martedì 23 giugno 2015

Solve et coagula, la prospettiva possibile per la sinistra

“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si dissolvano. "Solve et coagula", sciogliere e coagulare, dicevano gli alchimisti rinascimentali”. Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé stessi, trasformare i metalli in oro, . Non necessariamente abbandonare del tutto la propria composizione chimica ma scioglierla e ricoagularla con altre componenti per costruire una nuova struttura, non un composto unico, ma un’architettura collettiva. Questo proponeva decenni or sono Alex Langer al PCI di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo proponeva partendo dal pensiero ecologista. Proviamo a rileggerle oggi queste parole. Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature, degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione, superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci in pratiche e rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo ed il laboratorio è la carne viva della società. Coagula: coaguliamo gli elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione, democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo come abbiamo fatto questi giorni nei quali al di là del vocabolario proprio della disputa politica, ci si è rimboccati le maniche, raccolto medicinali, vestiti, praticato la sociertà dell’accoglienza che vogliano come nostra prospettiva. E facciamolo ancora accogliendo e condividendo le proposte referendarie rilanciate nella prima assemblea di “Possibile” , sullo Sblocca-Italia e non solo, creando connessioni con le forze della coalizione sociale, chi si adopera per costruire un’altra Europae e non solo, ma anche e soprattutto con tutte quelle realtà che oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Solo coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et coagula” di non essere solo una formula “in vitro”. Lo sfondo è ancora quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto - e le parole di Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le due facce delle stessa medaglia. Alexis Tsipras con la sua determinazione a non cedere ai diktat del Brussels Group è lì a ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta a reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico. L’Europa di oggi, che alza nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, che stenta a acquisire una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di profughi che sfuggono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e ritardi. Resta però l’Europa il contesto politico, economico e geopolitico nel quale provare a costruire un’alternativa, Non è un caso che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario del progetto europeo. E non è un caso che la commissione di inchiesta parlamentare sul debito greco, più che rifarsi ai parametri macroeconomici e finanziari, formula un duro atto di accusa alle istituzioni europee ed ai creditori, per le ricadute del debito sui diritti umani. Un passaggio assai importante dal quale trarre ispirazione. In questi giorni si deciderà del debito e dei destini della Grecia, e della missione militare anti-scafisti nel Mediterraneo. Oggi come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico”: occorrerà pertanto uno sforzo per collocare questo processo nel quadro della ricostruzione di un’altra Europa, e di relazioni con soggetti politici e non europei e trasnazionali. Credo che oggi SEL possa fare molto. Sta già facendo molto e sarebbe riduttivo limitarsi al discutere se sciogliersi o meno, cadendo appunto nel rischio di affidarsi all’alchimista rinascimentale. Dovremo invece contribuire a costruire il laboratorio collettivo dove questo processo di costruzione di alternative possibili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emergere, tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”. Il filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri, Oggi gli altri siamo noi, e da noi dipenderà il nuovo, siamo noi i costruttori dell’evento, non attendiamo di definirlo di risulta rispetto alle scelte di altri partiti o di un ipotetico alleato di governo. Per questo un approccio alla politica fondato sui diritti, come base di una nuova società ed un nuovo protagonismo politico, comporta delle scelte non solo in termini di obiettivi e principi, ma anche di procedure. La scelta di aprire gli organismi dirigenti di SEL agli esterni ed indipendenti va già in questa direzione. Allora si faccia uno sforzo ulteriore, grande, autentico per evitare per una volta ennesime alchimie interne, che si apra la discussione a tutto campo, si assicuri partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno, in una fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.

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