venerdì 22 novembre 2013

Varsavia, Polonia, Europa: quale Europa?



Una cosa è certa. Seppur al netto delle basse aspettative la 19esima Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sui mutamenti climatici che si sta concludendo a Varsavia passerà alla storia come la conferenza degli inquinatori. Il governo polacco, ospite e presidente di turno ha fatto di tutto per sabotare qualsiasi accordo seppur di minima che potesse creare un ambiente favorevole all'avvio del negoziato sulle riduzioni di emissioni. I paesi che hanno affossato il Protocollo di Kyoro hanno dispiegato la loro potenza ricattatoria. Il Presidente polacco Tusk silura nel bel mezzo dei lavori il suo ministro dell'Ambiente colpevole di non sostenere i gas di scisto. Ed organizza una megaconferenza sul carbone. Dentro lo stadio di Varsavia l'atmosfera è di calma piatta. Ormai si guarda alla Cop20 in Perù ed a quella decisiva di Parigi del 2015. Come ci arriverà l'Europa? Se da una parte il Commissario al Clima Connie Herregaard fa sentire la sua voce, dall'altra i Commissari “duri” quelli dell'energia ed affini fanno tesoro del cambiamento di politica suggellato al Consiglio Europeo di Giugno: da mitigazione dei cambiamenti climatici a garanzia di accesso a fonti energetiche a basso costo per le imprese. Insomma un passo non da poco. E l'Europa dimostra ancora una volta la sua debolezza nel non riuscire a parlare con una sola voce. Un'ulteriore elemento da tenere in considerazione in vista della scadenza delle elezioni europee per chi come SEL si fa portatore di una proposta che vuole coniugare conversione ecologica dell'economia, giustizia climatica e giustizia sociale. Primo appuntamento il Consiglio Europeo di Marzo 2013 quando si discuteranno le politiche energetiche e climatiche dell'Unione. A casa nostra il Ministro Orlando propone un patto sociale per il clima. Come se fosse possibile accomunare le lobby del carbone e del fossile con chi soffre gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici o chi resiste quotidianamente all'espansione della frontiera petrolifera, dai no-oil in Abruzzo a quelli in Basilicata. Una galassia di movimenti sociali e di base legata globalmente alle stesse proposte e proteste. Come quelle che ieri hanno portato decine di osservatori nongovernativi ad abbandonare le sale del negoziato, per protestare contro l'assoluta mancanza di progresso nei negoziati. Di questo e di altro, della necessità di contrastare le politiche di austerità e stabilità, l'applicazione fedele del Fiscal Compact, che drenerà risorse per la conversione ecologica dell'economia, dovremo farci carico d'ora in poi. Il tempo passa, non c'è più tempo da perdere.  

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