Firenze stravolta da una "bomba d'acqua". Stavolta poco c'entra il
dissesto idrogeologico, ma molto c'entrano gli eventi estremi che
caratterizzano questa fase ormai irreversibile nel ciclo dei mutamenti
climatici. Dovremo limitarci ad adattarci, mitigare l'impatto? Oppure
avere il coraggio di prendere un'altra strada? Gli Uffizi e Palazzo
della Signoria danneggiati. Qual'è il vero petrolio del paese signor
Presidente del Consiglio. Quello della storia, della bellezza, del territorio,
o quello che dovrebbe restare sottoterra e che invece con il suo
decreto SalvaItalia lei ed il suo governo vorrebbero pompare dalle
viscere della Basilicata, o dall'Abruzzo, o dai mari di Sicilia ed
Adriatico? Magari con tecnologie di prospezione ad alto impatto che
qualche giorno fa avrebbero tanto spaventato un gruppo di capodogli al
punto di farli riemergere rapidamente con conseguente spiaggiamento e
per alcuni di loro morte per embolia? Oppure continuando ad alimentare
il paese con gas naturale, con la fitta rete di gasdotti, TAP ed affini -
gas naturale sempre proposto come "combustibile di transizione"per una
transizion e verso un futuro libero da combstibili fossili sempre più
lontano dalle menti dei nostri decisori politici. Domani si marcerà per
il clima e la giustizia climatica in mezzo mondo. Credo sia giunto il
momento di rilanciare una campagna nazionale per contrastare
l'avanzamento della frontiera petrolifera nel nostro paese, in sostegno
alle comunità che resistono, in supporto alle vere economie di
transizione. Insomma cambiamo il sistema non il clima.
uno spazio pubblico per attivisti/e che lavorano per la pace, il disarmo, i diritti umani, la giustizia sociale, economica ed ecologica globale, la resistenza alle politiche neoliberiste, il riconoscimento del debito ecologico e sociale.
sabato 20 settembre 2014
venerdì 19 settembre 2014
Il diritto alla salute è sacrosanto, altro che rientro sul debito!
Tagliare le spese per la sanità ( o meglio per il diritto sacrosanto
alla salute) e le pensioni per rientrare sul debito è un crimine contro
l'umanità. Basti pensare alle denunce della prestigiosa rivista Lancet
rispetto all'impatto dei piani di austerità sul sistema sanitario greco,
italiano e spagnolo. Vale la pena di ricordare anche che qualche anno
fa il Consiglio ONU sui Diritti Umani aveva adottato una risoluzione su
debito e diritti umani che riconosceva chiaramente che i governi
dovranno mettere al primo posto i diritti dei propri cittadini e
cittadine rispetto agli interessi dei mercati e della finanza. Eppoi di
recente l'Assemblea Generale delle NU ha adottato una risoluzione sul
debito pubblico, nella quale si propone una procedura di arbitrato
indipendente. Vero è che tale risoluzione si fonda principalmente sul
caso dei fondi avvoltoio in Argentina, ma applicabile anche in altre
circostanze. Allora signor Presidente del Consiglio ci pensi su bene
prima di dare seguito alle raccomandazioni della signora Lagarde che
andrebbero rimandate al mittente con forza e determinazione.
giovedì 18 settembre 2014
Scottish pride, in the name of love
Scottish pride. Per una Scozia repubblicana, progressista, libera dal
nucleare. Esistono varie forme di nazionalismo, quello becero,
identitario e xenofobo, e quello "positivo" fondato su presupposti di
giustizia, internazionalismo, rispetto della propria identità ma anche
apertura al mondo. Questo mi pare sia il caso dei movimenti per il si in
Scozia. Una scossa forte all'establishment di Londra, alla loro
ostinatezza a tenersi la loro sterlina, le loro flotte nucleari, le loro
centrali nucleari, la loro regina. Una Scozia indipendente che entra a
far parte dell'Unione Europea, metterà in discussione la propria
appartenenza alla NATO. Che vivrebbe una contraddizione, certo. quella
di fondare il suo benessere possibile sul petrolio, né più e né meno
come la Norvegia. Una contraddizione da tenere a mente. Ne parlai con un
mio amico e collega di lavoro scozzese qualche tempo fa. Mi disse,
guarda ci sarà una sorpresa. Ma la cosa interessante che mi disse
riguardava la decisione del governo scozzese di dare in affidamento a
cooperative auto-organizzate la gestione e tutela di terre comuni,
intere isole, ricoosciute come "commons". Sulle due forme di
nazionalismo, ricordo un saggio assai illuminante e "visionario" di John
Ralston Saul, un giornalista canadese, che nel suo "The end of
globalism" del lontano 2005 già prefigurava a fronte della caduta del
mito della globalizzazione, l'insorgere i varie forme di ritorno allo
stato nazionale. Credo che nel caso scozzese, vadano invece indagate le
radici "sociali" e "di sinistra" del movimento indipendentista, per
evitare di cadere in facili malintesi o intepretazioni di comodo. Fatto
sta che anche in questo caso, come nel caso del Kurdistan, dell'Iraq,
dei Balcani, del Medio Oriente, dell'Africa, dell'Asia Centrale,
l'elemento cardine della politica estera e non solo, lo stato-nazione si
dimostra essere un contenitore ormai incapace di cogliere le
trasformazioni del concetto di cittadinanza, appartenenza e autonomia.
