martedì 21 ottobre 2008

Match G8-Nazioni Unite per affrontare la crisi economica e finanziaria globale

In questi giorni si assiste ad un' interessante competizione tra i G8 e l’ONU su quale sarà il luogo nel quale andranno discusse le soluzioni possibili alla crisi finanziaria globale. Già si parla di una seconda Bretton Woods, vale però la pena di ricordare che in termini “istituzionali” Bretton Woods avvenne nell’ambito del processo di fondazione delle Nazioni Unite e quindi a questo doveva necessariamente far riferimento. Anche se poi si decise che Banca Mondiale e Fondo Monetario non sarebbero state considerate Agenzie specializzate ONU, ma piuttosto collegate al sistema ONU attraverso accordi specifici. Questo in particolare per preservare il modello decisionale antidemocratico tuttora vigente in Banca Mondiale e Fondo Monetario del “un dollaro un voto” rispetto a quello dell’ONU de “una testa un voto”. Ora il quadro rischia di essere ben diverso. Esiste insomma l’eventualità che la convocazione del G8 straordinario allargato ai Paesi emergenti (insomma una formula simile al G20) possa porre le basi di un nuovo modello di multilateralismo, nel quale le Nazioni Unite sarebbero solo “uno inter pares” e non il quadro di riferimento normativo e politico entro il quale tale discussione, quella sulla “nuova governance economica globale” dovrà tenersi. Così abbiamo assistito ad un susseguirsi di iniziative, volte a cercare di reindirizzare il processo verso una nuova Bretton Woods nell’alveo dell’ONU. L’UNCTAD chiede a gran voce di essere coinvolta, Ban Ki Mon propone ai G8 di ospitare il vertice straordinario sulla crisi negli edifici delle Nazioni Unite a New Cork, senza successo. Poi l’ultimo colpo di scena: Il presidente di turno dell’Assemblea Generale D’Escoto (ex ministro sandinista degli affari esteri) nomina il premio Nobel dell’economia Joseph Stiglitz a capo della Task force delle Nazioni Unite per la crisi finanziaria. Compito della Task Force sarà quello di ridiscutere mandato, funzionamento, attribuzioni delle istituzioni finanziarie internazionali, e di elaborare una proposta per una nuova governance globale. L’annuncio della nomina di Stiglitz arriva il 21 ottobre, qualche ora prima dell’annuncio di George Bush del luogo e della data del G8 straordinario, che si terrà a Washington il 15 novembre. Intanto la Task Force ONU viene convocata per la sua prima riunione il 30 ottobre. Il prossimo round si svolgerà a Doha, a novembre, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite per la Finanza per lo Sviluppo, che farà il punto degli impegni internazionali a 5 anni dalla Conferenza di Monterrey (Financing for Development). La bozza di dichiarazione finale già conteneva un impegno a svolgere una Conferenza per la revisione del mandato e del funzionamento delle istituzioni di Bretton Woods. Sembra quasi che il G8 abbia tentato di vanificare preventivamente tale raccomandazione. (per una cronaca del dibattito g8-ONU sulla crisi finanziaria, www.brettonwoods.project.org) In contemporanea si stanno muovendo i movimenti sociali di mezzo mondo. Cogiendo l’occasione che si sta aprendo per rimettere mano al sistema finanziario globale, parte un primo appello lanciato dall’Asia-Europe People Forum riunito a metà ottobre a Pechino, nel quale tra l’altro si ribadisce la centralità dell’ONU come luogo di discussione delle questioni economiche e finanziarie globali e si propone una fitta piattaforma di proposte. (per leggere il testo della dichiarazione di Pechino in italiano clicca qui). Altro appello che sta circolando è veicolato dalla rete europea Eurodad. (clicca qui per accedere al testo dell’appello).
Per ultimo vorrei consigliare un bell’intervento di Walden Bello sulla crisi finanziaria, accessibile sul sito di Focus on the Global South www.focusweb.org

Questo articolo è stato anche pubblicato sul blog www.sbilanciamoci.info

martedì 14 ottobre 2008

Basta debito ecologico, giustizia climatica ora!

