Ecco perché il referendum greco è il nostro referendum. E' un referendum
per riaffermare le ragioni dell'autentico progetto europeo, solidale,
di giustizia, contro un tentativo di colpo di stato eterodiretto,
stavolta non con i "tanks" ma con le "banks". I tre i pilastri centrali
dell'antica democrazia greca erano , il "nomos"; l'"ethos", ed il
"demos", la legge, l'etica, il popolo. Se oggi il "nomos" lo detta la Trojka, l'"ethos" è quello della finanza e dell'austerity, spetterà
allora al "demos", al popolo, il compito di dare l'impulso per una
rifondazione dell'Europa. Un progetto che era nato per mediare tra
democrazia e mercato, tra ricerca del profitto e giustizia sociale.
Questo progetto è stato scientemente distrutto e spetta a noi l'opera
difficile di ricostruzione, non più mediando, ma anteponendo
definitivamente la giustizia sociale e la democrazia reale. Il nostro
impegno accanto al popolo greco quindi non è è solo giustificato dal
fatto che i prossimi potremmo essere noi a soffrire gli effetti delle
ricette ordoliberiste, o da un doveroso impegno di solidarietà con un
popolo che resiste. Ma anche perché facendo del referendum greco il
nostro referendum, ne facciamo un'occasione ed opportunità unica per
aprire una fase "costituente", di rottura necessaria che andrà poi
accompagnata dalla costruzione di un'Europa diversa.
uno spazio pubblico per attivisti/e che lavorano per la pace, il disarmo, i diritti umani, la giustizia sociale, economica ed ecologica globale, la resistenza alle politiche neoliberiste, il riconoscimento del debito ecologico e sociale.
domenica 28 giugno 2015
martedì 23 giugno 2015
Crisi del confine, o Europa della crisi?
Una possibile chiave di lettura della
crisi europea propone di leggere le tre crisi che stanno
attraversando l'Europa intorno al tema del confine, e della
frontiera: la crisi greca, quella ucraina e quella mediterranea. La
crisi riguarda però anche e soprattutto ciò che è al di qua ed al
di là del confine. Basta pensare al prossimo Consiglio Europeo dei
ministri che si riunirà i prossimi giorni a Bruxelles. All'ordine
del giorno temi caldi, le politiche migratorie, la revisione delle
strategie europee di sicurezza, lo stato dell'arte del TTIP,
l'adozione delle raccomandazioni-paese del semestre europeo, inclusa
l'Italia, la discussione sulla proposta di riforma della governance
economico-finanziaria dell'Eurozona, la lotta al terrorismo. Una
rapida scorsa ai documenti base, dimostra che la crisi è tutta lì,
nel paradigma ossessivo dell'austerity e del rigore di bilancio,
basti leggere le raccomandazioni del semestre per l'Italia, che
riportano anche dati assai allarmanti sul livello di povertà ed
esclusione sociale nel paese. E ciò nonostante insistono su rigore e
taglio della spesa, riforma del mercato del lavoro. O le proposte
sulle 4 riforme strutturali, economica, politica, finanziaria,
fiscale, che dovrebbero aprire la strada ad un percorso di
rafforzamento dell'Europa federale o per lo meno di strutture comuni
di governo. Anche lì, nonostante l'ammissione della crisi, la
risposta è sempre la stessa. Un maquillage istituzionale, l'abbozzo
forse neanche così negativo di istituzioni comuni nel settore
fiscale, e finanziario, ma il problema é per fare cosa? Applicare
pedissequamente il Six-Pack o il fiscal Compact? Da qua non se ne
esce, se non con una stagione di autentica rifondazione del progetto
europeo, su basi nuove, solidali, transnazionali. La Grecia ci sta
mostrando come sfidare il dogma, e cosa mettere al centro. I
cittadini stanno mostrando come superare le frontiere e praticare
l'accoglienza. Al di quà ed al di là dei confini. Resta un punto
centrale, quello della cittadinanza europea transnazionale che
appunto travalica i confini degli stati nazione, oggi così
rigidamente definiti con la forza. Ed in tale prospettiva va
considerata un'altra crisi di confine, quella dell'Ungheria di Orban,
che ha deciso di erigere un muro per bloccare il flusso possibile di
rifugiati e richiedenti asilo, anche questo il sintomo evidente
dell'assenza dell'Europa politica. Ma forse non sta ai governi il
compito di rielaborarne i criteri ed i valori fondanti.
