giovedì 31 ottobre 2013

Quello che avremmo diritto a sapere delle missioni di "pace" all'estero



É in corso alla Camera il dibattito sul decreto-missioni, che ritualmente offre l'opportunità per varie considerazioni riguardo l'uso della forza, la presenza militare italiana in teatri di conflitto o post-conflitto, ed ipoteticamente la possibilità del Parlamento di operare un controllo democratico sull'impegno internazionale del nostro paese. Ogni volta invece, altrettanto ritualmente, il dibattito parlamentare, incardinato su un decreto che racchiude varie tipologie di missioni, financo impegni di cooperazione, non riesce ad andare a fondo sulle sfide, le contraddizioni, le alternative che si offrono per la costruzione della pace in aree martoriate da conflitti più o meno latenti o asimmetrici. É il caso dell'Afghanistan, Il decreto rifinanzia la presenza italiana in ISAF per i prossimi tre mesi, e così sarà fino al 2014 quando l'Italia entrerà nella missione NATO Resolute Support. A tal riguardo giova ricordare che la posizione di SEL è che la NATO esca dall'Afghanistan accelerando il ritiro delle truppe di ISAF e che semmai parte eventuali compiti di formazione delle forze di polizia vadano assegnati ad una missione ONU o dell'Unione Europea. Questo in una situazione politica nel paese che nel 2014 diventerà ancor più critica sia per quanto concerne il percorso verso le prossime elezioni del 2014, che l'eventuale negoziato con i Talebani. Troppi punti restano ancora oscuri anche sulla presenza italiana dopo il 2014. nella missione Resolute Support, che sappiamo prevederà la permanenza di istruttori militari nella regione di Herat. Rnull'altro ci è dato sapere rispetto al numero di effettivi, la loro dislocazione a Herat, l'eventuale presenza di truppe speciali a protezione e riguardo ad un accordo di cooperazione con l'Ucraina in virtù del quale l'Italia fornirà supporto tecnico e logistico ad un contingente Ucraino presso la base italiana di Herat. Particolari non di poco conto, che portano alcuni osservatori del settore difesa a concludere che Resolute Support sarà né più e né meno una ISAF 2.0. Altro teatro a rischio il Mali, dove l'Italia partecipa sia alla EUTM, missione di addestramento dell'Unione Europa, che a MINUSMA , la missione ONU di stabilizzazione, affiancata da un contingente di forze di intervento rapido francesi. Questo in un quadro politico assai fluido dopo l'elezione del nuovo presidente Ibrahim Boukabar Keita, Quali le prospettive per una soluzione negoziata alle rivendicazioni di autonomia delle popolazioni del Nord, in particolare i Tuareg dell'Azawad? La frontiera Nord del Mali è una terra di nessuno, dove nessuno riesce ad assicurare il controllo del territorio, AQIM (Al Qaeda in Mali) risulterebbe ormai insediata in tutta quella fascia che va dal Niger, al Sud della Libia, e gli scontri e conflitti a fuoco si stanno moltiplicando. I punti cruciali per costruire un futuro di pace nel paese sono il lancio di negoziati di pace inclusivi, prepararsi per le prossime elezioni politiche previste per fine Novembre, la riforma del settore della sicurezza e il rafforzamento istituzionale. Su questo l'Italia dovrebbe avanzare delle ipotesi di lavoro, in particolare in vista della presidenza di turno UE del 2014 per proporre una strategia regionale per tutto il Sahel e che affronti in maniera innovativa i nodi della sicurezza, della governance, e della lotta alla povertà e rilanciare il piano Sahel proposto da Romano Prodi. Sulla Libia il quadro è chiaro ed assai preoccupante, il decreto finanzia EUBAM, missione europea di pattugliamento delle frontiere e la fase due dell'Operazione Cirene, la Missione Militare Italiana in Libia (MIL) che solleva molte preoccupazioni se vista in collegamento con il piano G8 per la Libia, coordinato dall'Italia che prevede tra l'altro un programma per il disarmo delle milizie paramilitari (si parla di almeno 200mila miliziani armati) , Anche qui tutto il tema del controllo della frontiera sud riemerge per quanto riguarda l'impegno preso dall'Italia a livello di G8 di coordinare ed essere il paese maggiormente impegnato nel Piano G8 per la Libia. Si finanzia giustamente con 4 milioni di euro l'OPAC per la missione di messa in sicurezza ed eliminazione del programma chimico siriano, Secondo gli ultimi dati risulterebbe che il loro lavoro stia procedendo positivamente. Resta il punto politico relativo al rilancio del negoziato Ginevra II, ora in mano finalmente alle Nazioni Unite nella figura del'inviato speciale Lakdar Brahimi, Il rilancio del negoziato sembra in fase di pericolosa impasse, soprattutto perchè Iran, Russia e Siria sarebbero contrarie a impostarlo sui principi di Ginevra I, in particolare per quanto riguarda il ruolo ed il destino di Assad. Ed anche per le spaccature all'interno delle varie fazioni "ribelli". Eppoi c'è il capitolo assistenza umanitaria sulla quale l'Italia si è già impegnata, mentre Sinistra Ecologia Libertà propone un ordine del giorno in sostegno ad un'iniziativa internazionale da parte del Governo Italiano per mettere intorno ad un tavolo le organizzazioni ed associazioni della società civile siriana che rifiutano la logica dello scontro armato e attuano forme di resistenza nonviolenta e mutualismo dal basso. Per ultimo e non da meno, l'area di crisi del Sudan-Sud Sudan. L'Italia partecipa a UNMISS in uno scenario sempre assai teso prima e durante il processo di indipendenza del Sud Sudan in particolare per una controversia su una citta di frontiera, Abyei, sulla quale è stato proposto un referendum , ma soprattutto per il tema del controllo delle ingenti risorse petrolifere del Sud Sudan ed il diritto di passaggio per gli oleodotti che dovrebbero trasportate il petrolio in Sudan.  Il decreto rifinanzia anche la partecipazione italiana a UNFIL II in Libano, ed altre presenze e partecipazioni a missioni ONU, NATO (quali KFOR in Kosovo) e dell'Unione Europea. Una modalità che non permette di andare a fondo nella valutazione politica caso per caso, confinando appunto la discussione sull'aspetto militare” e non sulle sfide per la diplomazia e per eventuali soluzioni politiche ai confitti, Né è permesso al Parlamento ed all'opinione pubblica di avere la possibilità di partecipare attivamente alla discussione ed alla formulazione di raccomandazioni che vadano al di là della scelta tra il “prendere o lasciare” sottintesa in un decreto di tal tipo.   

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