Questa settimana decine di organizzazioni e movimenti sociali si mobilitano sul tema del debito ecologico, e delle responsabilità delle istituzioni finanziarie internazionali nell'accelerare i cambiamenti climatici.
per maggiori informazioni www.debtweek.org



NOTICIAS SOBRE LA SEMANA DE ACCION CONTRA LA DEUDA Y LAS IFIs

Comunicados de Prensa 13/10:

“Organizaciones y movimientos en todo el mundo movilizan hoy en contra de la
Deuda Ilegítima, las IFIs y el Cambio Climático”.

Organizaciones y movimientos en todo el mundo movilizan hoy en contra de la
Deuda Ilegítima, las IFIs y el Cambio Climático.

Reclaman "Justicia, no Caridad"

El 13 de octubre, militantes de la lucha contra la deuda en todo el mundo
llevarán a cabo actividades y movilizaciones en contra de la Deuda
Ilegítima, las Instituciones Financieras Internacionales (IFIs) y el Cambio
Climático, como parte de la II Semana de Acción Global contra la Deuda y las
IFIs, que involucra a más de 200 redes, organizaciones y movimientos de
África, Asia y el Pacífico, América Latina y el Caribe, Europa y América del
Norte, entre los días 12 al 19 de octubre. En el transcurso de la Semana
estarán enfocando distintas problemáticas relacionadas al problema
persistente de la dominación ejercida a través de la deuda, pero el día 13
se tratará en especial, el reclamo de Justicia Climática y su vínculo con la
deuda.

Todos los años, cientos de millones de dólares en préstamos son utilizados
para financiar proyectos en las industrias extractivas, incluyendo el
petroleo, el carbón y el gas, megaproyectos de infraestructura y otros para
la producción de agrocombustibles que son destructivos del medio ambiente y
exacerban significativamente el cambio climático. Los créditos son
otorgados, principalmente por el Banco Mundial y otras IFIs, a gobiernos y
se pagan con recursos públicos mientras que son las corporaciones
transnacionales los principales beneficiarios.

Además, ahora el Banco Mundial intenta asumir un rol preponderante en el
financiamiento mundial de la mitigación y la adaptación a los cambios
climáticos, así como también en la promoción de 'tecnología limpia" y
"desarrollo limpio". Reciente lanzó sus Fondos de Inversión Climática
(FICs)

Según Lidy Nacpil, coordinadora en Asia-Pacífico de Jubileo Sur, una red de
campañas sobre la deuda, movimientos sociales y organizaciones en más de 50
países de América Latina y el Caribe, África y Asia, "préstamos que fueron
utilizados para imponer proyectos o políticas dañinas son ilegítimos; han
sido un factor principal en la escalación de la crisis climática y no deben
ser pagados. Las Instituciones Financieras Internacionales como el Banco
Mundial y el FMI cargan con una responsabilidad central para esta crisis.
Con esa historia, es condenable que tengan ahora algo que ver con programas
para el clima. El concepto y diseño de los FIC del Banco Mundial, por
ejemplo, son tan fallidos como el Banco mismo."

Entre las diversas actividades a realizarse ese día, se presentará a
distintos gobiernos y al Banco Mundial un pronunciamiento firmado por más de
100 organizaciones de todo el mundo; se realizarán múltiples foros y
seminarios enfocando la relación entre la deuda, las IFIs y el Cambio
Climático como por ejemplo en Bangladesh, Filipinas y el Reino Unido. En
Jakarta, Indonesia, habrá una manifestación frente a las oficinas locales
del Banco Mundial, y en Colombia, Paraguay y Brasil se desarrollarán
diferentes eventos sobre Deuda Ecológica y Justicia Climática.

Para las organizaciones que movilizan durante esta Jornada, el cambio
climático solo puede solucionarse si los gobiernos anulan y dejan de pagar
las deudas ilegítimas; se para el financiamiento de proyectos y políticas
que exacerban el cambio climático; se rechazan los Fondos de Inversión
Climática del Banco Mundial y otros programas para el clima bajo el control
del BM y demás IFIs; se dejan de financiar con préstamos programas para el
clima y pagar restitución y reparaciones para las deudas ecológicas e
históricas que se deben a los pueblos del Sur.

