martedì 4 giugno 2013

Accanto al popolo turco




Quella che era iniziata come una protesta pacifica contro la distruzione di un parco al centro di Istanbul si è trasformata nel corso dei giorni in un movimento popolare di protesta contro il governo Erdogan, le sue politiche di islamizzazione della vita pubblica e privata, l'intreccio nefasto tra interessi economico-immobiliari e elite politiche. Un movimento di popolo  oggetto di una repressione dura e continua,  culminata con l'assassinio di alcuni manifestanti. Un movimento che potrebbe subire un'ulteriore crescita da oggi con lo sciopero di solidarietà indetto dai lavoratori del settore pubblico, mentre nei prossimi giorni potrebbe svolgersi quello dei lavoratori del settore metallurgico. Tutto questo in un Paese indicato come grande potenza economica emergente, come possibile playmaker in tutta la regione. Si ricordano il viaggio di Erdogan in Egitto per sostenere il presidente neoeletto Morsi, l'appello rivolto precedentemente a Hosni Mubarak affinché ascoltasse le ragioni del suo popolo, il sostegno ad Hamas, la linea interventista seguita nel conflitto siriano. Il premier ha tentato di proporsi come il leader di una sorta di neo-ottomanesimo, ambizione poi naufragata miseramente. Una Turchia che ora non guarda più all'Europa ma altrove, all'Asia, al Medio Oriente e che però mostra in questi giorni tutte le sue contraddizioni. Quelle di un paradigma economico neoliberista e di privatizzazioni spinte, che sotto Erdogan ha subito una brusca accelerazione, e di un modello politico autoritario. Oggi il miracolo economico turco perde smalto, i “mercati” si allontanano, la borsa crolla, gli investitori internazionali hanno paura. Oggi Istanbul e tutta la Turchia sono attraversate da un sommovimento di persone che rivendicano dignità, il diritto a manifestare liberamente, a proteggere uno spazio pubblico. Chiedono di essere protagoniste in prima persona delle decisioni che riguardano la loro vita, e non ammettono ingerenze nelle loro scelte personali. Per contro Erdogan ed il suo governo dapprima presi a modello di una coabitazione tra elite militari e forze islamiche, hanno scelto la strada della repressione militare e dell'islamizzazione. É lì che perde la politica, quella politica che i Turchi vogliono rivendicare e difendere a mani nude contro il gas ed i getti d'acqua. Dobbiamo essere accanto a queste donne ed uomini, oggi. Per questo Sinistra Ecologia e Libertà esprime solidarietà con i manifestanti e le manifestanti, condanna la violenta condotta delle forze di polizia turche, chiede al governo itaiano di attivarsi immediatamente presso l'Unione Europea e direttamente con il governo turco affinché cessi la repressione, e si accertino le violazioni dei diritti umani commesse in questi giorni. 

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