Sarà pertanto urgente elaborare nuove categorie, quali quella del
country-state, "stato-paese" ad esempio.
Casta e rappresentanza: gli equivoci di Renzi
Allora, una cosa non capisco. tutta sta retorica contro la casta, che i
parlamentari devono lavorare, che sono lontani dalla quotidianità, non
comprendono la realtà dei cittadini comuni. E' vero, per averlo
sperimentato per ben sette anni, ll rischio di vivere in una bolla è
alto, l'urgenza di tenere i piedi ben saldi nella realtà pure. Io ho
avuto due fortune. Una quella di avere come riferimento una rete di
movimenti e società civile che mi indicavano la direzione. Ed una rete
di "amazzoni", già di donne, amiche, compagne, la mia compagna, le
donne della mia famiglia, attiviste che a volte anche bruscamente
decomponevano ogni possibile incrostazione "istituzionale", e mi
tiravano fuori da quella bolla. Oggi il piano di Renzi per far
rispettare il suo ruolino di marcia e mettere al lavoro i parlamentari 5
giorni a settimana h24 mi pare un ulteriore attacco all'autonomia del
Parlamento, e paradossalmente , chiudendo gli eletti e le elette in una
campana di vetro, accessibile solo a pochi, preferibilmente alle lobby
di turno li fa tornare ad essere "casta". Il Parlamento ed il
parlamentare diventerebbero così entità a sé stante, ai suoi servizi. I
parlamentari in quanto rappresentanti del popolo devono avere tempo,
energie e risorse per incontrare il popolo, dialogare, toccare con mano,
creare relazioni essere presenti nei luoghi di conflitto,
contraddizione e ingiustizia. Questo è il modo per restituire senso alla
politica ed alla rappresentanza
martedì 2 settembre 2014
Ucraina. La neutralità unica via d'uscita, ma come?
Ok
ora che Russia e NATO incrociano le sciabole, e forte è la retorica
delle armi e della forza. è il caso di riparlare seriamente dell'unica
vera prospettiva per l'Ucraina, quella della neutralità attiva o al
limite di "doppia partnership". Il concetto è chiaro, si rifà non tanto
all Finlandia ma all'Austria del dopoguerra, l'approccio è stato
elaborato il punto è decidere come ci si arriva. Anzitutto
evitando di almentare il fuoco della politica di potenza, e il rapido U
turn di Mrs PESC di oggi certo non aiuta. Poi definire e obbligare le parti in conflitto
ad un cessate il fuoco, sostenere un processo di riconfigurazione
dell'assetto territoriale dell'Ucraina che preveda una confederazione
con status di autonomia per le provincie "russofone" simile all'Alto
Adige, si faccia chiarezza sulle corresponsabilità in crimini contro
l'umanità e crimini di guerra da ambo le parti (ossia la cosiddetta
"transitional justice"), si disarmino le forze paramilitari da ambo le
parti, e si definisca con un processo negoziale sotto la tutela delle
Nazioni Unite che preveda il riconoscimento dello status di paese
neutrale per l'Ucraina
Quello che Renzi non dice sulle politiche del lavoro in Germania
Dice Matteo Renzi: il nostro esempio per le politiche sul lavoro è la
Germania. Ma lo sa Renzi che la Germania è solo seconda all'Italia in
termini di "working poor"? E che per cercare di ovviare al problema -
quello di salari così bassi da non permettere di poter avere una vita
dignitosa - la Germania ha deciso di adottare un salario minimo di 8,50
euro l'ora, fino a ieri inesistente? Certo questa era la condizione
principale per l'accordo di Grosse Koalition tra la Merkel e l'SPD.
