sabato 6 dicembre 2014

Il clima secondo il piccolo Pentagono

LIMA – Terzo giorno di negoziati qua al Pentagonito, nel quartiere di San Borja. I delegati stanno ora negoziando su vari fronti, finanze, mitigazione, metodologie tecniche, assetti istituzionali: il succo del negoziato sul clima è nella trattativa sulla Piattaforma di Durban. Ora si tratta paragrafo per paragrafo il programma di lavoro per l’avanzamento della Piattaforma, che contiene una serie di “desiderata” rispetto alle attività di mitigazione finanze, riduzione delle emissioni. Il risultato probabilmente verrà rinominato “Lima Action Plan”, Piano di Azione di Lima.
Intanto, le delegazioni non governative stanno elaborando le loro proposte di emendamento, paragrafo per paragrafo. Continuano anche le attività nell’area contigua al Pentagonito, quella delle “Voci del Clima” dove tra l’altro è collocata un’installazione sui popoli indigeni dell’Amazzonia, il “padiglione indigeno”.
Da fuori arrivvano notizie sulla Carovana Climatica che sta attraversando l’Ecuador per arrivare a Lima. Bloccata dalla polizia ecuadoriana, con giustificazioni pretestuose, ennesimo esempio di criminalizzazione dei movimenti sociali e ambientali, un tema che attraversa le discussioni sottotraccia. Qua in Perù una decina di leader indigeni sono ancora sotto processo per terrorismo dopo il “Baguazo”, i fatti di Bagua di qualche anno fa quando la polizia peruviana assaltò un blocco stradale indigeno, e dagli incidenti che ne conseguirono persero la vita indigeni e poliziotti. Stesse parole vengono dalle rappresentanze indigene indonesiane. Insomma il tema del cambio climatico è un tema che racchiude in sé tutte le contraddizioni del modello di stato e di sviluppo correnti.

La pressione continua su risorse naturali scarse e ecosistemi delicati porta con sé la repressione militare e poliziesca di chi lotta per proteggere le proprie terre. La catena logica, secondo Mayra dell’Ong colombiana Dedise, è questa: il tema della mitigazione riguarda anche il sostegno alle piantagioni di palma da olio per biofuel; il settore della palma da olio in Colombia è quasi tutto nelle mani degli ex-paramilitari, che si convertono in attori economici, e si stabiliscono nei territori dai quali l’esercito e i paramilitari avevano scacciato i contadini e le popolazioni autoctone. “Sai, forse non lo sapete che un’impresa italiana, con capitali italiani, opera nel settore dell’olio di palma e si sta stabilendo proprio in un territorio sotto il controllo degli ex-paramilitari?“.
Quelli di Dedise raccontano anche del legame stretto tra questo caso e l’Accordo di Libero Commercio tra Unione Europea, Perù e Colombia attualmente in fase di ratifica alla Commissione Esteri della Camera. E del rischio di landgrabbing. Il tema del cambiamento climatico sempre più diventa anche tema di interesse dei militari. Da qualche anno ormai nelle visioni strategiche degli stati maggiori il climate change è visto come una delle principali minacce alla sicurezza, se non la principale. Siccità, spostamenti forzati di popolazioni, ma principalmente necessità di proteggere tali risorse scarse anche con l’uso della forza. Il rischio di una “securitizzazione” del discorso ambientale quindi è evidente, con tutte le conseguenze che ne derivano. Mayra sorride: “Francesco ma pensaci su, mica è un caso che la conferenza COP il governo peruviano principale alleato di Washington ha deciso di farla nella basemilitare del Pentagonito” . Già il “Piccolo Pentagono”.

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