domenica 28 giugno 2015

Un referendum per la Grecia, un passo insieme al popolo greco per un'altra Europa

Ecco perché il referendum greco è il nostro referendum. E' un referendum per riaffermare le ragioni dell'autentico progetto europeo, solidale, di giustizia, contro un tentativo di colpo di stato eterodiretto, stavolta non con i "tanks" ma con le "banks". I tre i pilastri centrali dell'antica democrazia greca erano , il "nomos"; l'"ethos", ed il "demos", la legge, l'etica, il popolo.  Se oggi il "nomos" lo detta la Trojka, l'"ethos" è quello della finanza e dell'austerity, spetterà allora al "demos", al popolo, il compito di dare l'impulso per una rifondazione dell'Europa. Un progetto che era nato per mediare tra democrazia e mercato, tra ricerca del profitto e giustizia sociale. Questo progetto è stato scientemente distrutto e spetta a noi l'opera difficile di ricostruzione, non più mediando, ma anteponendo definitivamente la giustizia sociale e la democrazia reale. Il nostro impegno accanto al popolo greco quindi non è è solo giustificato dal fatto che i prossimi potremmo essere noi a soffrire gli effetti delle ricette ordoliberiste, o da un doveroso impegno di solidarietà con un popolo che resiste. Ma anche perché facendo del referendum greco il nostro referendum, ne facciamo un'occasione ed opportunità unica per aprire una fase "costituente", di rottura necessaria che andrà poi accompagnata dalla costruzione di un'Europa diversa.

martedì 23 giugno 2015

Crisi del confine, o Europa della crisi?

  
Una possibile chiave di lettura della crisi europea propone di leggere le tre crisi che stanno attraversando l'Europa intorno al tema del confine, e della frontiera: la crisi greca, quella ucraina e quella mediterranea. La crisi riguarda però anche e soprattutto ciò che è al di qua ed al di là del confine. Basta pensare al prossimo Consiglio Europeo dei ministri che si riunirà i prossimi giorni a Bruxelles. All'ordine del giorno temi caldi, le politiche migratorie, la revisione delle strategie europee di sicurezza, lo stato dell'arte del TTIP, l'adozione delle raccomandazioni-paese del semestre europeo, inclusa l'Italia, la discussione sulla proposta di riforma della governance economico-finanziaria dell'Eurozona, la lotta al terrorismo. Una rapida scorsa ai documenti base, dimostra che la crisi è tutta lì, nel paradigma ossessivo dell'austerity e del rigore di bilancio, basti leggere le raccomandazioni del semestre per l'Italia, che riportano anche dati assai allarmanti sul livello di povertà ed esclusione sociale nel paese. E ciò nonostante insistono su rigore e taglio della spesa, riforma del mercato del lavoro. O le proposte sulle 4 riforme strutturali, economica, politica, finanziaria, fiscale, che dovrebbero aprire la strada ad un percorso di rafforzamento dell'Europa federale o per lo meno di strutture comuni di governo. Anche lì, nonostante l'ammissione della crisi, la risposta è sempre la stessa. Un maquillage istituzionale, l'abbozzo forse neanche così negativo di istituzioni comuni nel settore fiscale, e finanziario, ma il problema é per fare cosa? Applicare pedissequamente il Six-Pack o il fiscal Compact? Da qua non se ne esce, se non con una stagione di autentica rifondazione del progetto europeo, su basi nuove, solidali, transnazionali. La Grecia ci sta mostrando come sfidare il dogma, e cosa mettere al centro. I cittadini stanno mostrando come superare le frontiere e praticare l'accoglienza. Al di quà ed al di là dei confini. Resta un punto centrale, quello della cittadinanza europea transnazionale che appunto travalica i confini degli stati nazione, oggi così rigidamente definiti con la forza. Ed in tale prospettiva va considerata un'altra crisi di confine, quella dell'Ungheria di Orban, che ha deciso di erigere un muro per bloccare il flusso possibile di rifugiati e richiedenti asilo, anche questo il sintomo evidente dell'assenza dell'Europa politica. Ma forse non sta ai governi il compito di rielaborarne i criteri ed i valori fondanti.