Solve et coagula, la prospettiva possibile per la sinistra
“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo
comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di
tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si
dissolvano. "Solve et coagula", sciogliere e coagulare, dicevano gli
alchimisti rinascimentali”. Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé
stessi, trasformare i metalli in oro, . Non necessariamente abbandonare
del tutto la propria composizione chimica ma scioglierla e ricoagularla
con altre componenti per costruire una nuova struttura, non un composto
unico, ma un’architettura collettiva. Questo proponeva decenni or sono
Alex Langer al PCI di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi
dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo
proponeva partendo dal pensiero ecologista. Proviamo a rileggerle oggi
queste parole. Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature,
degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione,
superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci in pratiche e
rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino
né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo
ed il laboratorio è la carne viva della società. Coagula: coaguliamo gli
elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze
comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione,
democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo
come abbiamo fatto questi giorni nei quali al di là del vocabolario
proprio della disputa politica, ci si è rimboccati le maniche, raccolto
medicinali, vestiti, praticato la sociertà dell’accoglienza che vogliano
come nostra prospettiva. E facciamolo ancora accogliendo e condividendo
le proposte referendarie rilanciate nella prima assemblea di
“Possibile” , sullo Sblocca-Italia e non solo, creando connessioni con
le forze della coalizione sociale, chi si adopera per costruire un’altra
Europae e non solo, ma anche e soprattutto con tutte quelle realtà che
oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Solo
coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di
solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et
coagula” di non essere solo una formula “in vitro”. Lo sfondo è ancora
quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto - e le parole di
Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica
di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita
illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere
che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le
due facce delle stessa medaglia. Alexis Tsipras con la sua
determinazione a non cedere ai diktat del Brussels Group è lì a
ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una
trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta a
reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico. L’Europa di oggi,
che alza nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, che stenta a
acquisire una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di
profughi che sfuggono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e
ritardi. Resta però l’Europa il contesto politico, economico e
geopolitico nel quale provare a costruire un’alternativa, Non è un caso
che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario
del progetto europeo. E non è un caso che la commissione di inchiesta
parlamentare sul debito greco, più che rifarsi ai parametri
macroeconomici e finanziari, formula un duro atto di accusa alle
istituzioni europee ed ai creditori, per le ricadute del debito sui
diritti umani. Un passaggio assai importante dal quale trarre
ispirazione. In questi giorni si deciderà del debito e dei destini della
Grecia, e della missione militare anti-scafisti nel Mediterraneo. Oggi
come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la
prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a
scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel
dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico”: occorrerà
pertanto uno sforzo per collocare questo processo nel quadro della
ricostruzione di un’altra Europa, e di relazioni con soggetti politici e
non europei e trasnazionali. Credo che oggi SEL possa fare molto. Sta
già facendo molto e sarebbe riduttivo limitarsi al discutere se
sciogliersi o meno, cadendo appunto nel rischio di affidarsi
all’alchimista rinascimentale. Dovremo invece contribuire a costruire il
laboratorio collettivo dove questo processo di costruzione di
alternative possibili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emergere,
tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte
quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di
contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”. Il
filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile
pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri, Oggi gli altri
siamo noi, e da noi dipenderà il nuovo, siamo noi i costruttori
dell’evento, non attendiamo di definirlo di risulta rispetto alle scelte
di altri partiti o di un ipotetico alleato di governo. Per questo un
approccio alla politica fondato sui diritti, come base di una nuova
società ed un nuovo protagonismo politico, comporta delle scelte non
solo in termini di obiettivi e principi, ma anche di procedure. La
scelta di aprire gli organismi dirigenti di SEL agli esterni ed
indipendenti va già in questa direzione. Allora si faccia uno sforzo
ulteriore, grande, autentico per evitare per una volta ennesime alchimie
interne, che si apra la discussione a tutto campo, si assicuri
partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno, in una
fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.
giovedì 4 giugno 2015
La sinistra del futuro
E' ormai ineludibile chiedersi se oggi l'agire politico non debba essere fatto di concretezza, di risposte concrete ai bisogni materiali delle persone, di resistenza nonviolenta e partecipata all'avanzare del mercato e della finanza, da una parte e di costruzione di spazi di liberazione dall'altra. Spazi reali o virtuali, concreti o immateriali, dalla produzione di cibo, alla creazione di orti urbani, alla sperimentazione artistica, alla resistenza nei territori, dall'uso degli strumenti di democrazia diretta (si vedano le raccolte di firme per l'abolizione del pareggio di bilancio o in passato i referendum sull'acqua ed il nucleare),cyberattivismo e costruzione di reti.
Per questo oggi come non mai è dalle pratiche – ed anche dai conflitti (“abitati”) - sociali che si può ricostruire un progetto di società giusta, orizzontale, che metta al centro la dignità degli umani, e la tutela del Pianeta e la proposta di lavoro delle tre giornate appare coerente con tale obiettivo. Per questo la nostra discussione dovrà lasciare spazio o meglio lasciarsi compenetrare dalle pratiche sociali e politiche“altre” , farsi “aprire”dagli altri oltre che aprirsi agli altri.
