sabato 20 settembre 2014

Cambiamo il sistema non il clima!

Firenze stravolta da una "bomba d'acqua". Stavolta poco c'entra il dissesto idrogeologico, ma molto c'entrano gli eventi estremi che caratterizzano questa fase ormai irreversibile nel ciclo dei mutamenti climatici. Dovremo limitarci ad adattarci, mitigare l'impatto? Oppure avere il coraggio di prendere un'altra strada? Gli Uffizi e Palazzo della Signoria danneggiati. Qual'è il vero petrolio del paese signor Presidente del Consiglio. Quello della storia, della bellezza, del territorio, o quello che dovrebbe restare sottoterra e che invece con il suo decreto SalvaItalia lei ed il suo governo vorrebbero pompare dalle viscere della Basilicata, o dall'Abruzzo, o dai mari di Sicilia ed Adriatico? Magari con tecnologie di prospezione ad alto impatto che qualche giorno fa avrebbero tanto spaventato un gruppo di capodogli al punto di farli riemergere rapidamente con conseguente spiaggiamento e per alcuni di loro morte per embolia? Oppure continuando ad alimentare il paese con gas naturale, con la fitta rete di gasdotti, TAP ed affini - gas naturale sempre proposto come "combustibile di transizione"per una transizion e verso un futuro libero da combstibili fossili sempre più lontano dalle menti dei nostri decisori politici. Domani si marcerà per il clima e la giustizia climatica in mezzo mondo. Credo sia giunto il momento di rilanciare una campagna nazionale per contrastare l'avanzamento della frontiera petrolifera nel nostro paese, in sostegno alle comunità che resistono, in supporto alle vere economie di transizione. Insomma cambiamo il sistema non il clima.

venerdì 19 settembre 2014

Il diritto alla salute è sacrosanto, altro che rientro sul debito!

Tagliare le spese per la sanità ( o meglio per il diritto sacrosanto alla salute) e le pensioni per rientrare sul debito è un crimine contro l'umanità. Basti pensare alle denunce della prestigiosa rivista Lancet rispetto all'impatto dei piani di austerità sul sistema sanitario greco, italiano e spagnolo. Vale la pena di ricordare anche che qualche anno fa il Consiglio ONU sui Diritti Umani aveva adottato una risoluzione su debito e diritti umani che riconosceva chiaramente che i governi dovranno mettere al primo posto i diritti dei propri cittadini e cittadine rispetto agli interessi dei mercati e della finanza. Eppoi di recente l'Assemblea Generale delle NU ha adottato una risoluzione sul debito pubblico, nella quale si propone una procedura di arbitrato indipendente. Vero è che tale risoluzione si fonda principalmente sul caso dei fondi avvoltoio in Argentina, ma applicabile anche in altre circostanze. Allora signor Presidente del Consiglio ci pensi su bene prima di dare seguito alle raccomandazioni della signora Lagarde che andrebbero rimandate al mittente con forza e determinazione.

giovedì 18 settembre 2014

Scottish pride, in the name of love

Scottish pride. Per una Scozia repubblicana, progressista, libera dal nucleare. Esistono varie forme di nazionalismo, quello becero, identitario e xenofobo, e quello "positivo" fondato su presupposti di giustizia, internazionalismo, rispetto della propria identità ma anche apertura al mondo. Questo mi pare sia il caso dei movimenti per il si in Scozia. Una scossa forte all'establishment di Londra, alla loro ostinatezza a tenersi la loro sterlina, le loro flotte nucleari, le loro centrali nucleari, la loro regina. Una Scozia indipendente che entra a far parte dell'Unione Europea, metterà in discussione la propria appartenenza alla NATO. Che vivrebbe una contraddizione, certo. quella di fondare il suo benessere possibile sul petrolio, né più e né meno come la Norvegia. Una contraddizione da tenere a mente. Ne parlai con un mio amico e collega di lavoro scozzese qualche tempo fa. Mi disse, guarda ci sarà una sorpresa. Ma la cosa interessante che mi disse riguardava la decisione del governo scozzese di dare in affidamento a cooperative auto-organizzate la gestione e tutela di terre comuni, intere isole, ricoosciute come "commons". Sulle due forme di nazionalismo, ricordo un saggio assai illuminante e "visionario" di John Ralston Saul, un giornalista canadese, che nel suo "The end of globalism" del lontano 2005 già prefigurava a fronte della caduta del mito della globalizzazione, l'insorgere i varie forme di ritorno allo stato nazionale. Credo che nel caso scozzese, vadano invece indagate le radici "sociali" e "di sinistra" del movimento indipendentista, per evitare di cadere in facili malintesi o intepretazioni di comodo. Fatto sta che anche in questo caso, come nel caso del Kurdistan, dell'Iraq, dei Balcani, del Medio Oriente, dell'Africa, dell'Asia Centrale, l'elemento cardine della politica estera e non solo, lo stato-nazione si dimostra essere un contenitore ormai incapace di cogliere le trasformazioni del concetto di cittadinanza, appartenenza e autonomia. Sarà pertanto urgente elaborare nuove categorie, quali quella del country-state, "stato-paese" ad esempio.