lunedì 13 ottobre 2008

Susan George e Saskia Sassen su crisi finanziaria

Molto si è detto e argomentato sulle radici della crisi finanziaria che sta scuotendo il mondo. Molto si è commentato sulle ricadute possibili dei massicci interventi pubblici a tutela delle banche sull'orlo del crack. Certamente poco si è discusso - per lo meno in ambienti "ufficiali" - sul come cogliere questa occasione per ripensare le politiche economiche, per rielaborare una modalità di intervento pubblico nell'economia che lungi dal tutelare gli interessi di chi ha contribuito alla crisi attuale, possa gettare le basi per un nuovo Deal, fondato sulla sostenibilità ambientale e la giustizia sociale. Certamente la decisione di attribuire a Paul Krugman il premio Nobel per l'Economia può essere un segnale della necessità di riscoprire i fondamenti della teoria keynesiana, rielaborata senz'altro secondo i parametri irrinunciabili della giustizia ecologica.
Vi propongo al riguardo due testi, uno di Susan George, (il suo intervento allo Schumacher College) e l'altro di Saskia Sassen, tratti rispettivamente dal sito del
Transnational Institute e di OpenDemocracy
Buona lettura


ps. ho appena finito di leggere tre libri molto interessanti, uno di Jacques Attali,
"Breve Storia del Futuro", l'altro di Piero Zanini : " Significati del Confine, i limiti naturali, storici, mentali", l'altro ancora già citato in precedenza nel blog "Infinitely Demanding, Ethics of Commitment, Politics of Resistance" di Simon Critchley . Nei prossimi giorni proverò a pubblicare alcuni commenti.

lunedì 6 ottobre 2008

Debito ecologico, decrescita e nuovi modelli economici

Quella che segue è un'intervista a Joan Martinez Alier (accademico esperto in economia ambientale) fatta da Carlotta Mismetti Capua per l'Espresso in occasione delle celebrazioni per l'anniversario della fondazione del Club di Roma, tenutesi nei mesi scorsi a Roma. Buona lettura

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Se Barack Obama vincesse, e firmasse il protocollo di Kyoto, forse l’obiettivo di abbassare le emissioni di carbonio di tutti i paesi industrializzati non sarà quel fallimento generale che è oggi. Ma le emissioni di carbonio salgono del 3 per cento ogni anno, e vanno molto più veloci delle democrazie e dei protocolli. Per questo policy maker e economisti che si occupano di ambiente stanno già lavorando al post-Kyoto. Il post-Kyoto si chiama debito ecologico, e Angela Merkel ha già annunciato che di questo debito, e di come risarcirlo, e di cosa succede se tutti gli indiani tra 20 anni avranno le stesse automobili degli italiani, si parlerà al prossimo G8, che nel 2009 si terrà in Italia, dove per l’appunto sono state invitate anche India e Cina. Il debito ecologico lo ha inventato Joan Martinez Alier, un uomo mite e schietto: «Credo più negli abitanti della Val di Susa che nei vertici internazionali», dice. Alier insegna a Barcellona e ad Harvard ed è pioniere degli studi di economia ambientale, che da 30 anni cercano di coniugare economia e giustizia ambientale. Da dieci è nel comitato scientifico dell’Agenzia Europea dell’ambiente. «Ma gli ambientalisi alla Wwf sbagliano. Non si tratta di salvare i coralli o le tigri. Il problema sono le risorse e la salute, se non la distruzione, degli esseri umani» afferma.

Professore, in che cosa consiste il debito ecologico?

Il debito ecologico cerca di misurare e risarcire i paesi che hanno le risorse naturali, risorse che vengono sfruttatela pesi terzi, senza che la ricchezza resti sul territorio; sostanzialmente sono i paesi del Sud del Mondo, sud America ed Africa, ad avere un credito verso i paesi occidentali. Il debito, così come l’ho concepito vede quattro punti. Primo: calcolare le emissioni di carbonio. Negli States si producono 20 tonnellate di carbonio per persona, ogni anno. In India 2. Secondo punto: la pirateria ecologica di semi, piante, materie prime. È una appropriazione materiale ma soprattutto di conoscenza. Questo va pagato. La convenzione sulla biodiversità di Rio di Janero, del 1992, alla quale hanno partecipato tutti i paesi del mondo, ha detto che le risorse biologiche appartengono al paese dove si trovano. E che i contratti tra multinazionali e paesi con grandi risorse biologici sono obbligatori. Ma questi contratti non si fanno, mai. Perché sono contratti tra soggetti troppo asimmetrici. Anche per i rifiuti, che sono il terzo punto del debito ecologico, il trattato di Basilea ne vieta l’esportazione: non si possono portare dei rifiuti tossici dai paesi ricchi a quelli poveri, è razzismo ambientale dice qualcuno: ma tutti lo fanno».


