abitazioni civili. Esempi che ci dimostrano il desiderio incessante di tornare a vivere, a farsi sentire, a dire la propria.
Oggi dalla Siria ci arriva disperato un appello ad inviare aiuti umanitari, materiali sanitari, medici, per provare a alleviare per quanto possibile le sofferenze di quel popolo.
Eppure, basta leggere la dichiarazione finale dell’ultimo vertice dei ministri degli esteri del G8, tenutosi giorni or sono in Inghilterra, per avere ulteriore conferma del fatto che ormai il paese, il suo popolo, rischia di rimanere abbandonato a se stesso, con evidenti rischi anche per la stabilità di tutta la regione.
E’ l’eterno conflitto tra sovranità nazionale e responsabilità, tra diritto all’ingerenza umanitaria e rischio di uso strumentale dello stesso. In un certo senso la tragedia siriana è figlia incestuosa dell’intervento internazionale in Libia. Un intervento teso, piuttosto che a proteggere i civili, ad utilizzare quel pretesto per sostenere la rimozione manu militari di un regime, seppur sanguinario quale quello del Colonnello Gheddafi. Allora venne invocato il principo della responsabilità di proteggere, allora Cina e Russia si accodarono, non opposero resistenza. Oggi non è così con la Siria, proprio perché allora di quel principio venne fatto un uso improprio, tutto legato ad interessi geopolitici e geostrategici.
La tragedia siriana interroga quindi il mondo, le Nazioni Unite, la legalità internazionale, gli strumenti a disposizione della comunità internazionale per risolvere con la forza della diplomazia e del negoziato situazioni di conflitto, per proteggere i civili.
Intanto però mentre ci interroghiamo, il popolo siriano continua a morire. Ed allora fa ancor più scalpore l’inedito appello lanciato qualche giorno fa sulle pagine del new York Times da cinque direttori di altrettante agenzie specializzate delle Nazioni Unite, Valerie Amos, sottosegretario delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Ertharin Cousin, direttore esecutivo del Programma Mondiale per l’Alimentazione, Antonio Guterres, Alto Commissario ONU per i Rifugiati, Anthony Lake , direttore esecutivo del Fondo ONU per l’Infanzia, Margaret Chan direttore generale dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità.
Le loro parole parlano chiaro, e richiamano tutti noi ad un’assunzione di responsabilità, ora, subito. Ciononostante nessuna decisione è stata presa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quando – la settima scorsa si é  riunito per discutere della Siria, prima sulla situazione umanitaria e poi per ascoltare il rappresentante speciale di ONU e Lega Araba per la Siria Lakdar Brahimi.
Ecco il testo dell’appello:
“Ora basta
Dopo oltre due anni di conflitti, ed oltre 70mila morti, inclusi migliaia di bambini… opo che oltre 5 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case, incluso un milione e più di rifugiati che vivono in paesi adiacenti in condizioni estreme. Dopo tutte quelle famiglie fatte a pezzi, comunità rase al suolo, scuole ed ospedali distrutti, sistemi idrici devastati. Dopo tutto questo sembra ci sia tuttora uno scarso senso dell’urgenza di agire nei governi e negli attori che potrebbero porre fine alla carneficina ed alla crudeltà in Siria.
Noi, leader delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite incaricate di affrontare i costi umani di questa tragedia, facciamo appello ai leader politici coinvolti affinché si assumano le proprie responsabilità verso il popolo siriano ed i l futuro dei popoli di quella regione.
Chiediamo loro di usare la loro influenza per insistere su una soluzione politica a questa orrenda crisi prima che altre centinaia di migliaia di persone perdano le loro case, le loro vite, ed il loro futuro – in una regione già allo stremo.
Le nostre agenzie ed i nostri partner hanno fatto tutto il possibile, Con il sostegno di governi e persone abbiamo aiutato a dare alloggio ad oltre un milione di rifugiati, Abbiamo aiutato a fornire accesso al cibo ed a soddisfare altri bisogni di base per milioni di persone sfollate, dall’acqua ai servizi sanitari per 5 milioni e mezzo di persone in Siria e nei paesi vicini, a vaccini antipolio e contro il morbillo per oltre 1 milione e mezzo di bambini. Ma chiaramente questo non basta.
Aumentano i bisogni mentre le nostre capacità diminuiscono a causa della situazione di conflitto e per ragioni pratiche, oltre che alla scarsità di fondi. Siamo assai vicini, forse è questioni di poche settimane, alla sospensione parziale del sostegno umanitario.
Oggi non chiediamo più risorse, anche se ne abbiamo bisogno, Chiediamo qualcosa di gran lunga più importante dei fondi. A tutti coloro coinvolti in questo conflitto brutale ed a tutti i governi che possono esercitare influenza su di loro chiediamo:
In nome di tutti coloro che hanno sofferto e dei tanti il cui futuro è a rischio: Basta! Riunitevi, ed usate la vostra influenza, ora, per salvare il popolo siriano e la regione dal disastro.
Questo il testo originale:
“Enough. Enough.
After more than two years of conflict and more than 70,000 deaths, including thousands of children. … After more than five million people have been forced to leave their homes, including over a million refugees living in severely stressed neighboring countries … After so many families torn apart and communities razed, schools and hospitals wrecked and water systems ruined … After all this, there still seems to be an insufficient sense of urgency among the governments and parties that could put a stop to the cruelty and carnage in Syria.
 We, leaders of U.N. agencies charged with dealing with the human costs of this tragedy, appeal to political leaders involved to meet their responsibility to the people of Syria and to the future of the region.
We ask that they use their collective influence to insist on a political solution to this horrendous crisis before hundreds of thousands more people lose their homes and lives and futures — in a region already at the tipping point.
 Our agencies and humanitarian partners have been doing all we can. With the support of many governments and people, we have helped shelter more than a million refugees. We have helped provide access to food and other basic necessities for millions displaced by the conflict, to water and sanitation to over 5.5 million affected people in Syria and in neighboring countries, and to basic health services for millions of Syrians, including vaccinations to over 1.5 million children against measles and polio.
But it has not nearly been enough. The needs are growing while our capacity to do more is diminishing, due to security and other practical limitations within Syria as well as funding constraints. We are precariously close, perhaps within weeks, to suspending some humanitarian support.
 Our appeal today is not for more resources, needed as they are. We are appealing for something more important than funds. To all involved in this brutal conflict and to all governments that can influence them:
 In the name of all those who have so suffered, and the many more whose futures hang in the balance: Enough! Summon and use your influence, now, to save the Syrian people and save the region from disaster.”