Casta e rappresentanza: gli equivoci di Renzi

Allora, una cosa non capisco. tutta sta retorica contro la casta, che i parlamentari devono lavorare, che sono lontani dalla quotidianità, non comprendono la realtà dei cittadini comuni. E' vero, per averlo sperimentato per ben sette anni, ll rischio di vivere in una bolla è alto, l'urgenza di tenere i piedi ben saldi nella realtà pure. Io ho avuto due fortune. Una quella di avere come riferimento una rete di movimenti e società civile che mi indicavano la direzione. Ed una rete di "amazzoni", già di donne, amiche, compagne, la mia compagna, le donne della mia famiglia, attiviste che a volte anche bruscamente decomponevano ogni possibile incrostazione "istituzionale", e mi tiravano fuori da quella bolla. Oggi il piano di Renzi per far rispettare il suo ruolino di marcia e mettere al lavoro i parlamentari 5 giorni a settimana h24 mi pare un ulteriore attacco all'autonomia del Parlamento, e paradossalmente , chiudendo gli eletti e le elette in una campana di vetro, accessibile solo a pochi, preferibilmente alle lobby di turno li fa tornare ad essere "casta". Il Parlamento ed il parlamentare diventerebbero così entità a sé stante, ai suoi servizi. I parlamentari in quanto rappresentanti del popolo devono avere tempo, energie e risorse per incontrare il popolo, dialogare, toccare con mano, creare relazioni essere presenti nei luoghi di conflitto, contraddizione e ingiustizia. Questo è il modo per restituire senso alla politica ed alla rappresentanza

martedì 2 settembre 2014

Ucraina. La neutralità unica via d'uscita, ma come?

Ok ora che Russia e NATO incrociano le sciabole, e forte è la retorica delle armi e della forza. è il caso di riparlare seriamente dell'unica vera prospettiva per l'Ucraina, quella della neutralità attiva o al limite di "doppia partnership". Il concetto è chiaro, si rifà non tanto all Finlandia ma all'Austria del dopoguerra, l'approccio è stato elaborato il punto è decidere come ci si arriva. Anzitutto evitando di almentare il fuoco della politica di potenza, e il rapido U turn di Mrs PESC di oggi certo non aiuta. Poi definire e obbligare le parti in conflitto  ad un cessate il fuoco, sostenere un processo di riconfigurazione dell'assetto territoriale dell'Ucraina che preveda una confederazione con status di autonomia per le provincie "russofone" simile all'Alto Adige, si faccia chiarezza sulle corresponsabilità in crimini contro l'umanità e crimini di guerra da ambo le parti (ossia la cosiddetta "transitional justice"), si disarmino le forze paramilitari da ambo le parti, e si definisca con un processo negoziale sotto la tutela delle Nazioni Unite che preveda il riconoscimento dello status di paese neutrale per l'Ucraina

Quello che Renzi non dice sulle politiche del lavoro in Germania

Dice Matteo Renzi: il nostro esempio per le politiche sul lavoro è la Germania. Ma lo sa Renzi che la Germania è solo seconda all'Italia in termini di "working poor"? E che per cercare di ovviare al problema - quello di salari così bassi da non permettere di poter avere una vita dignitosa - la Germania ha deciso di adottare un salario minimo di 8,50 euro l'ora, fino a ieri inesistente? Certo questa era la condizione principale per l'accordo di Grosse Koalition tra la Merkel e l'SPD. Resta il fatto che minijobs e flessibilità non funzionano neanche nel modello tedesco, e parliamo della Germania dove il welfare state ancora supplisce seppure in parte, ed i fondamentali macroeconomici nulla hanno a che vedere con la recessione cnostrana. Allora, prima di strizzare l'occhio alla Merkel, per tentare di imbonirla su dossier assai pesanti (lo scambio tra Merkel e Draghi e la pantomima della telefonata stanno là a dimostrarlo) si provasse a cambiare la prospettiva. E leggere il tema lavoro dalla lente dei diritti e della dignità di chi lavora ed anche di chi lavoro non ce l'ha (vedi ad esempio attraverso il reddito di cittadinanza) , non viceversa.