Resta il fatto che minijobs e flessibilità non funzionano neanche nel
modello tedesco, e parliamo della Germania dove il welfare state ancora
supplisce seppure in parte, ed i fondamentali macroeconomici nulla hanno
a che vedere con la recessione cnostrana. Allora, prima di strizzare
l'occhio alla Merkel, per tentare di imbonirla su dossier assai pesanti
(lo scambio tra Merkel e Draghi e la pantomima della telefonata stanno
là a dimostrarlo) si provasse a cambiare la prospettiva. E leggere il
tema lavoro dalla lente dei diritti e della dignità di chi lavora ed
anche di chi lavoro non ce l'ha (vedi ad esempio attraverso il reddito
di cittadinanza) , non viceversa.
lunedì 1 settembre 2014
La nemesi storica della NATO
La
prossima settimana si terrà in Galles il summit annuale della NATO. Un
incontro che - si prevede - sarà quasi esclusivamente centrato
sull'Europa dell'Est e la crisi ucraina. "Back to square one", direbbero
a Washington, o forse una nemesi storica, per riassumere in tre parole
la NATO di domani Quella di ieri l'altro - dopo la tanto teorizzata
"fine della storia" per dirla con Fukuyama, era in
cerca disperata di una nuova mission dopo la caduta del muro di Berlino
e la fine del Patto di Varsavia, Quella di ieri interveniva in maniera
fallimentare in Afghanistan, prima operazione "out of area and out of
mission", e poi di volta in volta tentando di riconfigurarsi come
"fornitore globale di sicurezza". Libia docet. Oggi si torna da capo. Il
nemico è lì dietro agli Urali, la cortina di ferro diventa una
frontiera indefinita, fissata dalla NATO con la sua strategia di
allargamento ad est e da Putin con la forza muscolare delle sue armate o
della pressione sugli approvvigionamenti energetici. Così vedremo anche
forti pressioni per aumentare le spese militari, fino al 2% del PIL. E
notare bene, in un "op-ed" recentemente pubblicato dal Wall Street
Journal a firma di Fogh Rasmussen e del comandante militare NATO Philip
Breedlove si parla del nuovo pericolo ad Est, ma non si cita neanche di
striscio l'Afghanistan, forse ad esorcizzare il fallimento della
strategia di riconfigurazione del mandato della NATO. Con che posizione
andrà l'Italia? Sull'Afghanistan ad esempio, come verrà gestito il
passaggio tortuosissimo - viste le forti diatribe sulla convalida delle
elezioni presidenziali nel paese - da ISAF alla missione di
addestramento alla quale l'Italia ha già detto di voler partecipare con
propri militari? Con la Libia alle porte, risultato evidente di
ulteriore fallimento della cosiddetta "mission creep"? Tra le tante
tracce di analisi che questi sviluppi offrono, due elementi possono
essere presi in considerazione. Uno riguarda il rischio che tornando
alla sua vecchia "raison d'etre", la NATO ritroverà legittimazione
politica e pretesto per chiedere maggior fondi nel suo ruolo di alleanza
militare, ricompattando forse anche i paesi membri più recalcitranti
dietro un obiettivo comune, e riportando indietro di anni anche
l'analisi geopolitica e geostrategica. Così verrà tenuta in ostaggio
anche la prospettiva di un'Europa che si possa liberare un giorno dalla
cappa della NATO e degli Stati Uniti e diventare soggetto terzo di vera
mediazione nei conflitti. Mentre Obama fatica a tenere l'asse del
"Pivot" asiatico in chiave anticinese. E' difficile poter immaginare
quale spazio potrà esserci per un'alternativa pacifista in questo
scenario, nel quale la prospettiva di una politica europea di sicurezza
comune è ancora lontana, come anche la revisione dei Trattati, in quella
che si preannunciava come legislatura costituente ed invece rischia di
restare ancorata alla discussione tra austerità e crescita. Eppoi sulle
spese militari, il Pentagono ormai ha due budget uno per il riarmo per
guerre convenzionali con deterrente nucleare e via dicendo, l'altro per
le guerre asimmetriche. Per i paesi NATO ai quali si chiederà di
aumentare le spese militari , e di contribuire al contempo all'annunciato "readiness action plan" verso Est , potrebbe significare
doppia configurazione strategica, con alti costi finanziari e politici.
Per quanto ci riguarda, questo elemento evidenzia più di una
contraddizione. Quali prospettive infatti ci possono essere in questo
scenario per un'approccio diverso alla sicurezza e per un rilancio
dell'opzione di disarmo nucleare? Giacché l'Italia ospiterà bombe
atomiche USA di nuova generazione su F35 riconfigurati che potranno
arrivare a Mosca. Allora quale possibile ruolo di "mediazione" così
tanto caldeggiato dalla neonominata Mrs PESC sarà possibile se l'Italia -
stando così le cose - diventerà la punta avanzata del deterrente
nucleare NATO e USA? Insomma una questione che non potrà essere
facilmente liquidata a colpi di hashtag.
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