mercoledì 29 ottobre 2014

Con i kurdi, con Kobane

 



In sostegno e solidarietà con il popolo kurdo che oggi lotta contro l'avanzata delle milizie di ISIS a Kobane. Un popolo che con dignità e determinazione da anni chiede che venga riconosciuto il proporio diritto all'esistenza ed all'autodeterminazione. Un popolo che nel Rojava sta praticando forme di democrazia diretta e convivenza pacifica esemplari e che potrebbero fornire una chiave per ricostruire il tessuto sociale e politico in quella regione così martoriata della guerre. Un caso emblematico quello kurdo, simile in tutto e per tutto a quello di altre popolazioni, con la loro identità , storia, lingua, cultura che restano schiacchiate tra le logiche della realpolitik , quelle di potenza, la geopolitica, e le spinte all'assimilazione culturale, sociale, politica, ed economica.
La lotta per l'autodeterminazione oggi va al di là della forma di stato, è una rivendicazione di dignità e di diritto alla propria esistenza. Al di là di retoriche da crociata contro il nuovo feroce Saladino, oggi la trincea di Kobane è la trincea di tutti noi contro un progetto politico e culturale che vuole portare il mondo indietro di migliaia di anni. Per sostenere quel popolo, non basta la retorica delle armi, o l'opzione militare, - opzione verso la quale è sempre doveroso un principio di precauzione. Anzi per come si è configurata e si sta configurando, l'opzione militare - dall'invio di armi alle milizie kurde, all'invio di istruttori militari o la partecipazione a campagne di bombardamento dall'alto - rischia di porre le basi per ulteriori conflitti o lacerazioni. O addirittura di rafforzare il Califfato. Ce lo hanno detto chiaramente in un recentissimo  incontro organizzato da Un Ponte Per con il dipartmento esteri di SEL due rappresentanti di ONG irakene, una delle quali è una associazione di yazidi, minoranza religiosa perseguitata da IS. Le armi sono usate come merce di scambio politico, per contendersi il dopo guerra in Iraq, in un'eventuale spartizione del paese. Hanno invece bisogno di aiuti umanitari per quel milione di rifugiati senza nulla. Lo rimarcheremo al momento nel quale il governo presenterà il prossimo decreto missioni, nel quale certamente  ci sarà la richiesta di copertura finanziaria per l'invio di un centinaio di istruttori militari in Iraq.
Spostandosi sul fronte siriano, intorno a Kobane appunto, la situazione è aggravata dalla contiguità della Turchia da sempre restia ad aprire varchi per rifornimenti a Kobane, anche se nei giorni scorsi la situazione pareva essersi sbloccata. Resta però il gioco geopolitico tra Ankara e Washington, che si dipana lungo la richiesta di una zona cuscinetto, chiesta a gran voce dalla Turchia per allontanare una presunta minaccia kurda. Recentissima poi la denuncia secondo la quale i turchi starebbero ostacolando il transito di peshmerga verso Kobane, mentre la guerra di propaganda nella quale si è dimostrata assai abile IS, ci mostra un reportage da Kobane presumibilmente - ma non effettivamente - conquistata. L'Italia e l'Europa dovranno far sentire la propria voce verso Ankara affinché non vengano frapposti ostacoli all'invio di rifornmenti ed aiuti a Kobane, in linea con la recente decisione del Consiglio dei Ministri Europei  svoltosi in Lussemburgo il 20 ottobre scorso.
Sinistra Ecologia Libertà non vuole far mancare la propria voce e la propria presenza accanto al popolo kurdo, ora come sempre, in passato ed in futuro. Aderiamo alla giornata di manifestazione internazionale del 1 novembre, nella convinzione che oggi la vera soluzione sia necessariamente da affidare alla politica. Alle Nazioni Unite, alla convocazione di una conferenza regionale, alla riconciliazione in Iraq, (il nuovo governo ha ora un ministro kurdo ad esempio) , ad un impegno per la transizione democratica in Siria, all'attuazione rigorosa delle sanzioni previste dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU per tagliare le fonti di sostegno ad IS. E poi una volta per tutte escludere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche, ed impegnandosi con determinazione  per la liberazione di "Apo" Ocalan,

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