lunedì 19 novembre 2012

Dinnanzi al dolore degli altri (Grazie Susan Sontag e Judith Butler!)

Non posso accettare l'uso pornografico del dolore altrui. Prima perché toglie dignità a quelle che vengon raffigurate solo come vittime di guerra. Eppoi perché non aggiunge nulla al dramma che sta vivendo il popolo palestinese né aiuta a trovare una soluzione. 

Arte del post-apartheid

Refuse the hour" di William Kentridge è un capolavoro di immagini, suoni, storia e filosofia della scienza, delle relazioni post-coloniali. C'è molta "rainbow society" sul palco allestito dall'artista sudafricano, molta speranza. Una cosa impossibile quale decennio fa ai tempi dell'apartheid, un istante solo nello spazio annullato tra passato e presente nel quale si snoda la "performance" collettiva, piena di suggestioni tra Tristan Tzara ed il contemporaneo, Kara Walker in particolare. Un intreccio suggestivo di arte, conoscenza, mitologia, tempo, spazio, geografie ed archivi della memoria, dove c'è anche l'Europa, potenza coloniale ormai in profonda crisi. E "Vertical thinking" al MAXXI non è da meno.

domenica 18 novembre 2012

Il diritto di vivere in pace


Gaza muore sotto una miscela micidiale di accondiscendenza della comunità internazionale ancora congelata nel mantra dei due stati per due popoli, opzione ormai impraticabile, le imminenti elezioni in Israele, il sostegno dato dal Qatar ad Hamas, dopo una visita senza precedenti a Gaza, il compimento delle elezioni negli States, e la nuova “offensiva” diplomatica di Abu Mazen per il riconoscimento di status speciale della Palestina presso le Nazioni Unite.
E’ stato abile Nethaniahu: per mesi e mesi ha propinato alla comunità internazionale la minaccia di un attacco atomico iraniano, facendo passare in secondo piano il dramma palestinese e chiedendo a Washington di assecondare la sua linea. Ora scarica sulle popolazioni civili di Gaza il suo potenziale di fuoco. E come sempre chi resta nel mezzo sono le popolazioni civili.

I pischelli del movimento


ieri sera mi fermano due pischelli nelle strade del rione. Monti Mi mostrano due bicchieri di plastica con dei soldi, Dico boh, nà colletta per andare a fare bisboccia, (aho era pure sabato sera, ed eravamo al centro del quartiere della "movida") o con una percezione errata del tempo, "sarà pei cento ggiorni dall'esami?" Macché mi sorridono, stamo a occupà il Leonardo da Vinci. Guarda è nà cosa seria, invitiamo pure i professori universitari. Ed io li invito a continuare a farlo. E ricordo anche nel corteo dell'altro giorno, delle ragazze che l'immaginario collettivo e l'immagine omologata delle periferie vede condannate allo "struscio" a via del Corso, prendere il megafono e chiedere che la scuola resti pubblica, perché vogliono studiare, e costruirsi un futuro migliore. Insomma, queste cose devono far riflettere, a fondo, Sono processi importanti, da accompagnare con saggezza e rispetto, senza mettere cappelli o farsi tentare da manie di cooptazione. Altrimenti saremo anche noi responsabili della loro disillusione. E dopo per loro non resterà altro che un'esistenza senza prospettive. Bello il film "Ali ha gli occhi azzurri", duro e concreto allo stesso tempo.

giovedì 8 novembre 2012

Cancellare il debito, liberare le vite



(questo è il testo integrale di un articolo pubblicato in versione ridotta su PubblicoGiornale del giorno 8 novembre 2012)


La notizia sembra riportarci indietro di un decennio, quando l’intera opinione pubblica mondiale osservava le immagini della rivolta che attraversava l’Argentina, il progressivo immiserimento di milioni di persone, un paese strozzato dal peso del debito. Allora il karma nero della crisi finanziaria e degli effetti nefasti delle politiche neoliberiste si stava accanendo con inesorabile frequenza su economie e paesi emergenti o impoveriti. La ciclicità delle crisi finanziarie era un dato di fatto come le evidenti corresponsabilità del settore finanziario sempre più libero da lacci e lacciuoli, di un intera classe di broker ed intermediari che non esitarono a giocare sulla pelle di milioni di persone per rimpinguare le loro casse e quelle delle banche loro clienti.

