E’ stato presentato nei giorni scorsi
il secondo rapporto del relatore
speciale ONU sui crimini e violazioni dei diritti umani in Eritrea. Ennesimo
atto di accusa verso un regime spietato quello di Isaias Afewerki, uno dei
possibili beneficiari dei fondi previsti dal Migration Compact presentato anch’esso
nei giorni scorsi a Bruxelles e figlio di una proposta avanzata da Matteo
Renzi. Una proposta ed un’iniziativa non solo improntata su un’approccio
securitario, che mira a bloccare sull’altra sponda del Mediterraneo i flussi di
migranti e possibili richiedenti asilo, ma rischia anche di consolidare e
perpetuare le cause stesse di quelle migrazioni. L’idea di fondo è quella di
sostenere i governi dei paesi di origine, ed investire decine di miliardi di
euro in infrastrutture, usando la leva degli investimenti privati, né più e né
meno coe pretende di fare il piano Jucker per l’Europa. In realtà il Migration
Compact è muto, cieco e sordo riguardo le vere cause dell'esodo di massa verso
l'Europa, guerra e repressione, violenza e dittature. Ci sono certo coloro che
cercano un futuro lavorativo in Europa ci mancherebbe ed è loro diritto
fondamentale, perché le migliaia e migliaia di italiani che se ne vanno dal
paese per costruirsi un progetto di vita altrove che sono, beneficiati dal loro
colore della pelle? Il punto però è che per molti provenienti da altre zone di
conflitto, passerebbe la visione secondo la quale il problema (per gli Eritrei
e non solo, si pensi ad esempio agli Etiopi Omo e Oromo magari, vessati e
espulsi dalle loro terre) sarebbe un problema d sviluppo, di crescita. Insomma
non persone che fuggono per salvare la propria vita, ma migranti economici, ai
quali proporre chissà quando un posto di lavoro a casa propria. Diciamo le cose
come stanno, se si dovesse fare un calcolo in termini di posti di lavoro, in
Africa se ne dovrebbero "costruire" oltre 800 milioni. E fino quando
questi benedetti posti di lavoro non verranno creati e queste infrastrutture
costruite quelle persone dove vanno? Magari in campi di concentramento
trasformati in sale di attesa? Se invece si ragionasse in altra maniera,
riconoscendo le vocazioni e le specificità di quei territori a creare reddito,
non necessariamente attraverso il classico posto di lavoro, non necessariamente
reddito in termini di PIL o Indici di Sviluppo Umano, magari si riuscirebbe a
dare la possibilità a milioni di persone di produrre il loro cibo, e dar loro
accesso agli strumenti per determinare il proprio futuro. Questo è il primo
elemento. Ma anche l'assioma secondo il quale la crescita porterà democrazia fa
acqua da tutte le parti. Chi controlla l'economia di quei paesi? Dove andranno
le risorse economiche e finanziarie? Le parole della commissione di inchiesta
sui crimini in Eritrea ci riportano alla realtà nuda e cruda, e mettono di
nuovo a nudo la contraddizione se non l'ipocrisia dell'Europa e del suo
Migration Compact. Insomma una spruzzata di umanitarismo e lotta alla povertà
mainstream, per nascondere le vere questioni politiche e le cause del fenomeno
migratorio, e addolcire la pillola amara della repressione
"poliziesca" fatta di filo spinato ed hotspot. Pillola amarissima per
chi fugge dalla guerra o dalla repressione e la galera e si ritroverebbe dentro
un'altra galera per poi essere rispedito a casa in attesa di un fantomatico
"posto di lavoro". Ma non è
che forse proprio per quel modello di sviluppo, a causa dell'illusorio mito
della crescita e del "trickle-down" development praticato in Africa e
non solo che migliaia di persone partono dall'Africa se non per sfuggire
alla guerra o alla repressione, almeno in cerca di una vita più decente? Per non
dimenticare che nel frattempo l'Unione Europea sta continuando a spingere sui
quei paesi per l'attuazione rapida degli Accordi di Partenariato Economico (EPA
o Economic Partnership Agreements) che rischiano di creare grave pregiudizio
alla possibilità di quelle economie di svilupparsi autonomanente. E così
facendo ricreando le premesse per nuovi esodi migratori. Sono altre le
maniere di ripagare un debito ecologico e sociale accumulato verso quel
continente. Mi pare invece che il gatto si morda la coda. Anzi ancora una volta
è il gatto che si mangia il topo.
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