martedì 3 novembre 2015

Le chiacchere di Renzi nel deserto libico


L’accusa rivolta dal governo di Tobruk all’Italia su un pos­si­bile scon­fi­na­mento – ritual­mente smen­tito dal mini­stero della Difesa — in acque ter­ri­to­riali libi­che di tre navi par­te­ci­panti alla mis­sione navale Euro­na­v­for Med è solo la punta di ice­berg di una situa­zione ad alto rischio. Una con­giun­tura nella quale il pro­ta­go­ni­smo «ver­bale» e non solo nel governo ita­liano rischia di com­pro­met­tere le tenui pos­si­bi­lità di riu­scita del piano di Ber­nar­dino Leon in un qua­dro nel quale il sus­se­guirsi di epi­sodi di vio­lenza farebbe sal­tare ogni ipo­tesi di tran­si­zione poli­tica nel paese. L’ormai ex inviato spe­ciale delle Nazioni unite per la Libia è stato di recente sosti­tuito nel suo inca­rico dal tede­sco Mar­tin Kobler, finora inviato spe­ciale Onu per la Repub­blica Demo­cra­tica del Congo.
Vale la pena ricor­dare che Kobler prese l’incarico in con­co­mi­tanza con il cam­bia­mento delle regole d’ingaggio del con­tin­gente di caschi blu Monu­sco che da allora hanno un assetto con grande capa­cità offen­sive e non solo di difesa. Un uomo quindi che ha espe­rienza di nuove forme di pea­ce­kee­ping, non più tra­di­zio­nali , che con­tem­plano l’uso pre­ven­tivo di forza letale. Ossia di azioni di guerra.
L’accordo annun­ciato da Leon qual­che set­ti­mana or sono, posa su basi fra­gili, giac­ché piut­to­sto che fon­darsi sul rico­no­sci­mento di due governi come inter­lo­cu­tori legit­timi avrebbe dovuto essere imper­niato su un governo uni­ta­rio «oltre» le due fazioni di Tobruk e Tri­poli, e su un forte lavoro di dia­logo ’oriz­zon­tale’ tra gruppi tri­bali e quelle realtà orga­niz­zate soprav­vis­sute alla caduta di Ghed­dafi e su un accordo sulle que­stioni rela­tive alla sicu­rezza ed alla gestione con­di­visa delle risorse petro­li­fere e della Banca cen­trale. Men­tre da Tobruk par­ti­vano accuse all’Italia — pos­si­bil­mente forag­giate da Haf­tar capo mili­tare mes­sosi a capo di una «cro­ciata» anti-islamica che ver­rebbe estro­messo dal futuro assetto di governo — a Tri­poli, sede del governo isla­mi­sta libico della Tri­po­li­ta­nia, veniva deva­stato il cimi­tero ita­liano. Uno slan­cio patriot­tico die­tro il quale potrebbe esserci chi da quell’accordo si sente escluso e che oggi com­batte con­tro le mili­zie di Haftar.
Già a fine set­tem­bre a Ben­ghasi si erano veri­fi­cati com­bat­ti­menti tra le mili­zie di Hef­tar (Ope­ra­zione Dignità) e mili­tanti isla­mici, e pro­prio la set­ti­mana corsa ancora a Ben­ghasi, in un attacco armato, attri­buito dal governo di «sal­vezza nazio­nale» alle mili­zie di Hef­tar, hanno perso la vita alcuni dimo­stranti che occu­pa­vano la piazza Al Keesh per pro­te­stare con­tro il piano di Leon. Pochi giorni prima aerei non iden­ti­fi­cati bom­bar­da­vano le posta­zioni di Daesh a Sirte. Una situa­zione con­fusa ad alto rischio e con ricor­renti esplo­sioni di vio­lenza men­tre i par­la­men­tari delle due fazioni con­trap­po­ste non hanno ancora votato l’approvazione del piano di Leon. Intanto a livello di Unione Europa si parla nuo­va­mente di san­zioni – pro­ba­bil­mente in tema sarà al cen­tro di un incon­tro mini­ste­riale a metà novembre.
Fatto sta che il retag­gio del pas­sato colo­niale rie­merge di tanto in tanto. Ed a far­gli eco qual­che giorno fa le parole dell’Ammiraglio Cre­den­dino, for­te­mente voluto da Roma a capo di Euro­na­v­for Med sull’uso della forza letale da parte delle forze dislo­cate in mare, e qual­che set­ti­mana fa la noti­zia — smen­tita ovvia­mente dagli alti comandi della Difesa — di un’incursione di forze spe­ciali ita­liane che avrebbe por­tato all’uccisione di un capo-scafista.
Insomma que­sta la situa­zione ad altis­simo rischio che tro­ve­rebbe sul campo una forza armata ita­liana di sta­bi­liz­za­zione. Una situa­zione di guerra. Eppure di que­sto si con­ti­nua a par­lare più o meno die­tro le quinte, men­tre dall’altra parte delle quinte si annun­cia la per­ma­nenza e l’aumento di effet­tivi in Afgha­ni­stan. Insomma un qua­dro allar­mante, carat­te­riz­zato da una asso­luta subal­ter­nità alle diret­tive di Washing­ton da una parte, e dall’altra dalla fre­ne­sia del pre­mier Renzi di volersi met­tere a capo di un’avventura oltre­mare, dopo essere stato tagliato fuori dalla par­tita della suc­ces­sione di Leon, ed essersi fatto fau­tore di un’alleanza che si potrebbe defi­nire assai «spre­giu­di­cata» con Bibi Netha­nyahu e Fat­tah al Sissi. Altro che «sca­to­lone di sabbia».

uscito su Il Manifesto, 3 novembre 2015 

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