L’Argentina fu il caso emblematico delle corresponsabilità del Fondo Monetario Internazionale, di governi dittatoriali che nel corso degli anni accumularono un enorme debito odioso verso le loro popolazioni, dei gestori di fondi pensione che promettendo - attraverso l’acquisto di bond argentini - guadagni degni di nota a poveri pensionati nel nostro paese, misero gli uni contro gli altri, migliaia di piccoli risparmiatori e pensionati italiani e milioni di argentini immiseriti.

Le notizie che ci arrivano dal Ghana sono lì a dimostrare ancora una volta quello che da sempre gli attivisti per la cancellazione del debito affermano, ossia che il debito estero è un debito eterno (“Deuda externa – deuda eterna”) Il caso riguarda il sequestro da parte delle autorità del Ghana di una nave militare scuola della marina argentina, la “Ara Libertad” ferma da oltre tre settimane in un porto nei pressi di Accra per un ordine esecutivo di un tribunale locale emesso in seguito ad un’ istanza presentata da un fondo di investimento delle isole Cayman che rivendica un credito di 370 milioni di dollari nei confronti del governo argentino. Il fondo NML è in possesso di bond del tesoro argentini oggetto di una procedura di default da parte del governo argentino nel 2001, e chiede un corrispettivo di valore pari a 20 milioni di dollari in cambio della cancellazione dell'istanza di pignoramento della nave. Secondo i gestori del fondo quei bond non sarebbero stati inclusi nelle procedure di ristrutturazione del debito conseguenti alla crisi del 2001-2002 quando l'Argentina si vide obbligata a dichiarare l'impossibilità di ripagare i propri debiti.

Il caso è arrivato anche alle Nazioni Unite in occasione di una missione del ministo degli esteri argentino Hector Timerman che ha accusato i gestori del fondo di violazione delle regole internazionali sull'immunità diplomatica e denunciato l'illeggittimità della procedura di pignoramento da parte di fondi-avvoltoio. Questi fondi , in inglese “vulture funds”, speculano su titoli di stato a rischio comprandoli a valori inferiori fino al 20% del loro valore nominale cercando poi di ottenere il loro valore originale in valuta. Nel frattempo la nave resta all'ancora, l'equipaggio è stato autorizzato a lasciare il paese, ed a Buenos Aires alti funzionari della marina e dei servizi segreti si sono dovuti dimettere dopo le rivelazioni di stampa secondo le quali alle autorità argentine era ben chiaro il rischio di pignoramento in Ghana e nonostante tutto avrebbero dato indicazioni alla nave militare di dirigersi verso quel paese. E ancor più recente la notizia secondo la quale la Elliott starebbe tentando di ottenere un'ingiunzione di pignoramento per un'altra nave militare argentina, la Atlassur IX ora attraccata in un porto sudafricano dopo un'avaria.Il fondo Elliott Associates non è nuovo a queste operazioni senza scrupoli. In passato ha acquistato una porzione del debito sovrano peruviano ad un valore nominale di 20 milioni di dollari per 11 milioni di dollari per poi riuscire a riscattare, dopo lunghe trattative e procedure legali, oltre 58 milioni di dollari comprensivi degli interessi maturati. L'Argentina rischia lo stesso trattamento in altri paesi nei quali sono in corso cause legali per il recupero di crediti, quali Germania, Francia, Italia.

In totale l'Argentina ha deciso di non ripagare il suo debito estero per un valore totale di 144 miliardi di dollari Nel 2012 oltre il 90% dei crediti vennero ristrutturati, ma alcuni dei creditori rifiutarono di partecipare all'operazione. Accanto alla Elliott Associates di proprietà di un multimiliardario Paul Singer (che si distinse in passato per la ristrutturazione di Telecom Italia) un'altro fondo potrebbe rivalersi sull'Argentina, il Dart, che ha già effettuato operazioni simili sul debito sovrano della Grecia. . In questo caso non sarà facile, visto che il governo argentino si rifiuta di pagare crediti associati a fondi speculativi, quali il fondo-avvoltoio NML.

Il caso della Libertad, permette di riaprire una finestra sul tema del debito, una delle principali modalità di dominio coloniale ed economico da parte del cosiddetto Nord del mondo verso i paesi del Sud, molti di questi ex-colonie, e di accesso alle risorse naturali e settori produttivi chiave di quei paesi. Si sperava che a seguito delle grandi mobilitazioni della campagna Jubilee nel 2000 e delle iniziative prese dalle istituzioni internazionali e dai governi creditori lo spettro del debito estero fosse scomparso del tutto nei paesi più poveri. Invece così non è. Gli ultimi dati della Jubilee Debt Campaign mostrano un drammatico aumento del debito nei confronti del settore privato, al punto che si prevede che il volume di pagamenti per il serivizio del debito privato dei paesi più poveri possa aumentare di ben ⅓ nei prossimi anni. Già ora paesi come Etiopia, Niger o Mozambico pagano per il servizio del debito tanto quanto pagavano prima del 2000.