venerdì 12 aprile 2013

UNA BARCA DI IDEE PER RIAPRIRE LA PARTITA A SINISTRA?


Fabrizio Barca  a Otto e Mezzo: cosa significa essere di sinistra? significa anche riconoscere il diritto alla resistenza quando lo Stato compie un'ingiustizia nei confronti dei cittadini. La Costituzione tedesca lo prevede. Significa mettere al centro i diritti dei cittadini e cittadine a fronte del paradigma europeo dell'austerità. Aspetto con interesse di leggere il suo documento. Da quel che ho sentito, e quel che ho già letto (ad esempio il modello rete di reti per l'organizzazione di un partito di sinistra), credo che sarà un contributo di grande importanza per riaprire le nostre partite.

mercoledì 3 aprile 2013

Porte girevoli



Revolving doors: militari che vanno, diplomatici che vengono. Insomma il passo dalla diplomazia all'industria bellica pare essere breve. Ora si vocifera della possibilità di dare a Giampiero Massolo, alto diplomatico già segretario generale della Farnesina il posto di presidente di Finmeccanica. Torna alla mente il caso di Castellaneta, allora consigliere diplomatico di Palazzo Chigi nonché membro del consiglio di amministrazione di Finmeccanica, per poi andare Ambasciatore a Washington. E curare i dettagli di un "deal" possibile con la Casa Bianca. Guarda caso, sempre a proposito di elicotteri.... Non sarebbe forse il caso di inserire qualche norma che regolamenti il sistema delle "revolving doors" o "porte girevoli"? E che inibisca per un dato periodo di tempo a militari di alto grado in congedo o diplomatici di poter ricoprire posti di executive nelle industrie militari? Altrimenti ci ritroveremmo sempre di fronte a generali "commessi viaggiatori". Non a caso sotto il dicastero di Di Paola infatti si è assistito ad un "boom" di missioni all'estero, accordi e negoziati per accordi di cooperazione nel settore della difesa.