Allora, con una mossa senza precedenti, il Presidente della Repubblica decide di diluire le tensioni in un processo di elaborazione affidato a due commissioni di saggi e personalità. Pare una sorta di camera di compensazione e di mediazione delle varie posizioni. Orbene, se il tema è quello delle divergenze sul governo e su chi debba governare, allora Napolitano è riuscito senz'altro a rinviare la decisione a babbomorto. Tiene in piedi un "vettore" di iniziativa programmatica e legislativa (il governo Monti in "prorogatio" come chiedeva Grillo), incunea tra Parlamento e Governo un "direttorio" che medierà, elaborerà e proporrà iniziative che il governo Monti potrà presentare in Parlamento. Dove la mediazione extraparlamentare sviluppata nelle due commissioni dovrebbe rendere il passaggio parlamentare una semplice formalità. Così facendo Napolitano sgancia il negoziato sul nuovo governo da quello per il Quirinale, che ora può continuare nel quadro di un governo in "prorogatio". Viene meno il rapporto diretto tra parlamento e governo che invece sarà mediato altrove. Aspettiamo di sapere i nomi delle "personalità", ma resta il fatto che tale mediazione rischia di tracciare e predeterminare le sorti ed il programma del governo futuro, che nei fatti finirebbe per essere un governo di larghe intese. Chi ci sarà in queste commissioni? Che trasparenza nei loro lavori? Chi coinvolgeranno? Chi potrà e come interloquire? Perché se viene messo così nel freezer il tema della formazione del prossimo governo, resta forte l'urgenza di un cambiamento radicale di paradigma, di una vera inversione di rotta nelle politiche di austerità e di rilancio di programmi sociali e per la piena e buona occupazione. Invece di soluzione tecnocratiche, si dovrebbe aprire il processo alla società, ai cittadini, a questo punto, senza mediazioni autodeterminate o rappresentanze auto-elette. Se c'è da rifondare il paese, se questo vuole essere un prodromo di una nuova fase "costituente", allora che la Politica diffusa, la sinistra diffusa e sociale dicano la loro, facciano la loro parte. Per questo credo che oggi più che mai sia importante la proposta fatta oggi da Giulio Marcon sulle pagine del Manifesto. Cento piazze, cento iniziative, cento assemble per un'altraItalia. Quello che Grillo ed altri dimenticano, quando si riferiscono al caso del Belgio oltre al fatto che quello è un sistema federale, è che - come ci ha spiegato qualche giorno fa Barbara Spinelli - quell'assenza di governo "politico" è stata sostituita da un governo "reale" delle persone e dei cittadini, che hanno convocato e costruito assemblee civiche partecipative. Senza Grilli che pretendessero di rappresentarli.
uno spazio pubblico per attivisti/e che lavorano per la pace, il disarmo, i diritti umani, la giustizia sociale, economica ed ecologica globale, la resistenza alle politiche neoliberiste, il riconoscimento del debito ecologico e sociale.
sabato 30 marzo 2013
Per un nuovo protagonismo civico
Allora, con una mossa senza precedenti, il Presidente della Repubblica decide di diluire le tensioni in un processo di elaborazione affidato a due commissioni di saggi e personalità. Pare una sorta di camera di compensazione e di mediazione delle varie posizioni. Orbene, se il tema è quello delle divergenze sul governo e su chi debba governare, allora Napolitano è riuscito senz'altro a rinviare la decisione a babbomorto. Tiene in piedi un "vettore" di iniziativa programmatica e legislativa (il governo Monti in "prorogatio" come chiedeva Grillo), incunea tra Parlamento e Governo un "direttorio" che medierà, elaborerà e proporrà iniziative che il governo Monti potrà presentare in Parlamento. Dove la mediazione extraparlamentare sviluppata nelle due commissioni dovrebbe rendere il passaggio parlamentare una semplice formalità. Così facendo Napolitano sgancia il negoziato sul nuovo governo da quello per il Quirinale, che ora può continuare nel quadro di un governo in "prorogatio". Viene meno il rapporto diretto tra parlamento e governo che invece sarà mediato altrove. Aspettiamo di sapere i nomi delle "personalità", ma resta il fatto che tale mediazione rischia di tracciare e predeterminare le sorti ed il programma del governo futuro, che nei fatti finirebbe per essere un governo di larghe intese. Chi ci sarà in queste commissioni? Che trasparenza nei loro lavori? Chi coinvolgeranno? Chi potrà e come interloquire? Perché se viene messo così nel freezer il tema della formazione del prossimo governo, resta forte l'urgenza di un cambiamento radicale di paradigma, di una vera inversione di rotta nelle politiche di austerità e di rilancio di programmi sociali e per la piena e buona occupazione. Invece di soluzione tecnocratiche, si dovrebbe aprire il processo alla società, ai cittadini, a questo punto, senza mediazioni autodeterminate o rappresentanze auto-elette. Se c'è da rifondare il paese, se questo vuole essere un prodromo di una nuova fase "costituente", allora che la Politica diffusa, la sinistra diffusa e sociale dicano la loro, facciano la loro parte. Per questo credo che oggi più che mai sia importante la proposta fatta oggi da Giulio Marcon sulle pagine del Manifesto. Cento piazze, cento iniziative, cento assemble per un'altraItalia. Quello che Grillo ed altri dimenticano, quando si riferiscono al caso del Belgio oltre al fatto che quello è un sistema federale, è che - come ci ha spiegato qualche giorno fa Barbara Spinelli - quell'assenza di governo "politico" è stata sostituita da un governo "reale" delle persone e dei cittadini, che hanno convocato e costruito assemblee civiche partecipative. Senza Grilli che pretendessero di rappresentarli.
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