Un dramma che oggi colpisce anche noi, cittadini di un paese ancora creditore verso l'Argentina, e “debitore” nei confronti della Banca Centrale Europea e di grandi banche internazionali, in una nemesi storica che ci vede ora sottoposti agli stessi trattamenti lacrime e sangue ai quali il Fondo Monetario Internazionale ha per decenni sottoposto milioni di persone, pregiudicando le possibilità di sviluppo e emancipazione di interi paesi. L'Argentina è stata forse l'esempio più evidente e mediatizzato, anche grazie alla presenza massiccia di emigrazione italiana in quel paese, e dall'Argentina sono partite le prime grandi iniziative per affrontare in maniera alternativa il tema del debito, rimettendo al centro il diritto delle persone ed il diritto internazionale.

E' in quel paese che per la prima volta si è tenuto un processo , una causa intentata da un cittadino argentino Alejandro Olmos in quello che si è trasformato nel primo giudizio legale contro il debito estero della storia. Nel corso del procedimento gli avvocati di parte hanno acquisito una miriade di dati, informazioni, dossier che hanno dimostrato la connivenza di banche ed imprese straniere con i regimi dittatoriali che si sono succeduti nel corso degli anni. Dopo 18 anni di indagini il giudice Ballestreros emise nel 2000 una sentenza storica nella quale si dichiarò per la prima volta l'illegittimità del debito estero e la corresponsabilità del Fondo Monetario Internazionale ed altri organismi finanziari, rei di aver concesso prestiti illeciti e fraudolenti. Si legge nella sentenza: “Il debito estero della nazione è risultato essere notevolmente aumentato a partire dal 1976 attaverso la strumentalizzazione della politica economica del paese che (...) hanno esso i ginocchio il paese attraverso vari metodi (...) e che tendevano tra l'altro a sostenere e beneficiare imprese private nazionali e straniere, a discapito delle imprese di stato”. Ispirati dal caso Olmos Ballestreros, i movimenti internazionali per la cancellazione del debito – a fronte di politiche ufficiali volte ad affrontare il tema in termini esclusivamente finanziari e contabili – elaborarono una serie di proposte ed ipotesi di lavoro che, riprendendo lo spirito del giudizio Ballestreros, avrebbero offerto la possibilità di una riappropriazione da parte dei cittadini dei meccanismi di indebitamento e per la rivendicazione delle responsabilità storiche dello stesso.

Si iniziò a parlare di “auditoria de la deuda” ossia “audit del debito”, di FTAP (Fair and Transparent Arbitration Procedures), procedure di arbitrato eque e trasparenti ispirate al capitoli 11 del codice statunitense di diritto fallimentare, di tribunali internazionali sul debito. Insomma si sviluppò una giurisprudenza alternativa sul debito ed il diritto internazionale , che tenesse contro dell'impatto dello stesso sui diritti umani, del debito illegittimo (ossia correlato ad investimenti fraudolenti o caratterizzati da corruzione o gravi conseguenze socio-ambientali) e del debito odioso (contratto cioé da regimi dittatoriali e pertanto inesigibile) . Non a caso questo insieme di elaborazioni e proposte ebbe un esito concreto in uno dei paesi sudamericani nei quali grazie al lavoro dei movimenti sociali ed indigeni nazionali e di tutto il mondo, il tema del debito era diventato il fulcro di proposte di rinnovamento dello stato e di recupero del controllo pubblico sull'economia e sulle politiche sociali e di sviluppo.

Dal primo discorso di insediamento del presidente dell'Ecuador Rafael Correa nel 2007 dedicato in grandissima parte al debito estero, alla sua illeggittimità, ed alle corresponsabilità del Fondo Monetario Internazionale della Banca Mondiale alla costituzione della prima commissione indipendente di “audit” del debito ecuadoriano, il passo fu breve. Così con un lavoro congiunto e sostenuto dal contributo di movimenti sociali internazionali, ed esperti giuristi di altissimo livello, la CAIC (Comision para la Auditoria Integral del Credito Publico) svolse un esame accurato dei debiti accumulati dal paese nel corso degli anni, da quello commerciale, a quello interno accumulato con l'emissione di bond governativi, a quello multilaterale, contratto con prestiti dalle istituzioni finanziarie internazionali, quali la Banca mondiale, al debito bilaterale. Il lavori si conclusero con un dossier dettagliatissimo su una serie di debiti illegittimi e quindi non esigibili, sui quali il governo ecuadoriano s’ impegnava a non sottostare a richieste di rimborso.
Tra questi ai primi posti era un credito di aiuto della cooperazione italiana concesso la costruzione della centrale idroelettrica Marcel Laniado parte del complesso infrastrutturale di Daule Peripa . L'opera costruita da Impregilo con la partecipazione di Ansaldo nel corso degli anni ha causato gravi danni sociali ed ambientali alle comunità ed agli ecosistemi locali.