Solve et coagula, la prospettiva possibile per la sinistra

“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si dissolvano. "Solve et coagula", sciogliere e coagulare, dicevano gli alchimisti rinascimentali”. Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé stessi, trasformare i metalli in oro, . Non necessariamente abbandonare del tutto la propria composizione chimica ma scioglierla e ricoagularla con altre componenti per costruire una nuova struttura, non un composto unico, ma un’architettura collettiva. Questo proponeva decenni or sono Alex Langer al PCI di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo proponeva partendo dal pensiero ecologista. Proviamo a rileggerle oggi queste parole. Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature, degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione, superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci in pratiche e rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo ed il laboratorio è la carne viva della società. Coagula: coaguliamo gli elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione, democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo come abbiamo fatto questi giorni nei quali al di là del vocabolario proprio della disputa politica, ci si è rimboccati le maniche, raccolto medicinali, vestiti, praticato la sociertà dell’accoglienza che vogliano come nostra prospettiva. E facciamolo ancora accogliendo e condividendo le proposte referendarie rilanciate nella prima assemblea di “Possibile” , sullo Sblocca-Italia e non solo, creando connessioni con le forze della coalizione sociale, chi si adopera per costruire un’altra Europae e non solo, ma anche e soprattutto con tutte quelle realtà che oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Solo coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et coagula” di non essere solo una formula “in vitro”. Lo sfondo è ancora quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto - e le parole di Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le due facce delle stessa medaglia. Alexis Tsipras con la sua determinazione a non cedere ai diktat del Brussels Group è lì a ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta a reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico. L’Europa di oggi, che alza nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, che stenta a acquisire una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di profughi che sfuggono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e ritardi. Resta però l’Europa il contesto politico, economico e geopolitico nel quale provare a costruire un’alternativa, Non è un caso che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario del progetto europeo. E non è un caso che la commissione di inchiesta parlamentare sul debito greco, più che rifarsi ai parametri macroeconomici e finanziari, formula un duro atto di accusa alle istituzioni europee ed ai creditori, per le ricadute del debito sui diritti umani. Un passaggio assai importante dal quale trarre ispirazione. In questi giorni si deciderà del debito e dei destini della Grecia, e della missione militare anti-scafisti nel Mediterraneo. Oggi come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico”: occorrerà pertanto uno sforzo per collocare questo processo nel quadro della ricostruzione di un’altra Europa, e di relazioni con soggetti politici e non europei e trasnazionali. Credo che oggi SEL possa fare molto. Sta già facendo molto e sarebbe riduttivo limitarsi al discutere se sciogliersi o meno, cadendo appunto nel rischio di affidarsi all’alchimista rinascimentale. Dovremo invece contribuire a costruire il laboratorio collettivo dove questo processo di costruzione di alternative possibili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emergere, tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”. Il filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri, Oggi gli altri siamo noi, e da noi dipenderà il nuovo, siamo noi i costruttori dell’evento, non attendiamo di definirlo di risulta rispetto alle scelte di altri partiti o di un ipotetico alleato di governo. Per questo un approccio alla politica fondato sui diritti, come base di una nuova società ed un nuovo protagonismo politico, comporta delle scelte non solo in termini di obiettivi e principi, ma anche di procedure. La scelta di aprire gli organismi dirigenti di SEL agli esterni ed indipendenti va già in questa direzione. Allora si faccia uno sforzo ulteriore, grande, autentico per evitare per una volta ennesime alchimie interne, che si apra la discussione a tutto campo, si assicuri partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno, in una fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.

