martedì 29 agosto 2017

Dalla parte del mondo

Credo che mai come ora il termine "biopolitica" sia adeguato a rappresentare le sfide che ci troviamo dinnanzi. Veniamo continuamente sollecitati dagli eventi, certamente non casuali, su scala globale a prenderne atto. Stavo pensando a come la politica si debba ricostruire intorno agli elementi centrali della biopolitica, del diritto alla dignità ed all'avere diritto, per ogni essere vivente. Che paradosso quello di un mondo che blinda ancor di più le frontiere alle persone, e che ogni giorno viene sconvolto dagli effetti dei mutamenti climatici, che travalicano le frontiere degli stati!
Eppure quest'è. L'Antartide che si scioglie in acqua, e le acque del Mediterraneo che sempre più assomigliano ad una muraglia impenetrabile. C'è molto di più della questione dei rifugiati ambientali o climatici. C'è la trasformazione di una delle fonti della vita stessa, in minaccia, in arma di deterrenza, ultima frontiera dopo la sua mercificazione. La terra, l'aria, l'acqua, dapprima merci diventano ora minaccia, fronti di guerra, guerreggiata o meno. Stavo rileggendo alcuni brani di scritti di Alex Langer, e la prima cosa che mi è passata per la testa è quella di evitare che anche il suo pensiero e le sue pratiche diventino oggetto di commemorazione. Che il suo ricordo resti quello di un sognatore o di un illuso. Invece in quelle tracce credo si possa scoprire qualche indizio importante sulle due urgenze che la politica dovrebbe far proprie.
Quella appunto delle migrazioni, di come esseri umani attraversano frontiere e di come quelle stesse li attraversano, il tema della nuda vita, da rivestire progressivamente degli abiti dei diritti e della dignità. Del diritto inalienabile alla mobilità, dell’umanità come matrice attorno alla quale ridisegnare società giuste, processi di convivenza pacifica e dolce, le stesse relazioni internazionali, ed il significato stesso di stato-nazione, abbandonando tristi e tragiche suggestioni securitarie, per garantire il rispetto dei diritti di tutti e tutte, di ognuno alla cittadinanza, ad una vita degna.
E quello della giustizia ambientale e climatica. Forse siamo al punto di non ritorno, o poco prima, allora anche in questo caso, la questione climatica non può essere un annesso, un emendamento a qualsivoglia proposta politica, ,ma dev'essere centrale, paradigmatica, deve essere la matrice intorno alla quale rimodellare processi produttivi, stili di vita, la relazione tra umani e la Madre Terra, la decentralizzazione, la rivendicazione e riconoscimento dei "commons", superare il modello estrattivista e spingere il mercato al margine delle priorità. Si parli prima di questo e poi di lavoro, lasciandosi dietro linguaggi e approcci che mi sembra appartengano davvero al secolo scorso. Si metta prima al centro la nostra stessa sopravvivenza per poi disegnare attorno a questo possibili strategie.
Insomma, ciò a cui la politica dovrebbe contribuire è un nuovo patto di coabitazione dolce tra umani e tra umani e la Madre Terra.
Mi piacerebbe tanto ascoltare questo tipo di ragionamenti, invece di leggere noiosissime e scontatissime discussioni, sul calcolo numerico o l'analisi del sangue di platee, fori, processi, eventi, teatri, piazze. Su coalizioni o nuovi soggetti. Poi certo ci si mette un tocco di verde che tanto non guasta, magari ci si può addirittura riciclare un modello capitalista fallito e fallimentare. O parlare di migranti, che ormai bene o male ne parlano tutti. Sono quelle parole passe-partout che se non le poni del giusto contesto perdono il loro significato profondo, in inglese si definisce "lip-service", sono argomenti, non urgenze.
Nel frattempo da queste parti, a 80 kilometri dalla frontiera con la Corea del Nord, ha preso il volo un missile . si dice intercontinentale - una ipotetica minaccia agli Stati Uniti, forse una possibile "pistola fumante" per qualche altra folle avventura militare. O alla fine della fiera più banalmente un gioco del gatto al topo.

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