Il primo caso di cancellazione di crediti di un paese debitore in seguito alla dichiarazione della sua illegittimità da parte di una commissione di inchiesta creata nel paese “debitore” fu invece quello correlato alle attività dell'agenzia di credito all'esportazione norvegese la GIEK che in seguito al sostegno all'esportazione i 156 navi e equipaggiamenti verso 21 paesi tra il 1976 ed il 1980 era stata ritenuta responsabile di gravi danni ambientali. Di conseguenza il governo norvegese decise unilateralmente di cancellare i suoi crediti verso Ecuador, Egitto, Giamaica, Peru e Sierra Leone. Era il 2006. Più di recente, lo scorso agosto, il governo norvegese ha annunciato la creazione di una commissione pubblica di “audit” del debito estero. Per la prima volta nella storia un paese creditore svolgerà un esame dei propri crediti, onorando un impegno annunciato fin dal 2009 all'indomani della nomina del governo di centrosinistra di Jens Stoltenberg. Sulla base di questo “audit” verranno proposte linee guida più stringenti per la “responsabilizzazione” dei prestiti e concessione di crediti d'aiuto come già fatto dall’UNCTAD, ente ONU che su sviluppo e commercio.

Il caso della Norvegia non è isolato. Come in un domino, iniziative per l'audit pubblico o cittadino del debito si stanno susseguendo in varie parti del mondo. In Pakistan ad esempio, dove l'Assemblea Nazionale ha annunciato l'intenzione di creare una commissione di indagine sui costi e benefici dei crediti concessi al paese e dei pagamenti del debito dal 1985. Si calcola che il 12 percento delle entrate nelle casse del governo nel 2010 siano andate perse nel servizio del debito estero pari a 3 miliardi di dollari. La cifra aumenterà nel 2013 quando andranno in scadenza dei rimborsi dovuti al Fondo Monetario Internazionale. (3.8 miliardi di dollari). Gli appelli ad un “audit” pubblico del debito hanno attraversato anche le piazze di Egitto e Tunisia.

In Egitto la Campagna Popolare per la cancellazione del debito ha lanciato un appello per un “audit” del debito estero egiziano, contratto nel corso dei 30 anni di dittatura di Hosni Mubarak, per un ammontare di 35 miliardi di dollari. In Tunisia gli appelli dei movimenti sociali hanno avuto buon esito.  Il governo tunisino ha annunciato, sempre nell’agosto di quest'anno, di istituire una commissione di “audit” del proprio debito estero (14,4 miliardi di dollari pari al 33 percento del PIL) per definire quali porzioni possono essere considerate debito “illegittimo” . O “odioso” , in quanto accumulato a seguito delle attività illegali della famiglia del deposto Ben Ali ad esclusivo vantaggio dei propri membri. In tal caso quei debiti non saranno ripagati. Quasi a chiudere il cerchio è arrivata subito dopo l'offerta- su richiesta del presidente tunisino - del Presidente dell'Ecuador Rafael Correa di fornire assistenza tecnica al governo tunisino nei negoziati per la rinegoziazione del proprio debito estero.

A livello europeo ed euromediterraneo, sia in prossimità delle giornate di Firenze 10+10 relative al Decennale del Forum Sociale Europeo che per coordinare le proprie attività, si svolgeranno nelle prossime settimane incontri congiunti delle varie campagne per l'audit del debito pubblico, da quella spagnola a quella greca, alle varie iniziative in corso in Italia (da Smonta il Debito, a Rivolta il Debito, a Congela il Debito) , in Irlanda (dove già in passato è stato svolto un “audit” cittadino sul debito), Inghilterra, Portogallo, Marocco. Giacché quello che fino a qualche anno fa erca considerato un tema a proprio dei cosiddetti paesi in via di sviluppo, sta colpendo duramente i paesi cosiddetti PIIGS, con effetti devastanti sulla spesa pubblica, il welfare, i beni comuni. Ora come non mai le antiche distinzioni tra un Nord ricco del pianeta ed un Sud impoverito vengono meno sotto i colpi di un sistema finanziario speculativo senza freni, e che non conosce frontiere, e pone a serio rischio i nostri diritti umani.