C'è poi lo spazio per l'azione di trasformazione politica, coordinata essenziale per un soggetto che vuole essere ponte, cerniera tra il potere e la società. Forse il soggetto o la soggettività politica multiforme che potrebbe originare dovrà – e per farlo dovrà dotarsi degli strumenti necessari – definire,coltivare, arricchire lo spazio interstiziale tra il potere dello Stato e l'assenza di potere, tra la critica e la costruzione di alternative. Credo infatti, e l'esempio più evidente mi pare essere la genesi di Podemos, che il tema sia quello di ricostruire uno spazio pubblico, attraverso la ridefinizione della sfera del potere (quel potere oggi in mano alle banche, agli organisimi finanziari,all'apparato industrial-militare ad esempio) e l'ampliamento della sfera della potenza , di quella della società che costruisce,pratica, elabora. Allora, ne consegue che la nostra azione politica dovrà essere orientata alla rielaborazione della sfera del “potere” per contribuire ad allargare quella della “puissance”, della potenza dei soggetti di diritto, degli“agenti”, dell'altro.
Per farlo, dovremo immaginare una profonda riconfigurazione della forma dell'eventuale soggetto politico giacché la forma è sostanza, il processo è contenuto. Quale forma darsi, dovrà essere determinato dall'obiettivo politico,sarà la partita a definire lo strumento e non viceversa. Ed allora,si dovrà immaginare una struttura orizzontale, policentrica, diffusa, aperta, che si ispira ai modelli di open source, intelligenza collettiva, condivisione in rete. Un insieme di nodi,soggetti, realtà che mettono in comune storie, competenze, pratiche,analisi, elaborazioni. Un nuovo soggetto politico più che concentrare o coordinare dovrà agevolare sinergie, alleanze,relazioni tra coloro che già praticano il cambiamento sociale. In sommi capi significa che piuttosto che dotarsi di un organigramma classico, verticale, si dovrà pensare a qualcosa di radicalmente differente. Ad un nodo centrale, che irradierà verso gli altri nodi informazioni, strumenti di azione politica, competenze, conoscenza.Un nodo centrale orientato su temi che connotano la “missione” ,da quella sui diritti civili, a quella della pace e della cooperazione, a quella dell'Europa federale, a quella della trasformazione ecologica dell'economia, i diritti del lavoro...Dal nodo centrale partono stimoli, proposte di campagne ed iniziative,verso i nodi decentrati. Questi non saranno altro che le vecchie“sezioni” o “circoli” riconfigurati come spazi aperti, di innovazione e buone pratiche, snodi di incontro ed iniziativa politica. Eppoi a livello territoriale, nei nodi, sarà possibile proporre anche forme e patti federativi tra associazioni, movimenti che condividono gli obiettivi e le priorità politiche. Stesso rapporto “federativo” può essere sperimentato attraverso una riattivazione dei forum, luoghi di connessione, terzi spazi tra soggetto politico, ed altri soggetti,individui o organizzati che lavorano sui temi specifici. Giacché quelle realtà associative intendono costruire relazioni con la“politica” sulla base di obiettivi chiari e competenze comprovate. Dal nodo centrale partono anche proposte di campagne su temi chiave, mirate a conseguire obiettivi chiari e qualificabili, daperseguire con gli strumenti della rete, dell'ciberattivismo, edanche con strumenti classici o innovativi di comunic-azione, dai flashmob, alle azioni dirette nonviolente, agli strumenti di democrazia diretta, dai referendum alle leggi di iniziativa popolare.Nei nodi vige la regola del consenso, e la rotazione delle funzioni di facilitazione e coordinamento. Altro nodo sarà quello delle rappresentanze istituzionali, dai parlamentari eletti agli amministratori locali. La rappresentanza istituzionale deve essere parte integrante di questo processo di creazione di intelligenza collettiva,e di azione politica, attraverso gli strumenti, le risorse e le prerogative proprie. Dovranno anche loro contribuire a costruire questi terzi spazi di relazione, rappresentanza, iniziativa politica dal basso e verso l'alto.
mercoledì 3 giugno 2015
Alex, 20 anni dopo
Il mio pensiero oggi va a venti anni fa, ero a Bruxelles ed avevo da
qualche giorno salutato Alex sulla porta del Parlamento Europeo. Lui a
Bruxelles non sarebbe piu' tornato. Oggi ricordiamo la sua figura. Io
vorrei ancora ringraziarlo virtualmente per l'ispirazione, la
lungimiranza e la capacita' di anticipare temi cruciali quali la
giustizia ambientale, i danni dello 'sviluppo' i diritti civili,
l'accoglienza e la convivenza pacifica, il pacifismo come progetto
politico. Oggi mi trovo a Bonn a lavorare gomito a gomito con indigeni
di mezzo mondo, associazioni ambientaliste e per i diritti umani che
lottano assieme per i loro diritti, la giustizia climatica, la
trasformazione radicale del
Modello di sviluppo. Sono successe molte cose, anche buone in questi venti anni.
Modello di sviluppo. Sono successe molte cose, anche buone in questi venti anni.
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