lunedì 1 settembre 2014

La nemesi storica della NATO

La prossima settimana si terrà in Galles il summit annuale della NATO. Un incontro che - si prevede - sarà quasi esclusivamente centrato sull'Europa dell'Est e la crisi ucraina. "Back to square one", direbbero a Washington, o forse una nemesi storica, per riassumere in tre parole la NATO di domani Quella di ieri l'altro - dopo la tanto teorizzata "fine della storia" per dirla con Fukuyama, era in cerca disperata di una nuova mission dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del Patto di Varsavia, Quella di ieri interveniva in maniera fallimentare in Afghanistan, prima operazione "out of area and out of mission", e poi di volta in volta tentando di riconfigurarsi come "fornitore globale di sicurezza". Libia docet. Oggi si torna da capo. Il nemico è lì dietro agli Urali, la cortina di ferro diventa una frontiera indefinita, fissata dalla NATO con la sua strategia di allargamento ad est e da Putin con la forza muscolare delle sue armate o della pressione sugli approvvigionamenti energetici. Così vedremo anche forti pressioni per aumentare le spese militari, fino al 2% del PIL. E notare bene, in un "op-ed" recentemente pubblicato dal Wall Street Journal a firma di Fogh Rasmussen e del comandante militare NATO Philip Breedlove si parla del nuovo pericolo ad Est, ma non si cita neanche di striscio l'Afghanistan, forse ad esorcizzare il fallimento della strategia di riconfigurazione del mandato della NATO. Con che posizione andrà l'Italia? Sull'Afghanistan ad esempio, come verrà gestito il passaggio tortuosissimo - viste le forti diatribe sulla convalida delle elezioni presidenziali nel paese - da ISAF alla missione di addestramento alla quale l'Italia ha già detto di voler partecipare con propri militari? Con la Libia alle porte, risultato evidente di ulteriore fallimento della cosiddetta "mission creep"? Tra le tante tracce di analisi che questi sviluppi offrono, due elementi possono essere presi in considerazione. Uno riguarda il rischio che tornando alla sua vecchia "raison d'etre", la NATO ritroverà legittimazione politica e pretesto per chiedere maggior fondi nel suo ruolo di alleanza militare, ricompattando forse anche i paesi membri più recalcitranti dietro un obiettivo comune, e riportando indietro di anni anche l'analisi geopolitica e geostrategica. Così verrà tenuta in ostaggio anche la prospettiva di un'Europa che si possa liberare un giorno dalla cappa della NATO e degli Stati Uniti e diventare soggetto terzo di vera mediazione nei conflitti. Mentre Obama fatica a tenere l'asse del "Pivot" asiatico in chiave anticinese. E' difficile poter immaginare quale spazio potrà esserci per un'alternativa pacifista in questo scenario, nel quale la prospettiva di una politica europea di sicurezza comune è ancora lontana, come anche la revisione dei Trattati, in quella che si preannunciava come legislatura costituente ed invece rischia di restare ancorata alla discussione tra austerità e crescita. Eppoi sulle spese militari, il Pentagono ormai ha due budget uno per il riarmo per guerre convenzionali con deterrente nucleare e via dicendo, l'altro per le guerre asimmetriche. Per i paesi NATO ai quali si chiederà di aumentare le spese militari , e di contribuire al contempo all'annunciato "readiness action plan" verso Est , potrebbe significare doppia configurazione strategica, con alti costi finanziari e politici. Per quanto ci riguarda, questo elemento evidenzia più di una contraddizione. Quali prospettive infatti ci possono essere in questo scenario per un'approccio diverso alla sicurezza e per un rilancio dell'opzione di disarmo nucleare? Giacché l'Italia ospiterà bombe atomiche USA di nuova generazione su F35 riconfigurati che potranno arrivare a Mosca. Allora quale possibile ruolo di "mediazione" così tanto caldeggiato dalla neonominata Mrs PESC sarà possibile se l'Italia - stando così le cose - diventerà la punta avanzata del deterrente nucleare NATO e USA? Insomma una questione che non potrà essere facilmente liquidata a colpi di hashtag.