A tal riguardo va sottolineato come con una decisione senza precedenti il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel luglio scorso ha adottato - con il voto contrario di Stati Uniti , otto stati membri dell 'Unione Europea , Svizzera e la Moldavia - un'importante documento su debito e diritti umani. Nel documento si fissano criteri per la garanzia dei diritti umani a fronte degli obblighi di pagamento del debito si raccomanda di tenere “audit” periodici e trasparenti sul debito, adottare moratorie sul pagamento del debito e misure atte a accertare le corresponsabiità di creditori e debitori e l'obbligo di assicurare che il peso del debito non impedisca ai paesi di dare attuazione ai propri obblighi internazionali relativi ai diritti umani, e che ogni paese possa essere messo in grado di decidere quali debito vadano considerati odiosi e quali illegittimi.

Mai come ora la questione del debito diventa questione essenzialmente politica, sottende l'urgenza di un processo di liberazione collettiva, e personale, nel quale il ripudio del debito è il primo passo verso la costruzione di un'alternativa ed il recupero del controllo delle proprie esistenze e del proprio futuro. Ce lo dicono chiaramente David Graeber nella sua opera sui primi 5000 anni di stori del Debito ed il movimento Occupy Wall Street che di recente si è trasformato in Strike the Debt. Dalla rivista del movimento, “Tidal”, si legge che “il debito non è personale, è politico. E' un sistema volto ad isolarci, azzittarci, impaurirci al punto di sottometterci agli istituti di credito. Ora è giunto il momento per tutti noi di uscire dall'ombra assieme. Il debito è immorale, è servitù per contratto. Una sorta di schiavitù”. Pare di risentire le parole del compianto Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso di cui di recente ricorreva il venticinquesimo anniversario dell'assassinio, e che nel suo epico discorso sul debito fatto di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite disse: “Pensiamo che il debito (...) sotto la sua attuale forma, sia intelligentemente usato per riconquistare lafrica, allo scopo di sottomettere le sue possibilità di crescita e sviluppo a regole straniere. Così ognuno di noi diventa schiavo finanziario, il che equivale a dire un vero schiavo”.


sabato 3 novembre 2012

democrazia reale


Qui a Tunisi, parlando con un'attivista palestinese: “tu hai detto cose dalla prospettiva di chi sta 150 anni avanti a noi” – mi dice – “cose che ci stimolano assai. Noi in Palestina non abbiamo più prospettive: due stati? Uno stato? Sopravvivere alla quotidianità? Noi stiamo ancora all'inizio del cammino rispetto a voi”. Io le dico :”Guarda, voi sarete pure all'inizio, noi stiamo camminando in un sistema democratico che perde continuamente colpi, che ci si sta disfacendo tra le mani. Quindi non siamo noi che possiamo dare l'esempio, però neanche dobbiamo sentirci autorizzati a distruggere le vostre giuste aspettative. Se non riconosciamo questo , non sarà possibile capire come camminare assieme”. Se c'è una cosa che porto a casa da quest'incontro intenso, complesso, con varie realtà del mondo arabo e non, è che a casa nostra dovremo tornare - con umiltà ma determinazione - ai fondamentali della democrazia e della convivenza civile. Back to the basics, back to the future, altro che rottamazione

chiudere i CIE


oggi arriva la notizia dela chiusura del CIE di Lamezia Terme. Finalmente! E che a questo seguano altri. Ricordo una visita all'allora CPT di Lamezia. La rivolta scoppiata mentre ero all'interno, le minacce pesanti del direttore del centro, i caabinieri che mi trascinano via. la lettera al Prefetto nella quale chiedevo che fossero presi provvedimenti. Le risposte vaghe. Ora il Ministro degli Interni lancia una task force sui CIE, ma quello fu già fatto con la Commissione Amato-De Mistura in seguito al lavoro sul libro bianco sui CPT. Che anch'esso poi si tradusse in misure correttive e non nella radicale messa in discussione dell'istituto della detenzione amministrativa. Così dai CPT siamo arrivati ai CIE. Signor Ministro non c'è bisogno di reinventare la ruota, si limiti a scendere da quel carro. I CIE vanno chiusi punto e basta.