giovedì 4 giugno 2015

La sinistra del futuro

 
E' ormai ineludibile chiedersi se oggi l'agire politico non debba essere fatto di concretezza, di risposte concrete ai bisogni materiali delle persone, di resistenza nonviolenta e partecipata all'avanzare del mercato e della finanza, da una parte e di costruzione di spazi di liberazione dall'altra. Spazi reali o virtuali, concreti o immateriali, dalla produzione di cibo, alla creazione di orti urbani, alla sperimentazione artistica, alla resistenza nei territori, dall'uso degli strumenti di democrazia diretta (si vedano le raccolte di firme per l'abolizione del pareggio di bilancio o in passato i referendum sull'acqua ed il nucleare),cyberattivismo e costruzione di reti.
Per questo oggi come non mai è dalle pratiche – ed anche dai conflitti (“abitati”) - sociali che si può ricostruire un progetto di società giusta, orizzontale, che metta al centro la dignità degli umani, e la tutela del Pianeta e la proposta di lavoro delle tre giornate appare coerente con tale obiettivo. Per questo la nostra discussione dovrà lasciare spazio o meglio lasciarsi compenetrare dalle pratiche sociali e politiche“altre” , farsi “aprire”dagli altri oltre che aprirsi agli altri.
C'è poi lo spazio per l'azione di trasformazione politica,   coordinata essenziale per un soggetto che vuole essere ponte, cerniera tra il potere e la società. Forse il soggetto o la soggettività politica multiforme che potrebbe originare dovrà – e per farlo dovrà dotarsi degli strumenti necessari – definire,coltivare, arricchire lo spazio interstiziale tra il potere dello Stato e l'assenza di potere, tra la critica e la costruzione di alternative. Credo infatti, e l'esempio più evidente mi pare essere la genesi di Podemos, che il tema sia quello di ricostruire uno spazio pubblico, attraverso la ridefinizione della sfera del potere (quel potere oggi in mano alle banche, agli organisimi finanziari,all'apparato industrial-militare ad esempio) e l'ampliamento della sfera della potenza , di quella della società che costruisce,pratica, elabora. Allora, ne consegue che la nostra azione politica dovrà essere orientata alla rielaborazione della sfera del “potere” per contribuire ad allargare quella della “puissance”, della potenza dei soggetti di diritto, degli“agenti”, dell'altro.
Per farlo, dovremo immaginare una profonda riconfigurazione della forma dell'eventuale soggetto politico giacché la forma è sostanza, il processo è contenuto. Quale forma darsi, dovrà essere determinato dall'obiettivo politico,sarà la partita a definire lo strumento e non viceversa. Ed allora,si dovrà immaginare una struttura orizzontale, policentrica, diffusa, aperta, che si ispira ai modelli di open source, intelligenza collettiva, condivisione in rete. Un insieme di nodi,soggetti, realtà che mettono in comune storie, competenze, pratiche,analisi, elaborazioni. Un nuovo soggetto politico più che concentrare o coordinare dovrà agevolare sinergie, alleanze,relazioni tra coloro che già praticano il cambiamento sociale. In sommi capi significa che piuttosto che dotarsi di un organigramma classico, verticale, si dovrà pensare a qualcosa di radicalmente differente. Ad un nodo centrale, che irradierà verso gli altri nodi informazioni, strumenti di azione politica, competenze, conoscenza.Un nodo centrale orientato su temi che connotano la “missione” ,da quella sui diritti civili, a quella della pace e della cooperazione, a quella dell'Europa federale, a quella della trasformazione ecologica dell'economia, i diritti del lavoro...Dal nodo centrale partono stimoli, proposte di campagne ed iniziative,verso i nodi decentrati. Questi non saranno altro che le vecchie“sezioni” o “circoli” riconfigurati come spazi aperti, di innovazione e buone pratiche, snodi di incontro ed iniziativa politica. Eppoi a livello territoriale, nei nodi, sarà possibile proporre anche forme e patti federativi tra associazioni, movimenti che condividono gli obiettivi e le priorità politiche. Stesso rapporto “federativo” può essere sperimentato attraverso una riattivazione dei forum, luoghi di connessione, terzi spazi tra soggetto politico, ed altri soggetti,individui o organizzati che lavorano sui temi specifici. Giacché quelle realtà associative intendono costruire relazioni con la“politica” sulla base di obiettivi chiari e competenze comprovate. Dal nodo centrale partono anche proposte di campagne su temi chiave, mirate a conseguire obiettivi chiari e qualificabili, daperseguire con gli strumenti della rete, dell'ciberattivismo, edanche con strumenti classici o innovativi di comunic-azione, dai flashmob, alle azioni dirette nonviolente, agli strumenti di democrazia diretta, dai referendum alle leggi di iniziativa popolare.Nei nodi vige la regola del consenso, e la rotazione delle funzioni di facilitazione e coordinamento. Altro nodo sarà quello delle rappresentanze istituzionali, dai parlamentari eletti agli amministratori locali. La rappresentanza istituzionale deve essere parte integrante di questo processo di creazione di intelligenza collettiva,e di azione politica, attraverso gli strumenti, le risorse e le prerogative proprie. Dovranno anche loro contribuire a costruire questi terzi spazi di relazione, rappresentanza, iniziativa politica dal basso e verso l'alto.

mercoledì 3 giugno 2015

Alex, 20 anni dopo

Il mio pensiero oggi va a venti anni fa, ero a Bruxelles ed avevo da qualche giorno salutato Alex sulla porta del Parlamento Europeo. Lui a Bruxelles non sarebbe piu' tornato. Oggi ricordiamo la sua figura. Io vorrei ancora ringraziarlo virtualmente per l'ispirazione, la lungimiranza e la capacita' di anticipare temi cruciali quali la giustizia ambientale, i danni dello 'sviluppo' i diritti civili, l'accoglienza e la convivenza pacifica, il pacifismo come progetto politico. Oggi mi trovo a Bonn a lavorare gomito a gomito con indigeni di mezzo mondo, associazioni ambientaliste e per i diritti umani che lottano assieme per i loro diritti, la giustizia climatica, la trasformazione radicale del
Modello di sviluppo. Sono successe molte cose, anche buone in questi venti anni.