Il quarto punto del debito economico sono i prezzi delle materie prime. Se i paesi del Sud alzassero i prezzi di queste materie l’equità economica verrebbe parzialmente stabilita.

«Io lo chiamo scambio ecologicamente dis-euguale: significa che le esportazioni delle materie prime nel mondo sono troppo poco costose, e il loro prezzo non considera la distruzione che provocano. Questo vale per il petrolio ma anche per l’oro e perfino per i gamberetti che lei trova al supermercato, che hanno viaggiato per chilometri in dei frigoriferi. L’unico modo è alzare i prezzi, ed è una via che Rafael Correa, presidente dell'Ecuador, percorre insieme all’Opec».


L’ambiente produce ricchezza per il triplo del Pil mondiale, ogni anno. Ogni volta che questa ricchezza si produce, la Natura si riduce. Ogni volta che si estrae un chilo di oro si distrugge una tonnellata di natura. Ogni volta che si costruisce una strada o si draga un fiume si distrugge territorio naturale, foreste che servono per respirare.

Ma come si calcola un risarcimento da parte chi sfrutta queste risorse verso le nazioni che queste risorse le possiedono?

Il debito ecologico dei paesi del Sud, India e Africa e Latino America, se lo contassimo, è molto più grande del debito economico che questi paesi hanno con i governi occidentali. Questa diseguaglianza economica va sanata. Ho seguito un progetto per il governo dell’Equador, molto concreto. La Itt Iasuni è una grande riserva di bio-diversità, una foresta nel cui sottosuole c’è uno dei più grandi giacimenti di petrolio del Sud America. L’idea è tenere l’olio sotto terra. L’Equador fa un sacrificio economico, forse di trecento milioni di dollari per anno, per 20 anni. In cambio di questo sacrificio tutti i paesi occidentali contribuiscono, per la metà della perdita. Il diplomatico Francisco Carrion che se ne sta occupando ha proposto ai governi occidentali di dare questi soldi sotto forma di condono del debito economico.

Questi danni li calcoliamo con un risarcimento economico: Soldi per la sovraporduzione di carbonio, soldi per la bio-pirateria o i rifiuti di amianto?

«Il debito ecologico ha aspetti pecuniari e aspetti morali. Il tema del risarcimento è stato discusso già negli Stati Uniti per la schiavitù e in Sud Africa, per l’Apartheid. Anche per l’ambiente deve essere la stessa cosa, e lo sarà prima o poi. Ma da economista credo che la cosa che inciderà non saranno i soldi, ma le catastrofi naturali e le lotte dei ragazzi della Val di Susa».

Pensa che ci sia ancora spazio per l’atteggiamento “ Nymby”: not in my back yard; non in Val di Susa non a Chiaiano?

«Queste lotte ambientali sono molto antiche e sono sempre partite dal basso: la protesta della Val di Susa si replica identica anche in India, dove vogliono creare un canale per le navi tra Sri Lanka e India e i pescatori protestano. Ma se ci sono 3 Nimby in Italia, e 100 in Europa, e 2000 nel mondo, allora non è più un “backyard”, un giardinetto dietro casa. È un movimento globale. Infatti ora in America si dice Niamby: «Not in anyone backyard, vale a dire in nessun giardinetto». Ed è molto interessante che sia una rete diffusa, senza leader, senza grandi mezzi e senza staff politici. Questo movimento-rete cresce, e questa è gente che, sorprendendo tutti, sta votando Barack».

Come immagina il post Kyoto, cosa accadrà?

«Poco, forse nulla. Qualcuno, come la Merkel ora, e forse Barack Obama se vincesse, stanno lavorando per introdurre dei temi di equità. L’unico modo per consentire lo sviluppo di India e Cina è che noi, paesi occidentali, decresciamo.

per saperne di più:

New Economics Foundation

Earth Economics
Alianza de los Pueblos Acreedores de la Deuda Ecologica